Accade a Riccione dove viene respinta la documentazione portata da una sala bingo che non è riuscita a trovare uno spazio per delocalizzare la propria attività. “D’altronde – riporta il Tar – c’era un’”area ‘libera’ di mq. 0,39”.
Per la ricorrente non è possibile procedere alla delocalizzazione della propria sala Bingo svolta nel Comune di Riccione, anche in considerazione della massiccia individuazione di “luoghi sensibili” individuati con la suddetta delibera di Giunta Comunale n. 200 del 2018 nel territorio comunale illegittimamente incrementata dall’amministrazione comunale con la delibera di Giunta Comunale n. 200 del 2018, senza nemmeno individuare dei siti alternativi, all’interno del territorio comunale, presso i quali dislocare le attività in parola, quanto meno fino alla scadenza naturale delle attuali concessioni (anno 2022). Il Comune ha – secondo la sala – tradito il legittimo affidamento serbato dalla odierna ricorrente circa l’inapplicabilità dell’istituito regime distanziale ai locali di esercizio già autorizzati in epoca precedente all’entrata in vigore delle modifiche introdotte, nell’anno 2016, alla L.R. n. 5 del 2013, con conseguente illegittimità del suddetto regime delle distanze, in quanto è stato applicato retroattivamente agli esercizi esistenti che rappresentano un servizio economico generale affidato in concessione dalla Agenzia Statale e che costituisce fonte di ingente gettito erariale.
Con questa motivazione una sala bingo di Riccione si rivolge al Tar Emilia Romagna per chiedere l’annullamento del Regolamento del Comune di Riccione sul gioco che ne ha previsto la chiusura entro un tempo di 6 mesi.
“Sostiene la ricorrente che il gravato divieto di prosecuzione dell’attività derivato dalla scadenza dei termini di legge per delocalizzare la sala gioco Bingo, è illegittimo sia in quanto esso riguarda specificamente il gioco del bingo che è gestito dalla ricorrente in regime di concessione amministrativa rilasciata dallo Stato, che è sistema completamente diverso da quello che regola gli altri giochi d’azzardo leciti, sia perché la ricorrente, pur avendo dimostrato di avere fatto, con la massima diligenza possibile esigibile ad un operatore economico, tutto il possibile per trasferire il proprio esercizio in altro sito, si è trovata nell’oggettiva impossibilità di delocalizzare la propria attività, e, pertanto, di effettuare tale operazione entro i termini prescritti dall’art. 6 della L.R. n. 5 del 2013. A sostegno di quanto affermato la ricorrente deposita in atti perizia tecnica dalla quale emerge “l’impossibilità di trasferire la sala al di fuori del Comune per espresso divieto legislativo e all’interno del medesimo Comune per mancanza di spazi idonei…” (v. doc. n. 15 della ricorrente), con situazione confermata anche dalla stessa Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con nota in data 27/8/2019 (v. doc. n. 19 della ric.). Stante la molteplicità dei luoghi sensibili individuati all’interno del territorio comunale di Riccione, la richiesta di un sito alternativo nel quale insediare la sala Bingo è risultata infruttuosa sia nei confronti di un’Agenzia immobiliare, sia nei confronti di un professionista del settore. Pertanto, nell’impossibilità di trasferire la “sala Bingo” in altro Comune, stante il divieto a tale operazione imposto dall’Agenzia dei Monopoli, la ricorrente si è rivolta al Comune chiedendo all’ente di indicare se “…all’interno del piano territoriale di dislocazione degli esercizi di gioco dalla medesima approvato o approvando, esistano immobili idonei ad ospitare la sala bingo condotta dalla società Beach & Beach s.r.l. che siano rispettosi delle caratteristiche strutturali e tecniche fissate dalla normativa vigente (cfr., D.M. n. 29/2000 e segg.)” (v. doc. n. 18 ric.). Riferisce la ricorrente che il Comune di Riccione, pur riscontrando e respingendo l’istanza ad esso rivolta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, non ha dato, invece, risposta alcuna all’istanza di Beach & Beach diretta a chiedere l’indicazione di siti alternativi in Riccione per potere legittimamente delocalizzare la propria attività. Il silenzio serbato dal Comune su tale legittima richiesta comporta, secondo la deducente, l’illegittimità del provvedimento impugnato, con il quale è stato adottato dal Comune un divieto assoluto, tanto arbitrario quanto indeterminato, all’esercizio del gioco lecito nell’ambito del territorio comunale; con determinazione consistente, in concreto, in una vera e propria espropriazione senza indennizzo, della propria attività d’impresa”.
La risposta del Tribunale – Il Collegio deve osservare che – sulla base del contenuto della deliberazione di Giunta comunale recante la rideterminazione della mappatura dei luoghi sensibili individuati all’interno del territorio del Comune di Riccione – la ricorrente non ha in alcun modo dimostrato che la suddetta deliberazione comporti, di per sé, l’effetto espulsivo dalla stessa paventato, né tanto meno che essa comporti l’ulteriore effetto, da collegarsi a quello espulsivo, di sostanziale espropriazione, senza alcun indennizzo, dell’attività dalla stessa lecitamente esercitata. Sotto un profilo più generale va osservato che la normativa regionale che prevede tale mappatura dei “luoghi sensibili”, vale a dire di luoghi di aggregazione, soprattutto frequentati da soggetti ritenuti, sulla base di dati e accertamenti scientifici, psicologicamente più esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni, ha la chiara ratio di contrastare la ludopatia e di tutelare la salute dei cittadini, mediante interventi e misure di prevenzione della dipendenza da gioco, con la conseguenza che detta normativa è portatrice di un interesse pubblico oggettivamente di rango superiore a quello del privato all’esercizio dell’attività di gioco. A ciò consegue, ulteriormente, che il Comune, sulla base della suddetta normativa regionale, ha il potere di dettare disposizioni di carattere socio sanitario, finalizzate a combattere il fenomeno della ludopatia, in quanto è stato riconosciuto che tali misure (di cui fanno parte i suddetti limiti distanziometrici) sono oggettivamente proporzionati e rispettosi dei principi di libertà economica privata di cui all’art. 41 Cost. e di tutela della concorrenza di derivazione europea, con conseguente infondatezza della relativa censura della ricorrente e della correlata questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della L.R. Emilia-Romagna n. 5 del 2013 dalla stessa sollevata.
