Ad un mese scarso dall’Enada – che a quanto pare non interessa più a nessuno al di fuori degli operatori “vecchia schiera” – quanto abbiamo ascoltato durante la conferenza di
Ad un mese scarso dall’Enada – che a quanto pare non interessa più a nessuno al di fuori degli operatori “vecchia schiera” – quanto abbiamo ascoltato durante la conferenza di presentazione del Rapporto di Sostenibilità 2016 è quanto di peggio potessimo aspettarci.
Non ci riferiamo tanto al professor Fantozzi, presidente di Sisal Group, che ha fatto un quadro generale idilliaco su quelle che sono le attività collaterali, o per meglio dire complementari al business, evidenziando la straordinaria cura che viene dedicata al benessere professionale dei propri dipendenti, anzi, del “capitale umano” come lo definiscono loro,
e il raggiungimento dei più elevati standard di qualità in chiave di governance a livello internazionale, per poi porre l’accento sulla “responsabilità totale del gruppo” sia nel rispetto delle leggi (e ci mancherebbe altro!) sia sul fronte della sicurezza del gioco, concludendo con la storica frase “Siamo fedeli concessionari dello Stato!”.
Lo stupore in noi è sorto dopo, sentendo parlare l’ad Petrone e il sottosegretario Baretta. Dopo essersi incensati a vicenda per il lavoro fatto gli anni scorsi in funzione del proficuo e corretto andamento delle attività di raccolta, e da ultimo per il positivo (per loro) approdo dell’accordo Stato-Regioni (che ancora non è firmato, però), hanno sostanzialmente detto: tutto va (quasi) bene), ma per andare meglio bisogna che i gestori di Awp (mai nominati in questo modo, figuriamoci!) si facciano da parte o, alla meglio, si uniscano per ridursi di numero.
Baretta lo ha detto mille volte, e va bene. Ma sentirlo dire così chiaramente da un concessionario è un bel pugno allo stomaco. Parole testuali di Petrone: “Siamo troppi in questo mercato, come in tanti altri, c’è troppa differenza fra i grandi e i piccoli, i quali fanno fatica a rispettare le norme. Pertanto, dobbiamo governare la concentrazione.”
Queste affermazioni, unite a quelle aggiuntive di Baretta provocano una miscela letale. Il sottosegretario, infatti, ha detto esplicitamente che “chi deve gestire la riduzione (in riferimento agli apparecchi e ai punti gioco) sono i concessionari. Dal punto di vista operativo la nuova responsabilità è la riorganizzazione complessiva del settore, a cui tutti devono adeguarsi.” Sui gestori ha detto che “devono rivedere la loro posizione; i punti fermi che abbiamo posto volgono verso un nuovo modello di gestione del gioco nel nostro paese.”
Concetti che ha poi ribadito nelle dichiarazioni che ha rilasciato al termine della conferenza. “La concentrazione è un fenomeno che sta caratterizzando tutti i mercati e non vi è motivo perché in quello del gioco le cose debbano andare diversamente. Quindi, chi vuole restare in questo mercato o dimostra di essere in grado di rispettare i nuovi livelli di qualità che abbiamo stabilito, che porteranno tutti gli operatori ad avere una vera e propria certificazione, oppure devono unirsi.” E il discorso vale pure per le associazioni di categoria, già bacchettate in sale in modo indiretto, quando Baretta ha affermato, tornando all’accordo Stato-Regioni, che: “Sisal in questi mesi ha dato un contributo positivo, però questo non è stato un comportamento generalizzato, perché altrimenti le cose sarebbero andate meglio”.
L’analisi di questo famoso/famigerato accordo con gli enti locali diventa a tal punto quasi un corollario. Sia Petrone che Baretta hanno detto che c’è qualcosa da migliorare (e neanche poco, aggiungiamo noi). L’ad Sisal si è limitato a dire che “l’accordo non è chiaro al suo interno essendoci disposizioni apparentemente in contrasto; spetterà a Baretta dargli attuazione, facendo poi presente che il motivo di preoccupazione attuale è la sopravvivenza delle norme che sono state create “in maniera un po’ selvaggia e disordinata” in ambito territoriale.
Il sottosegretario ha affermato in primo luogo che: “le preoccupazioni sarebbero maggiori se l’accordo non ci fosse stato e che qualcuno avrebbe preferito lo status quo”. Come dire, ci serve un’automobile, per ora accontentiamoci della carrozzeria, poi il motore verrà! A sostegno della sua tesi, Baretta ha sottolineato che il Governo ha ragionato in funzione opposta al proibizionismo voluto dagli enti locali, costruendo una “barriera corallina” invalicabile composta da 265k Awp, 55k Vlt, 35k bar/tabacchi e le sale definite dalla Stabilità 2016.
“Lo Stato ha fatto uno scambio con gli operatori: ridurre l’offerta rendendola agibile, e nel renderla agibile gli enti locali devono attuare il principio di equa distribuzione, per evitare fenomeni di concentrazione dei punti gioco, e sacche di diseguaglianza che penalizzano utenti e concessionari.” Ed eccoci al non plus ultra: “Gli enti vogliono però tener conto delle loro prospettive di adeguamento. E’ un percorso tutto da definire”.
Viva la faccia! Ma di quale accordo fatto stiamo parlando? A queste condizioni l’uscita del decreto apposito per fine ottobre è una chimera assoluta!
Intanto, rispondendo a Petrone, Baretta ha detto che ”pure i concessionari devono darsi da fare per interloquire con le realtà locali.”
Pensierino della sera. Petrone, nel suo intervento di presentazione del Rapporto Sisal, ha rimarcato più volte il sostegno dato a svariate realtà a sfondo sociale e assistenziale e ancor di più alle “persone” (evitando il più possibile di parlare di “dipendenti”) che lavorano nel gruppo. Tutto bene e tutto da applaudire, lo diciamo con sincerità assoluta. Ma alla “manovalanza” dei gestori che rischia seriamente di rimanere fuori chi ci pensa?
Marco Cerigioni – PressGiochi