Nel corso dell’Enada abbiamo avuto l’opportunità di incontrare tre gestori che, con la loro attività, coprono buona parte del Centro Italia: Fausto Tabarroni, Ilario Luzi e Luca Patoia. Personaggi di
Nel corso dell’Enada abbiamo avuto l’opportunità di incontrare tre gestori che, con la loro attività, coprono buona parte del Centro Italia: Fausto Tabarroni, Ilario Luzi e Luca Patoia. Personaggi di provata esperienza e professionalità, coi quali abbiamo fatto un rapido punto della situazione sul mercato apparecchi, con un occhio all’immediato futuro.
Partiamo dal rendimento delle nuove Awp.
“L’effetto novità è svanito, perché se un giocatore ha una determinata cifra da spendere, riducendogli la percentuale di vincita gioca di meno e chiaramente si disaffeziona”.
Tabarroni è sulla stessa linea ma aggiunge: “Le schede al 70% sono entrate sul mercato gradualmente, perciò all’inizio nessuno si era accorto della differenza. Ora, invece, tutti hanno capito che a parità di spesa si gioca meno a lungo, e questo non piace al giocatore. “Anche per quella che è la mia esperienza – afferma Patoia – le cose stanno andando così. Per la nostra azienda, e da quello che sento anche per molte altre, a fine anno toccheremo la linea del break-even, perciò ogni altro eventuale scossone che dovessimo subire sul piano normativo rischia di essere deleterio”.
Nel suo ambito, invece, Luzi ha riscontri diversi: “Il 2016 è stato peggiore dell’anno precedente; perciò, una volta che avremo ammortizzato il cambio macchine, forse il break-even lo raggiungeremo nel 2017. D’altra parte, ad oggi non riusciamo ad avere nemmeno uno spunto per continuare a credere in questo lavoro e a investire”.
Così, l’aspetto più grave è che il futuro immediato non lascia sperare nulla di buono.
“Quello che fa paura – dice ironicamente Patoia, è che non sappiamo cosa troveremo dentro al panettone. L’unica speranza è che il Governo, viste le difficoltà che ha incontrato con l’addizionale da 500 milioni, si renda finalmente conto che non potrà spingersi oltre”.
Tabarroni è più pessimista: “Sinceramente, parlando da costruttore, non so come organizzarmi; qui vedo gente che continua a fare omologhe ma non so proprio come farà a recuperare le spese. Se andiamo avanti così abbiamo altri 6 mesi di vita, non di più”.
Quasi superfluo sottolineare che buona parte delle colpe per questo stato di cose si devono alle ordinanze locali, che stanno tartassando oltre il dovuto la raccolta del gioco lecito.
“Le ordinanze hanno avuto solo effetti negativi – dichiara Luzi – anche perché in tal modo si riconsegna il settore nelle mani dell’illegalità e si vanifica tutto il lavoro fatto in questi 12 anni. Se togli di mezzo le macchine lecite, la gente non smetterà certo di giocare!”.
“Non posso che essere d’accordo su tutta la linea – parole di Tabarroni – e lo dico con rabbia, perché noi onesti e regolari siamo costretti a farci da parte per essere rimpiazzati da chi lavora con le macchine illegali.” E Patoia conferma: “Questa battaglia al gioco legale è assolutamente scriteriata, perché non considera le conseguenze negative che ne derivano. Insomma, se le Awp sono un male come dicono, i totem e affini sono ben più deleteri.”
Rispetto all’ipotesi che si sta facendo avanti di una concentrazione del mercato in sale di tipo A e B, il solo Patoia si dice favorevole: “Ogni azienda di gestione ha una fascia di clienti del tutto marginali, che si mantengono solo per amicizia o per tradizione. Quindi, bisogna anche essere un po’ cinici e puntare solo sui locali più performanti, che per altro aiutano il gestore a professionalizzarsi”.
“Nascondere il gioco all’interno delle sale – replica Tabarroni – è la soluzione peggiore, perché va a creare dei ghetti. Ciò non toglie che oggi le macchine in circolazione siano troppe, ma la colpa non è nostra, anzi ne faremmo volentieri a meno, bensì dell’ingordigia di certi bar che hanno fatto del gioco la propria attività prevalente, complice la nuova norma sul contingentamento”.
“Anche secondo me – continua Luzi – questa soluzione non è idonea a risolvere il problema del gioco compulsivo, in quanto sarebbe molto più proficuo tornare alle previgenti regole sul numero delle macchine installabili e, nel contempo, avviare una seria politica di educazione del giocatore: a nessuno fa comodo avere giocatori irrefrenabili”.
Su questo tema, Tabarroni ha una postilla: “Si sta calcando troppo la mano sul discorso della ludopatia; la verità è che la persona che cade in questa spirale è di per sé predisposta al vizio e solitamente è soggetta ad altre dipendenze”.
Il pensiero di Patoia lo conosciamo bene, alla luce di quanto ha scritto nel suo libro recentemente pubblicato, nel quale ha evidenziato non solo quanto appena detto da Tabarroni, ma altresì che “la questione non sta nel gioco in sé, ma in chi lo pratica e in come lo si propone. Ci sono soggetti “deboli” per propria natura che non sanno controllarsi e che finiscono con l’ingaggiare una sfida impossibile con la macchina”.
In ultima analisi, “da parte nostra come gestori dobbiamo comunque avere l’accortezza di mettere in atto tutte le tutele che servono nei riguardi del giocatore, avere la capacità di capire chi può sviluppare atteggiamenti sintomatici, impedire in ogni modo che questi soggetti giochino più di quanto i loro bilanci personali gli consentano ed esercitare ferrei controlli per prevenire il gioco minorile, quantunque non siano molti i ragazzini che hanno passione per le Awp”.
In conclusione, apriamo una finestra sulle videolottery, territorio nel quale Patoia si muove a proprio agio.
Riprendendo un articolo pubblicato da PressGiochi sul magazine distribuito in fiera, il gestore umbro concorda con noi nel ritenere fuori luogo questa disputa fra Awp e Vlt, trattandosi di due mercati diversi, con marginalità diverse. “E’ come porre in antitesi le slot al betting; non c’è alcuna attinenza. So che tanti gestori tradizionali hanno scelto di non gettarsi nel settore Vlt e dal loro punto di vista forse hanno fatto bene, soltanto considerando la mole degli investimenti che questo richiede. Ma per quanto mi riguarda sono soddisfatto, le videolottery sono performanti e hanno una fascia di utenza definita, che ama giocare in un certo modo e in ambienti accoglienti e sicuri”.
Marco Cerigioni – PressGiochi