24 Novembre 2024 - 20:45

Cardia (Acadi): “Riformare il distanziometro espulsivo della Regione Lazio non solo si deve, ma si può”

Ecco come hanno fatto De Luca in Campania ed Emiliano in Puglia.

22 Marzo 2022

E’ cosa nota che, per effetto del rinvio operato l’anno scorso sulla scorta dei contingenti problemi generati dalla pandemia (ancora affatto sopiti), il termine di entrata in vigore per le realtà pre-esistenti del distanziometro espulsivo della Regione Lazio sia stato spostato da agosto 2021 ad agosto del 2022.

Le norme di riferimento sono l’articolo 4 della L.R. 5/2013 che ritualizza i parametri espulsivi del distanziometro, l’articolo 11 bis introdotto dalla L.R. 1/2020 che ha previsto l’applicazione del distanziometro anche alle realtà preesistenti a partire da agosto 2021, e l’articolo 22, comma 1, lettera b) della legge n. 14/2021 che ha spostato tale termine ad agosto 2022.

Anche quest’anno, come quello passato, l’avvicinarsi della scadenza del termine sta ponendo nuovamente sul tavolo le tematiche relative agli effetti che potrebbero prodursi di fronte ad una sostanziale espulsione dell’offerta pubblica di gioco dal territorio, come peraltro già verificato dalle perizie urbanistiche che sono state presentate ed illustrate in numerose occasioni convegnistiche ed audizioni.

Ad affermarlo è l’avv. Geronimo Cardia, presidente di Acadi, nell’articolo pubblicato sull’edizione di marzo/aprile di PressGiochi Magazine.

Sul tavolo – afferma – sono ben presenti, dunque, gli effetti non positivi sul piano della tutela della salute (per la ghettizzazione ricercata proprio dagli utenti problematici o patologici), sul piano sociale (per il confinamento dell’offerta pubblica nelle zone periferiche, peraltro ad alta densità abitativa), sul piano occupazionale (sono circa 16.000 i lavoratori del comparto che operano sul territorio laziale), del tessuto imprenditoriale (sono migliaia le aziende coinvolte gli esercenti penalizzati e migliaia gli esercenti specializzati destinati alla chiusura) del gettito erariale (si stima una perdita di un miliardo di Euro), sul piano della legalità (per la perdita del presidio del gioco pubblico).

Di fronte a questi elementi non può non svilupparsi un dibattito politico responsabile. Dibattito che, attenzione va chiarito subito, non deve ritenersi focalizzato su una scelta generica “gioco si o gioco no”, ma è tenuto a rimettere in discussione ab origine la misura in sé di “distanziometro”.

Si tratta di un dibattito avente ad oggetto decisioni che hanno a che vedere con la consapevolezza che sia arrivato il momento di dare al territorio una regolamentazione che sia allo stesso tempo realmente efficace per tutelare la salute degli utenti tutti (razionali, problematici e patologici), da un lato, e che presenti caratteristiche sostenibili (per assicurare che non vada perso il presidio di legalità, il gettito erariale, il livello importante di occupazione e di tessuto imprenditoriale), dall’altro.

Sono diverse le regioni che si sono trovate di fronte ad un problema di questo tipo e che hanno usato un approccio in siffatto modo responsabile.

Tra le altre realtà si ricordano qui quella della Puglia, del Governatore Emiliano, e quella della Campania, del Governatore De Luca.


In particolare, per quanto riguarda la Regione Puglia è stato interessantissimo l’intervento al Convegno del 26 aprile 2021, ancora perfettamente attuale rispetto alle esigenze valutative che si pongono oggi, di Antonella Ciaramella, PD Campania e relatrice e coordinatrice del provvedimento approvato dal Consiglio regionale della L.R. Campania n. 2 del 4 marzo 2020.

Nell’intervento viene chiarito che la norma campana “mette fine alla situazione di confusione nella quale ha vissuto fino ad oggi il settore, conciliando la necessità di contrastare il gioco patologico e di mantenere un decoro urbanistico nelle nostre città, con quella di non favorire il gioco illegale a scapito e in danno a imprese che, negli scorsi anni, nella piena legittimità, hanno investito risorse e creato posti di lavoro.

