Come è noto il Decreto Legge n.23/2020 (c.d. DECRETO LIQUIDITA’), all’art 11, prevedeva una moratoria dei termini di pagamento di tutti i titoli di credito emessi in data antecedente all’8.04.2020
Come è noto il Decreto Legge n.23/2020 (c.d. DECRETO LIQUIDITA’), all’art 11, prevedeva una moratoria dei termini di pagamento di tutti i titoli di credito emessi in data antecedente all’8.04.2020 (compreso) con scadenza ricadente nel periodo tra il 09.03.2020 e 30.04.2020. Per effetto dell’art. 1 co 1 della Legge 05.06.2020 n. 40 di conversione del predetto Decreto, la data finale di sospensione delle obbligazioni cartolari è stata posticipata al 31 agosto 2020. La conversione in Legge – scrive l’Avvocato Massimiliano Ariano – poteva rappresentare l’occasione giusta per risolvere de jure condito una questione controversa, sorta in costanza del predetto DECRETO LEGGE, sugli effetti che la fine della predetta moratoria comporterà a carico del debitore alla data dell’01 settembre 2020. In estrema sintesi il problema è se la prevista sospensione del titolo comporta, per il debitore, una volta terminato il periodo di moratoria, l’obbligo al pagamento immediato dell’intero debito o viceversa il diritto per lo stesso di posticipare ulteriormente il versamento di un numero di giorni pari a quelli ricadenti nel periodo di sospensione: si pensi al caso di una cambiale con scadenza 09 maggio in tal caso il debitore, in forza della prima soluzione, sarà tenuto a versare il totale dell’importo alla data dell’01 settembre mentre, in base alla seconda soluzione come innanzi prospettata, lo stesso avrà diritto di posticipare il versamento di altri 60 giorni ( ossia il tempo intercorso tra il 9marzo e il 9 maggio) a decorrere dal 1° settembre.
Sul punto il CONSIGLIO NAZIONALE del NOTARIATO (d’ora in avanti C.N.N.) si è espresso nel senso di applicare la prima delle soluzioni predette nei soli casi di cambiali la cui scadenza è indicata con DATA CERTA (c.d. cambiale a certo tempo data), la seconda nell’ipotesi di titoli il cui termine finale d pagamento è fissato in un NUMERO DI GIORNI (c.d. cambiale a certo tempo vista); di contrario avviso è un’autorevole dottrina (Dalmotto, La scadenza dei titoli di credito al tempo del Coronavirus, in http://www.ilcaso.it del 3 aprile 2020) che in base a condivisibili e pregnanti considerazioni di fatto e di diritto ritiene possibile indistintamente per tutte le tipologie di titoli cambiari una posticipazione dei termini di pagamento di un numero di giorni pari a quelli ricadenti nel periodo di moratoria. La questione di come comportarsi alla data dell’01.09.2020 si porrà, in particolar modo, per tutti i gestori che, sottoscrivendo con il proprio concessionario un piano di rientro di debiti pregressi (tra cui la QUOTA LEGGE DI STABILITA’), hanno rilasciato in data antecedente all’08.04.2020 titoli cambiari « a certo tempo data» o assegni in bianco o postdatati con scadenza ricadente nel periodo di sospensione. Alla data dell’1 settembre 2020 verosimilmente la situazione economica finanziaria del Gestore non sarà diversa da quella attuale connotata da un flusso di cassa totalmente insufficiente a restituire all’azienda liquidità sufficiente per soddisfare le esigenze di gestione. E ciò è ancora più vero se si ha riguardo al fatto che ancora oggi( si spera fino almeno il 15 giugno) vige il divieto di accensione delle macchine e che le BANCHE negano illegittimamente agli operatori del gioco l’accesso al credito garantito dal Fondo di Garanzia in ragione di una dichiarazione presente nel modello di autocertificazione dove è previsto che sono esclusi dal beneficio casinò e le attività equivalenti nelle quali si fanno rientrare anche quelle di raccolta delle giocate sebbene detto limite non abbia fondamento in alcuna disposizione normativa.
Quid iuris in caso in cui il Gestore, alla data dell’01 settembre 2020, verte ancora in una situazione di scarsa liquidita a causa della chiusura dell’attività e del limitato arco di tempo di operatività, ove si dovesse aprire in data 15 giugno?
A tal riguardo il Tribunale di Rimini con un DECRE0TO D’URGENZA del 25 maggio c.a. emesso a seguito di un ricorso ex art 700 c.p.c. – valutate tutte le circostanze del caso, e in particolare le misure di contenimento imposte dal Governo fortemente limitative dell’attività economica svolta nel caso specifico nel settore turistico – ha vietato in via d’urgenza al creditore di portare all’incasso gli assegni dati in garanzia. Si tratta di una decisione assunta in via d’urgenza, e con motivazione alquanto breve, ma pur sempre uno dei primi precedenti su queste tematiche (effetti della pandemia sui contratti commerciali), che interesseranno a lungo i tribunali italiani nei mesi a venire. In detta sentenza il Giudice pone a fondamento della propria decisione circostanze, quali i divieti di esercizio di impresa e la precaria situazione finanziaria del debitore, specularmente rinvenibili nell’attività del Gestore, oltre che il periculum in mora dato dal fatto che l’incasso degli assegni, non essendovi copertura, avrebbe portato a una segnalazione presso la Centrale di allarme interbancaria (CAI) e all’iscrizione di protesto da parte di pubblico ufficiale. L’argomento principale adottato dal Giudice per giustificare l’inibitoria è la chiusura forzata nel trimestre marzo-maggio 2020, a causa della pandemia di Covid-19 e dei provvedimenti di contenimento del Governo, che hanno precluso gli incassi. La sentenza muove da un assunto secondo cui solo per il fatto di non disporre della provvista a causa di un evento pandemico, il debitore potrà legittimamente esimersi dal pagamento del proprio debito. Invero secondo il Giudice riminese sussisterebbe un’impossibilità sopravvenuta dell’obbligo di pagamento che giustificherebbe l’inadempimento del debitore. Una decisione atipica in quanto applica l’esimente dell’impossibilita sopravvenuta anche alle obbligazioni pecuniarie nonostante la natura fungibile delle stesse. In queste tipologie di controversie, un peso determinante sarà svolto da una disposizione speciale della legislazione emergenziale, ossia l’art. 91 d.l. n. 18 del 2020 (decreto c.d. “Cura-Italia”). Questa norma prevede che “il rispetto delle misura di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi pagamenti”.
Il rischio – conclude il legale – è che all’01 settembre il Gestore dovrà far fronte in un’unica soluzione al pagamento dei propri debiti senza avere la dovuta liquidità con il forte rischio di fallimento o chiusura definitiva dell’attività. Auspico che su ogni singola posizione debitoria le parti possano trovare una soluzione condivisa finalizzata a dilazionare ulteriormente il debito in modo tale da evitare un nuovo lockdown , questa volta definitivo, dell’attività del Gestore alla data dell’01 settembre.
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