24 Novembre 2024 - 01:42

Decreto Dignità. Davide contro Golia: 0 a 1

I grandi vincono e i piccoli pagano. Non possiamo trarre una considerazione diversa dalle conclusioni a cui giunge il Tribunale amministrativo regionale del Lazio che ha oggi accolto il ricorso

28 Ottobre 2021

I grandi vincono e i piccoli pagano.

Non possiamo trarre una considerazione diversa dalle conclusioni a cui giunge il Tribunale amministrativo regionale del Lazio che ha oggi accolto il ricorso del colosso della rete Google che è stato sanzionato dall’AGCOM per aver violato il divieto di pubblicità dei giochi d’azzardo contenuto nel decreto dignità con una sanzione da 100mila euro.

Solo pochi giorni fa, era stato invece, respinto il ricorso di un piccolo editore toscano colpevole di aver commesso la stessa violazione con un articolo giornalistico contenente un link che indirizzava ad un comparatore di giochi.

Secondo quanto afferma oggi il giudice romano: “l’assunzione di responsabilità da parte del gestore (Google, ndr.) deriva dalla mera “stipulazione del contratto” con l’inserzionista, in ragione cioè della mera diffusione, ancorché onerosa, del messaggio illecito, ed avendo escluso che l’attività svolta dal Google ASDS possa qualificarsi in termini di hosting, deve, pertanto, ritenersi affetto, nell’imputazione dell’illecito alla ricorrente da violazione dei principi come ricostruiti dalla Corte di Giustizia, nonché da difetto di istruttoria e motivazione”.

 

Come si legge: “dovendosi il servizio “Google ADS” – come affermato dalla Corte di Giustizia – qualificare in termini di “hosting”, la mera valorizzazione degli indici presenti nel provvedimento impugnato (strumentalità alla diffusione del messaggio ed elaborazione di quest’ultimo dal sistema utilizzato dal servizio di posizionamento) non è di per sé sufficiente, alla luce del riportato ampio e costante quadro giurisprudenziale, a fondare, nel caso di specie, la responsabilità del gestore della piattaforma per la violazione del “Decreto Dignità”.

Infatti, pur non potendosi affermare…, la totale estraneità del gestore del servizio di posizionamento rispetto ai contenuti di cui lo stesso consente la diffusione, è incontestato che l’attività de qua abbia natura automatizzata, non comportando la manipolazione dei messaggi, così che viene nella fattispecie a mancare il sopra delineato “ruolo attivo” sul quale si fonda la responsabilità del gestore medesimo.

Il servizio in questione, come Google Ireland ha puntualizzato fin dalla fase procedimentale, prevede infatti che gli annunci vengono creati in piena autonomia dall’inserzionista, il quale ne determina il contenuto tramite un processo automatizzato, che prende le mosse dalla registrazione dell’utente, con la creazione di un apposito “account” e la contestuale accettazione delle “Norme Pubblicitarie” contenenti chiare informazioni sulle attività vietate o soggette a restrizioni; successivamente l’utente procede al caricamento del messaggio pubblicitario, nonché ad individuare le parole chiave da associare allo stesso e la categorizzazione di interesse (es giocattoli, abbigliamento ecc.); l’annuncio viene, così, sottoposto all’esame di un software che, con modalità come detto automatiche, ne verificano la rispondenza ai termini e condizioni contrattuali, per poi essere pubblicato.

La società ricorrente ha inoltre, come detto, messo a punto un sistema che consente di “bloccare”, sempre tramite tecniche automatizzate, i messaggi che rechino un contenuto illecito il quale, nel caso di specie, è stato occasionalmente forzato tramite una tecnica fraudolenta; in ogni caso Google ha pacificamente provveduto, non appena venuta a conoscenza della violazione, a bloccare l’account di provenienza del messaggio illecito, che è stato altresì subito rimosso.

Pertanto – sebbene non possa condividersi neppure l’ulteriore assunto di parte ricorrente circa la liceità del messaggio, stante la natura generale del divieto di cui all’art. 9 del più volte citato DL 87/2018, che vieta con formula volutamente ampia ed onnicomprensiva qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, del gioco d’azzardo ed essendo per ciò irrilevante che il sito pubblicizzato non consentisse di per sé di giocare – nel fatto contestato sono presenti, ad avviso del Collegio, tutti gli indici che, nella riportata elaborazione giurisprudenziale, determinano l’esclusione della responsabilità del gestore dalla piattaforma internet per i contenuti illeciti che sulla stessa siano stati inseriti da terzi.

Nella fattispecie all’esame, per il suo concreto atteggiarsi, non risulta infatti, che l’intervento del gestore abbia carattere “intenzionale”, non essendo contestata, né provata, la “piena cognizione delle conseguenze del comportamento” del gestore stesso nei termini delineati dalla richiamata giurisprudenza, mentre emerge come quest’ultimo – che ha peraltro, come detto, predisposto un sistema idoneo a “bloccare” immediatamente gli annunci illeciti – si sia prontamente attivato per rimuovere l’annuncio che ha occasionalmente forzato tale sistema, approntando di conseguenza le cautele ed attività che l’operatore di normale diligenza deve porre in essere per beneficiare della clausola di esonero dalla responsabilità di cui ai sopra riportati art. 14 della Direttiva 31/2000 e 16 d.lgs. 70/2003″.

 

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PressGiochi

 

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