Per giungere alla giusta valutazione di tutti gli interessi costituzionali in ballo (tutela della salute e del risparmio dei cittadini, ordine pubblico, gettito erariale, impresa e lavoro) sulla via maestra del contrasto al gioco d’azzardo patologico e il proficuo dialogo tra le parti sono state sentite tutte le associazioni rappresentative di tutti gli interessi collettivi. Da un lato tutelare le persone e il decoro delle città con una regolamentazione importante e con l’impegno degli operatori su regole e controllo dall’altro. La parola d’ordine è stata avere una legge veramente applicabile ed efficace e non di facciata e foriera di nuovi conflitti e nuove battaglie legali, a scapito delle tante famiglie che soffrono il dramma della dipendenza da gioco. Il gioco patologico va curato e prevenuto, non si combatte con qualche metro in più o in meno di distanza o con la creazione di luoghi nascosti in cui è ancora più facile eludere i controlli.

La legge, che ha recepito le osservazioni del governo sul testo precedente, era attesa da tempo da un comparto delicato che in Campania conta oltre 20mila addetti (di cui 16mila circa da lavoro diretto), ma genera anche un carico per le Asl di oltre 1.500 persone con disturbo da gioco d’azzardo patologico ed è ad altissimo rischio usura.

La nuova normativa, prendendo come parametro i limiti minimi previsti dall’accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni nella distanza tra sale gioco e luoghi sensibili (scuole, ospedali, luoghi di culto), ha anche dato risposta alle polemiche e ai contenziosi che erano sorti sulla possibilità che i Comuni potessero o meno introdurre norme più stringenti.

È stato stabilito, infatti, che la distanza non possa mai essere inferiore a 250 metri [per il Lazio sono 500] per le nuove aperture [e per il Lazio sarebbero anche per le realtà pre-esitenti].

Per le sale già esistenti, che abbiano sede ad una distanza inferiore ai 250 metri, e che siano però in linea con la normativa precedente, non è previsto uno spostamento, per non creare un danno ingiusto ad imprenditori che hanno messo in campo investimenti basandosi su una diversa legge. Per queste sale vengono, però, introdotti limiti di orario e obblighi di adeguamento strutturale e di formazione del personale oltre che informativo. Per chi non li rispetta sono previste dure sanzioni che andranno ad alimentare un fondo dedicato alla prevenzione ed educazione sul gioco d’azzardo. È previsto, inoltre, l’obbligo di spostamento di sede per la sala giochi che, pur rispettando il limite di 250 metri, si trovi sulla stessa facciata di un edificio in cui è presente un luogo sensibile. Questo ad ulteriore tutela anche del patrimonio urbano e la sensibilizzazione e credibilità dello spirito che anima la norma.

Questa normativa, unica nel panorama nazionale, regolamenta il settore con l’obiettivo di prevenire i rischi e curare i danni da gioco patologico e di contrastare fenomeni come l’usura. La sua elaborazione ha previsto il coinvolgimento del terzo settore e delle Asl, dei comuni e delle associazioni degli esercenti oltre che degli esperti.

Punto indispensabile è il ripristino dell’Osservatorio che ci consentirà non solo di avere una fotografia reale del fenomeno e dei numeri che lo caratterizzano, ma anche di programmare efficacemente le risorse del Fondo nazionale contro il gioco d’azzardo patologico che vengono trasferiti alle Regioni. La legge è un riuscito punto di incontro tra diverse esigenze che mira, però, prioritariamente ad evitare anche che le nostre città vengano invase da centri per scommesse, con il rischio che si possa generare non solo un disagio psichico ma anche sociale e di rispetto degli spazi e l’organizzazione strutturale e culturale delle nostre città. La “ludopatia”, infatti è riconosciuta come una malattia vera e propria, tanto da essere compresa nei Livelli essenziali di assistenza (Lea). L’attenzione, quindi, deve essere massima e la prevenzione la nostra ossessione, a cominciare da come organizziamo l’ambiente in cui viviamo quotidianamente”.

Peraltro, va sottolineato che l’Osservatorio sul gioco della Regione Campania è attualmente l’unico concepito prevedendo la presenza al suo interno oltre che delle rappresentanze delle associazioni del terzo settore, anche di quelle del comparto del gioco pubblico. Anche in tale passaggio si coglie quanto il legislatore regionale campano abbia dimostrato di riconoscere che il comparto del gioco pubblico non possa che essere visto che come un alleato importante delle istituzioni per il perseguimento degli interessi generali in ballo e non come un soggetto estraneo o ostile. Anche di tale aspetto dovrebbe tersi presente nella valutazione delle decisioni politiche da prendere riguardo alla composizione degli osservatori regionali (e nazionale) attualmente normati.


