Se non sapete dove si trova l’Armenia, non fatevene un cruccio. Difficile scovarla in pieno Caucaso, incastrata fra Turchia, Georgia, Azerbaigian e Iran, anche perché le sue dimensioni equivalgono niente
Se non sapete dove si trova l’Armenia, non fatevene un cruccio. Difficile scovarla in pieno Caucaso, incastrata fra Turchia, Georgia, Azerbaigian e Iran, anche perché le sue dimensioni equivalgono niente più che a quelle di Piemonte e Valle d’Aosta messe insieme. Il suo essere apertamente filo-russa e filo-iraniana la rende oltremodo invisa all’Occidente e a Israele; come se non bastasse, l’eterno conflitto con l’Azerbaigian per la regione Nagorno-Karabakh, abitata prevalentemente da armeni, è tornato recentemente in auge dopo che i russi, che si erano posti come mediatori, hanno allentato i presidi a causa della guerra con l’Ucraina. Intanto, qualche passetto avanti si sta facendo per riaprire il dialogo con la Turchia, stroncato ad inizio ‘900 dal famoso genocidio compiuto dagli ottomani.
Al netto di tutto ciò, l’economia nazionale procede da qualche anno sui binari della crescita, che potrebbe essere meglio classificata come una lenta ma graduale uscita dalla povertà. Basterà un solo dato: mentre nel 2017 il PIL procapite era di 3.900 dollari, oggi è salito a quasi 5.700 dollari, con proiezione a 6.200 nel 2023. D’altra parte, secondo le statistiche del governo, oltre un terzo della popolazione vive in povertà e molti armeni sono costretti ad andare all’estero per migliorare le loro condizioni di vita.
Eppure, l’Armenia ha dalla sua un forte talento per la tecnologia e l’innovazione. Un retaggio che si è costruita negli anni, ricordando l’appellativo (esagerato ma indicativo) che le era stato attribuito un quarto di secolo fa di ‘Silicon Valley’ dell’URSS. Sta di fatto che in questo piccolo paese, che non conta più di 3 milioni di abitanti, è diffuso il talento dell’ingegneria; perciò proliferano software house e startup nel settore dell’Information Technology, che da solo produce quasi il 10% del PIL nazionale.
Nella capitale Yerevan risiedono società di sviluppo software applicato al gaming all’avanguardia quali Digitain, Betinspire, Galaxsys, Technamin, BetProduction, IQ SOFT, Smartbet, che nel complesso danno lavoro a migliaia di tecnici e dipendenti delle varie aree operative e sono in grado di competere ad armi pari con le grandi case internazionali. E questo è il riflesso dello spirito di una città che sprizza modernità da tutti i pori, esprimendo potenzialità addirittura sproporzionate rispetto alle attuali condizioni di vita del paese. Inoltre, per quanto si faccia fatica a crederlo, guardandola da qua, la capitale stessa e l’Armenia hanno pure una grande vocazione turistica, ricevendo circa 2 milioni di visitatori all’anno, attratti dagli scenari naturali e dagli incredibili monasteri e templi sparsi nei posti più impensati.
Alla luce di questo contrastante scenario non sorprenderà il fatto che, da queste parti, il gambling ha avuto il suo bello e bravo sviluppo dopo l’uscita dall’URSS. Oggi, le opportunità di gioco d’azzardo sono ovunque (solo nel circondario di Yerevan esistono una decina di casino e un centinaio di sale da gioco) e la dipendenza sta provocando grossi problemi finanziari in molte famiglie. Nel 2020, quando è stata liberalizzata la pubblicità, la raccolta è aumentata di 6 volte rispetto al 2018, con moltissimi giovani che si sono avventurati in maniera smodata nel gambling. Il viceministro delle finanze ha dichiarato in parlamento che, rispetto al Regno Unito, dove un giocatore su sei diventa un giocatore d’azzardo, l’indice del paese è “sei volte più alto”. Secondo uno studio della Commissione delle entrate statali, anche i volumi di scommessa sono ben al di sopra di quelli dei paesi vicini.
Da quanto riferito dal vicepresidente della Commissione parlamentare per gli affari economici Babken Tunyan, nel 2021 gli operatori di gioco hanno negoziato transazioni per 3,2 trilioni di dram (7,9 miliardi €), che sono esattamente il doppio di tutte le entrate erariali (1,6 trilioni di dram); la differenza fra il giocato e il vinto è però minimale: 70 miliardi di dram (175 mln €).
Ecco allora la necessità impellente di fare qualche passo indietro. Nel marzo scorso, il parlamento ha deciso di tornare alle restrizioni preesistenti: la pubblicità da parte di casinò, lotterie, bookmaker o altre organizzazioni sarà consentita solo negli hotel a quattro stelle e superiori, nei posti di blocco alle frontiere, nei siti web delle aziende e nella parte anteriore degli edifici che offrono i giochi. In tal modo, l’Armenia si allinea alle severe normative di paesi quali Georgia, Lettonia, Estonia e Repubblica Ceca.
La riforma permette altresì l’ingiunzione del tribunale di vietare il gioco alle persone che possono causare difficoltà finanziarie alle loro famiglie. Ancora, nei casino, sono previsti programmi di autoesclusione, con restrizioni da 6 mesi a 3 anni, ed è stato introdotto l’obbligo di verificare l’età dei giocatori all’ingresso (in precedenza facoltativa), che deve essere di almeno 21 anni.
Poco dopo, è stato approvato il disegno di legge che vieta le transazioni in denaro contante: tutte le movimentazioni dovranno avvenire tramite carta di credito, e non sarà ammesso l’utilizzo di cryptovalute. Anche questo, secondo gli intendimenti politici, dovrebbe servire a proteggere le persone vulnerabili/dipendenti.
La fiducia dei legislatori, però, si scontra con le perplessità dei sociologi e degli psicologi, secondo i quali le restrizioni all’ingresso nei casino spingeranno i giocatori ad andare altrove per giocare d’azzardo, magari trasformando i tornei all’aperto di backgammon in eventi basati sul denaro o facendo affidamento sulla lotteria statale. E’ il solito trend di chi tenta di sfuggire alla povertà affidandosi alla fortuna. Eppure, un vecchio proverbio armeno diceva: “Non giocare a testa o croce con il destino. Perderai in entrambi i casi”.
Marco Cerigioni – PressGiochi
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