Non è di grande consolazione, ma almeno la Giurisprudenza inizia a capire che le ordinanze sui “limiti orari di accensione degli apparecchi da gioco lecito” non risolvono i problemi che
Non è di grande consolazione, ma almeno la Giurisprudenza inizia a capire che le ordinanze sui “limiti orari di accensione degli apparecchi da gioco lecito” non risolvono i problemi che si prefiggono di affrontare.
Il T.A.R. del Veneto, – ha dichiarato Michele Franzoso, del Centro Studi AS.TRO – infatti, nella nota ordinanza confermativa dell’ordinanza sindacale di SCHIO, ha puntualizzato la differenza tra legittimità “formale” del provvedimento Sindacale e “efficacia sostanziale della scelta amministrativa”, analizzando le relazioni della locale Azienda Sanitaria, alla luce dell’attuale situazione economica del Paese.
Il provvedimento sindacale, si legge nell’ordinanza, si prefigge di arginare un fenomeno (i dipendenti dal gioco), che nel Comune è stato compiutamente analizzato: ciò rende l’iniziativa formalmente legittima sotto il profilo procedurale (la c.d. istruttoria), in quanto improntata al sacrificio di una “fetta” di interessi economici privati, a favore di “interessi generali”.
“Tuttavia”(emblematico l’avverbio utilizzato), è EVIDENTE come tale iniziativa non risolva i problemi, in quanto l’utenza che si trova al cospetto di un congegno spegno per imposizione del Sindaco, “può accedere al gioco on line, agli altri servizi di gioco/scommesse, oppure può spostarsi in altro Comune”.
L’orientamento adottato dal T.A.R. nell’Ordinanza è particolarmente “formalistico”, in quanto è raro che si “salvi” un provvedimento amministrativo per la sua sola legittimità di forma, nonostante sia evidente la sua inidoneità in concreto a raggiungere lo scopo, da ciò derivando la sostanziale “evitabilità” dei sacrifici richiesti agli interessi privati, la cui compressione, per l’appunto, non serve ad attutire gli effetti della crisi economica, e la prevenzione dei fenomeni di dipendenza dal gioco.
La valutazione del T.A.R., tuttavia, non pare potersi relegare ai soli commenti “pseudo-moralistici”. Un atto amministrativo formalmente legittimo ma iniquo, ingiusto, inefficace, e soprattutto comportante una inutile contrazione della libertà di impresa e della raccolta Erariale statale costituisce un nuovo “genere” di azione amministrativa, di cui presto o tardi dovrà iniziarsi ad occupare la Magistratura Civile, e forse quella Contabile. La “legittimità” dell’atto così chiaramente circoscritta al perimetro della sola “formalità”, parrebbe “studiata” per lasciare ancora aperte due strade: l’indagine della Corte dei Conti sugli effetti erariali dell’iniziativa del Sindaco, e l’istanza di risarcimento degli operatori, condannati ad un sacrificio tanto elevato quanto “palesemente inutile”.
Il monitoraggio della vertenza nei successivi gradi di giudizio potrà consentire un maggiore approfondimento sugli ipotizzati nuovi scenari giudiziari.
PressGiochi
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