Per la Regione Puglia il percorso valutativo è stato molto simile a quello che potrebbe essere fatto nel Lazio, in quanto prima dell’entrata in vigore dell’effetto espulsivo della norma regionale, dopo un dibattito altrettanto sofferto, la politica regionale ha deciso di fare una proroga dei termini ma di natura tecnica, ovvero finalizzata ad accertare l’effettiva esistenza di un problema tecnico all’origine della denunzia di sostanziale espulsione ed a comprendere se vi fossero strumenti per rimuoverlo, per assicurare sostenibilità allo strumento, fermo restando l’obiettivo primario di tutela della salute. Da questi ragionamenti ha poi preso le mosse il nuovo, diverso, sostenibile distanziometro della Regione Puglia, ma vediamo come.

Al riguardo è molto indicativo l’intervento operato nel medesimo Convegno sopra richiamato da parte di Francesco Paolo Campo, Consigliere PD Regione Puglia, già componente della Commissione regionale di studio e d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata in Puglia. In particolare nell’intervento si chiarisce che “Non so dire se il distanziometro applicato nella Regione Lazio come misura di contrasto al gioco d’azzardo abbia le stesse caratteristiche strutturali che aveva la prima versione del distanziometro adottato dalla Regione Puglia. Se così fosse, vorrei ricordare quanto ho affermato in proposito nell’aula del Consiglio regionale quando si è posta l’esigenza di valutare l’effettiva applicabilità della riforma che lo introdusse.

Il tema che ho cercato di svolgere è come contemperare l’esigenza del contrasto al gioco d’azzardo con il diritto all’esercizio di una legittima attività d’impresa. La ludopatia deve essere presa molto sul serio, perché è diventata una vera e propria piaga sociale diffusa trasversalmente nella popolazione.

Allora, come contrastarla in concreto? Ad esempio, potremmo destinare una quota di risorse maggiore ai Sert. O anche, elaborare una diversa politica sanitaria specifica per questo male. Di sicuro non possiamo rimettere in discussione la scelta di regolamentare il settore delle scommesse e lasciare all’illegalità il compito di soddisfare la domanda di gioco che comunque esiste.

Annunciare norme con valore retroattivo sui diritti dei cittadini e delle imprese è un ottimo slogan, ma non ha alcuna utilità. Né si può affermare che i favorevoli alla tutela del comparto delle scommesse legali siano contro le azioni di contrasto e prevenzione della ludopatia. E comunque, nessuna di queste argomentazioni può essere utilizzata nel contesto normativo regionale, giacché il gioco d’azzardo è regolamentato dallo Stato e non dalle Regioni.

Torniamo, dunque, al tema del distanziometro. È funzionale al contrasto al gioco d’azzardo? Il Consiglio regionale della Puglia ha deciso di rispondere affermativamente e di prevederlo nell’ordinamento.

Il problema è sorto all’atto della sua applicazione, quando è arrivato il momento di dire a centinaia di piccoli imprenditori, titolari d’investimenti realizzati in base ad una legge dello Stato adottata anche per sottrarre risorse alle mafie, che entro un anno avrebbero dovuto chiudere le loro attività.

Personalmente, non credo che il distanziometro concepito in quel modo possa funzionare. Imporre una distanza di 500 metri da ‘luoghi sensibili’ vuol dire, semplicemente, che non ci sono spazi in cui si possa esercitare quell’attività. E anche riducendo la distanza le conseguenze non sarebbero molto diverse.

Una mediazione si deve trovare e magari si potrà farlo più agevolmente eliminando l’equazione tra gioco d’azzardo e illegalità: è una sciocchezza pensare che le sale scommesse sono tutte e inevitabilmente alimentate da capitali illegali.

In definitiva, serve un compromesso ragionevole e utile, fermo restando l’imperativo della lotta alla ludopatia e la consapevolezza che il distanziometro non aiuta a raggiungere quest’obiettivo. Il problema va affrontato con serietà; non con gli slogan.

E così il distanziometro della Regione Puglia è passato da 500 a 250 metri, le tipologie dei luoghi sensibili sono state ridotte a quelle che effettivamente necessitavano di tutela e le realtà preesistenti sono state messe nelle condizioni di continuare ad operare anche perché giustamente viste come sentinelle della legalità sui territori.


Alla luce di queste considerazioni, è evidente che la politica ed il governo della Regione Lazio, in questi mesi che ci separano da agosto, si trovano di fronte alla possibilità di dare un segnale forte di consapevolezza e responsabilità restituendo una risposta all’altezza delle aspettative degli utenti che sia in grado di coniugare come fatto in Campania e Puglia gli interessi pubblici in ballo con l’esigenza sempre primaria di tutela, in concreto, della salute”.

PressGiochi

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