La battaglia piemontese contro la diffusione del Gioco d’azzardo patologico non riguarda solo la nostra regione. Lo conferma – dichiara Domenico Rossi del PD – la presa di posizione di
La battaglia piemontese contro la diffusione del Gioco d’azzardo patologico non riguarda solo la nostra regione. Lo conferma – dichiara Domenico Rossi del PD – la presa di posizione di diversi parlamentari italiani e del capogruppo nel Parlamento Europeo Brando Benifei. Mi auguro che il loro sostegno contribuisca a porre le basi per una revisione nazionale della normativa fondata sul presupposto della necessità di limitare (senza vietare) l’offerta di gioco, allontanandola soprattutto dai luoghi della vita quotidiana delle persone. E’ dimostrato che la quantità di offerta cresciuta a dismisura negli ultimi anni e la qualità della stessa (le caratteristiche del gioco elettronico) hanno generato una patologia che prima non esisteva.
Ma la destra piemontese non è interessata a tutto questo. E continua nel suo proposito di cancellare una legge che ha portato benefici ai cittadini come ci raccontano tutti gli interlocutori, dall’ordine dei medici alle fondazioni antiusura, da Libera alla Caritas, ma soprattutto i SERD che tutti in giorni si fanno carico delle persone con problemi di dipendenza nella nostra regione.
La maggioranza non ascolta tutte queste voci perché sta portando avanti una battaglia slegata dal merito: la legge regionale in vigore in Piemonte deve essere cancellata, perché si è trasformata in un laboratorio nazionale per il contrasto al Gioco d’Azzardo Patologico, troppo pericoloso per coloro che non vogliono mettere alcun freno all’azzardo.
La Lega, sorda a tutti gli interventi in Commissione delle ultime settimane, che hanno smentito le bugie e demolito gli alibi, lavoro e illegalità in testa, intende comunque cancellare la legge piemontese sul gioco d’azzardo patologico per sostituirla con una norma che aumenta il numero delle slot rimettendole nelle tabaccherie (la Lega ha presentato un emendamento per riportarle anche nei bar!), diminuendo la distanza dai luoghi sensibili e ridimensionando il ruolo dei sindaci.
So che tra i colleghi di maggioranza ci sono persone che hanno dei dubbi, che non vorrebbero votare a favore di questo scempio. Sanno che è sbagliato e sono in crisi, presi tra la disciplina di partito da un lato e il richiamo della loro coscienza dall’altro.
E’ per loro che ho richiamato in aula le parole di Don Lorenzo Milani riportate in “L’obbedienza non è più una virtù”. Quando smette di esserlo? Quando la coscienza si fa sentire, quando rischiamo di violare valori profondi in cui crediamo, quando per la nostra obbedienza cieca pagano un prezzo più salato i più poveri e i più fragili.
Bene, è questo il caso. Il momento di ascoltare la coscienza, di mettere da parte l’obbedienza cieca… è il momento del pensiero critico, dell’obiezione, di essere sovrani.
Pressgiochi
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