Fin dall’origine, il rapporto tra concessionari e gestori è stato caratterizzato dall’intenzione dei primi a “fidelizzare forzosamente” il gestore, in modo, così, da sfuggire agli “ostacoli” della concorrenza. E’ un
Fin dall’origine, il rapporto tra concessionari e gestori è stato caratterizzato dall’intenzione dei primi a “fidelizzare forzosamente” il gestore, in modo, così, da sfuggire agli “ostacoli” della concorrenza.
E’ un dato storico il difficile rapporto tra grandi imprese fornitrici di servizi e le logiche del libero mercato.
Come afferma l’avv. Massimo Piozzi, del Centro Studi As.Tro, gli “ostacoli” della concorrenza hanno infatti storicamente reso insofferenti, ad esempio, le compagnie telefoniche, i fornitori di energia elettrica e gas. Imprese nei confronti delle quali, però, la politica e l’autorità garante della concorrenza e del mercato sono intervenute, soprattutto nel corso degli ultimi anni, in maniera efficace nel tentativo (non ancora del tutto riuscito) di costringerle ad operare secondo le normali dinamiche del libero mercato.
Tornando al nostro settore, per il quale è mancata invece un’analoga attenzione, si riscontrava, già prima che scoppiasse la questione della circolazione dei NOE, una disciplina della facoltà del recesso contrattuale, totalmente sbilanciata a favore dei concessionari.
La formulazione contrattuale tipica, anch’essa finalizzata a tale scopo, è quella di collegare la durata del contratto, che vincola il gestore al singolo concessionario, alla durata della concessione e alle sue eventuali proroghe.
Non si può non ravvisare in tale formulazione l’introduzione di un decisivo elemento di “indeterminatezza” della durata del contratto che però, al contempo, consente di salvaguardare (almeno formalmente) il concessionario da quelli che sarebbero gli effetti che conseguirebbero al riconoscimento della sostanziale natura di contratto <<a tempo indeterminato>> che caratterizza quello intercorrente tra concessionario e gestore.
Il tema non è di secondaria importanza dal momento che si considera il contratto intercorrente tra concessionario e gestore un contratto di somministrazione. L’art. 1569 Cod. Civ., inserito appunto nell’ambito della disciplina del contratto di somministrazione, stabilisce infatti, nell’ipotesi in cui non sia determinata una scadenza contrattuale, la sostanziale libertà di recesso concessa ad entrambe le parti.
Data la genericità di un termine di durata fissato non su base temporale ma su eventi esterni, peraltro “incerti” (la durata della concessione e della sua eventuale proroga), si potrebbe benissimo ritenere applicabile l’art. 1569 c.c. anche ai contratti tra concessionario e gestore, con le evidenti conseguenze che ne deriverebbero in tema di facoltà e libertà di recesso.
Proseguendo nell’analisi, occorre però necessariamente soffermarsi sulla situazione venutasi a creare a seguito dell’introduzione della normativa che ha imposto l’alt al rilascio di nuovi nulla osta (se non in sostituzione di quelli già esistenti ma dismessi).
Ciò che merita un breve approfondimento sono le innumerevoli conseguenze che stanno ricadendo sui gestori a causa della miscela letale venutasi a creare tra la normativa che ha stabilito il blocco dei NOE e la prassi interpretativa (errata) grazie alla quale i concessionari si sono auto-attribuiti la titolarità dei nulla osta (prassi interpretativa sicuramente suggerita ai concessionari, grazie ad un circolo vizioso, proprio dai restringimenti normativi alla libera circolazione dei NOE).
Le ricadute sugli equilibri contrattuali sono innumerevoli e già ben note a chi legge. Solo a titolo di esempio: possibilità, sancita contrattualmente, di modifiche unilaterali del contratto da parte dei concessionari; produttività minima obbligatoria degli apparecchi, diritto di esclusiva, diritto di prelazione sulla eventuale cessione dell’azienda del gestore, ecc.
Tale situazione sta mettendo a durissima prova la categoria dei gestori, i quali possono però difendersi grazie a rimedi già esistenti nel nostro ordinamento giuridico.
Le anomalie sopra descritte presentano infatti i profili dell’<<abuso di posizione dominante>>, oltre a quello di <<abuso di dipendenza economica>>.
In questa sede –senza dilungarsi su una descrizione tecnico-giuridica delle due fattispecie- si vogliono solo evidenziare alcuni passaggi, contenuti nelle relative disposizioni normative, rappresentativi di situazioni in cui possono riconoscersi molti tra i lettori di questo articolo
– ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA
1) Si considera dipendenza economica la situazione in cui un’impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi.
2) La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.
3) L’abuso può anche consistere nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie e nell’ interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto.
– ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
E` vietato (per l’impresa che si trovi ad operare nel mercato in una posizione dominante):
a. (anche qui) imporre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose.
b. impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;
c. applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, cosi` da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
d. subordinare la conclusione dei contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l’oggetto dei contratti stessi.
Pur tenendo conto che l’ADM ha compreso il problema, è bene segnalare che AS.TRO si è già attività conferendo incarico ad uno studio legale per investire della questione anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
In attesa di veder definitivamente chiarita la problematica, nel senso qui auspicato, segnaliamo ai gestori che si fossero trovati costretti –ribadiamo solo quelli “costretti”- a sottoscrivere clausole contrattuali gravose ed inique, a tutela della sopravvivenza delle loro aziende, la possibilità di rivolgersi all’autorità giudiziaria ordinaria al fine di chiederne la declaratoria di nullità.
PressGiochi
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