La società- spiega il Tribunale – sostiene l’illegittimità del suddetto provvedimento, stante l’asserita impossibilità di delocalizzare in altro sito – posto all’esterno o all’interno del territorio comunale di Riccione – l’attività di sala gioco Bingo. Rileva la ricorrente che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, alla quale aveva chiesto l’autorizzazione a spostare il luogo di esercizio dell’attività in siti posti al fuori del territorio comunale di Riccione, in Comuni viciniori, ha opposto espresso diniego a tale richiesta. Per quanto concerne, invece, la ricerca di siti alternativi “liberi” nel Comune di Riccione, la ricorrente sostiene di avere effettuato ogni possibile ricerca, tramite un un’agenzia immobiliare, professionisti del settore e, inoltre, mediante specifiche richieste, solleciti e la notificazione di un atto di significazione inviati direttamente al Comune di Riccione, al fine di ottenere, da parte dell’Ente, l’individuazione, all’interno del territorio comunale, di un sito idoneo e collocato a distanza superiore ai m. 500 dai luoghi sensibili individuati nella mappatura, in cui trasferire la propria attività. In definitiva, la ricorrente ritiene illegittimo il provvedimento di divieto di esercizio dell’attività di sala giochi bingo impugnato con detto secondo ricorso per motivi aggiunti, sulla base dell’effetto sostanzialmente espulsivo dell’attività svolta che esso avrebbe originato.
L’attività svolta dalla ricorrente alla ricerca di siti “liberi” nel più vasto ambito dei comuni contigui o comunque vicini a Riccione rispetto alla ricerca infra-comunale. Solo che detta attività della ricorrente risulta essersi arrestata subito dopo il diniego opposto dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a tale soluzione, con comportamento della società che, oltre a palesare immediata acquiescenza al diniego, ha utilizzato tale provvedimento allo scopo di dimostrare al Comune di Riccione l’impossibilità di delocalizzare la propria attività anche nei Comuni vicini.
Il Collegio ritiene, tuttavia, che tale mero comportamento acquiescente non dimostri in alcun modo la sussistenza del c.d. effetto espulsivo anche nei riguardi del più ampio ambito territoriale di cui si discute.
l’attività svolta dalla ricorrente alla ricerca di siti “liberi” nel più vasto ambito dei comuni contigui o comunque vicini a Riccione rispetto alla ricerca infra-comunale. Solo che detta attività della ricorrente risulta essersi arrestata subito dopo il diniego opposto dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a tale soluzione, con comportamento della società che, oltre a palesare immediata acquiescenza al diniego, ha utilizzato tale provvedimento allo scopo di dimostrare al Comune di Riccione l’impossibilità di delocalizzare la propria attività anche nei Comuni vicini.
Il Collegio ritiene, tuttavia, che tale mero comportamento acquiescente non dimostri in alcun modo la sussistenza del c.d. effetto espulsivo anche nei riguardi del più ampio ambito territoriale di cui si discute.
Ulteriore documento portato dalla ricorrente a dimostrazione degli innumerevoli tentativi effettuati per delocalizzare la propria attività in altro sito del territorio comunale, è una consulenza tecnica (v. doc. n. 15 della ricorrente) dalla quale emergerebbe, in concreto, l’inesistenza di luoghi “liberi” (nel senso già più volte precisato) all’interno del territorio del Comune di Riccione in cui delocalizzare la sala gioco bingo della ricorrente. Tuttavia, ad un approfondito esame della relazione peritale e dei relativi allegati, il Tribunale rileva che anche tale documento non coglie nel segno riguardo allo specifico scopo perseguito dalla ricorrente, risultando chiaramente dall’allegato 03 A alla citata C.T.P. l’esistenza di diverse zone periferiche del territorio comunale (dal consulente lasciate in bianco nella planimetria) che non sono interessate dalla vicinanza di “luoghi sensibili”, con la conseguenza che, anche dalla suddetta relazione di consulenza tecnica, non risulta dimostrata l’esistenza dell’effetto espulsivo di cui si duole la ricorrente. Su tale precisato punto, concernente l’effetto espulsivo in ambito infra comunale, questa Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi con la recentissima sentenza n. 703 del 2/11/2020, stabilendo, con statuizione dalla quale il Collegio non ha in questa sede motivo alcuno di discostarsi, che il suddetto “effetto espulsivo” non si determina, laddove risulti confermata l’esistenza di aree all’uopo idonee, anche se di superficie pari ad una minuscola porzione di territorio superstite (nella causa citata- ricorda lo stesso giudice – l’area “libera” era di mq. 0,39 corrispondente allo 0,28% della superficie del territorio comunale).
PressGiochi
Fonte immagine: Foto HippoBingo Cesena
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