25 Novembre 2024 - 01:33

Laos: la raccapricciante storia delle chat girls del Kings Romans Casino

Tre donne laotiane hanno denunciato all’emittente radio RFA di essere trattenute contro la loro volontà nella Zona economica speciale (SEZ) del Triangolo d’Oro, gestita dai cinesi, nel Laos nordoccidentale, dove 

19 Gennaio 2022

Tre donne laotiane hanno denunciato all’emittente radio RFA di essere trattenute contro la loro volontà nella Zona economica speciale (SEZ) del Triangolo d’Oro, gestita dai cinesi, nel Laos nordoccidentale, dove  hanno trovato lavoro come chat girl nel call center del Kings Romans Casino.

Quando sono arrivate a metà dicembre , le donne sono state messe in quarantena per la prima volta per circa 14 giorn,i per assicurarsi che non avessero il COVID-19. Poi la quarantena è stata estesa a quasi un mese, anche se nessuna di loro è risultata positiva.

Le donne vorrebbero ora tornare nelle loro province di origine, ma ciascuna deve 10.000 yuan ($ 1.600) ai propri datori di lavoro più le spese per vitto e alloggio, altrimenti non potranno andarsene.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che le autorità locali dovrebbero affrontare in qualche modo, sebbene il Triangolo d’Oro sia amministrato, per l’appunto, dai cinesi.  Quello delle chat girls che parlano ai clienti del casino inviando messaggi tramite applicazioni web come Line, WhatsApp e Facebook Messenger, è un fenomeno che rasenta lo sfruttamento. Tutte devono soddisfare una quota di vendita determinata dal loro datore di lavoro, ma essendoci centinaia di donne laotiane che fanno questo lavoro, per ognuna di esse è difficile raggiungere gli obiettivi prefissati. Sicchè, di fronte a debiti che non riescono a pagare molte rischiano di essere costrette a prostituirsi. Altre rimangono bloccate in attesa per mesi, confinate in piccoli alloggi, compresi i grandi container dei camion. Tuttavia, il flusso delle laotiane nella Zona è sempre ingente, nella speranza di guadagnarsi da vivere a causa della mancanza di lavoro nelle altre province.

Una delle tre donne in questione, una 32enne di Vientiane, ha detto a RFA che lei e le altre saranno confinate al Kings Romans Casino fino a quando un altro datore di lavoro non le prenderà a servizio. “Non abbiamo altra scelta che restare confinate qui e aspettare di essere chiamati al lavoro”, ha detto la donna, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza. Ha quindi aggiunto che le autorità laotiane non possono entrare facilmente nella ZES gestita dai cinesi, che opera in gran parte al di fuori della portata del governo laotiano.

Una seconda donna, di 21 anni, arrivata alla ZES da Pakse, ha detto di aver fatto domanda per un posto a dicembre perché la sua famiglia stava attraversando difficoltà finanziarie, con sua madre malata e i suoi quattro fratelli più piccoli che frequentavano la scuola. Nell’attesa di cominciare a lavorare – ha detto – il datore di lavoro fa pagare a lei e a tutte le altre l’alloggio, l’uso di una teiera, il cibo, le lenzuola e le medicine. “Ora, a causa del debito crescente, non vogliamo più lavorare qui. Vogliamo uscire dalla ZES”.

La terza donna, una 35enne anche lei di Vientiane, ha detto a RFA che il trio sarebbe stato sottoposto a un altro test  COVID-19 entro il 20 gennaio. Se i risultati saranno negativi, le ragazze potrebbero finalmente cominciare a lavorare come chat girls. Ma loro sono così sfiduciate che vogliono solo tornarsene a casa.

“Vogliamo essere soccorse dalle autorità laotiane”, ha detto la 35enne. “Non possiamo scappare perché i nostri passaporti e i nostri documenti di identità personale sono stati confiscati dal datore di lavoro”.

Il casino Golden Triangle si rifiuta di fare qualsiasi commento, Nel frattempo, un funzionario del Dipartimento del lavoro e della previdenza sociale della provincia di Bokeo, dove si trova la ZES, ha dichiarato che molte donne laotiane sono rimaste intrappolate lì e che i funzionari ne hanno soccorse alcune, anche se non ha spiegato perché alle autorità laotiane è stato permesso di entrare nella zona controllata dalla Cina.

“Ma i cinesi non vogliono che se ne vadano perché devono molti soldi”, ha detto il funzionario. “Il datore di lavoro ha pagato un sacco di soldi per portarli qui, compreso il biglietto dell’autobus dai loro villaggi”. Il funzionario provinciale ha suggerito che le tre donne presentino una denuncia ben documentata con prove al dipartimento in cui affermano il motivo per cui vogliono tornare a casa. “Ad esempio, che i loro genitori sono malati”, ha detto il funzionario. “In tal caso, potrebbero essere autorizzate ad andarsene”.

 

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