24 Novembre 2024 - 07:47

Osservatorio partite Iva: nel 2020 sono 469 le nuove attività nel settore gaming (-44%)

Nel complesso dell’anno 2020, sono in tutto 496 le nuove partite Iva nate nel settore lotterie, scommesse e gioco. Pensare che nel 2019 erano 829 (-44%) e già lo scorso anno si segnalava un calo del 37% rispetto agli ultimi quattro anni. Segno inevitabile della crisi del settore amplificata dalla pandemia del Covid.

11 Febbraio 2021

Nel corso del 2020 sono state aperte circa 464.700 nuove partite Iva ed in confronto all’anno precedente si è registrata una consistente diminuzione (-14,8%), effetto dell’emergenza sanitaria in corso.

 

Sono state 60 a ottobre, 24 a novembre e 28 a dicembre, le nuove attività connesse al settore delle lotterie, scommesse e case da gioco che hanno preso il via in Italia nel terzo trimestre. Se ottobre segnava un -25% rispetto a ottobre 2019, novembre ha registrato il -65% e dicembre il -44% rispettivamente rispetto al 2019.

Nel complesso, nel quarto trimestre 2020 sono state aperte 112 nuove partite Iva nel settore gaming.

Nel complesso dell’anno 2020, sono in tutto 496 le nuove partite Iva nate nel settore lotterie, scommesse e gioco. Pensare che nel 2019 erano 829 (-44%) e già lo scorso anno si segnalava un calo del 37% rispetto agli ultimi quattro anni. Segno inevitabile della crisi del settore amplificata dalla pandemia del Covid.

 

Guardando a livello più generale, la distribuzione per natura giuridica mostra che il 72,2% delle partite Iva è stato aperto da persone fisiche, il 21% da società di capitali e solo il 3,4% da società di persone. Rispetto al 2019 la flessione di avviamenti è generalizzata: dalle società di persone (-19,5%), alle società di capitali (-16,3%) fino alle persone fisiche (-15,7%). Si nota, inoltre, il forte aumento di partite Iva avviate da soggetti non residenti (+42,9%), connesso alla crescita del settore delle vendite on-line che presentava trend in aumento anche nel 2019.

Riguardo alla ripartizione territoriale, circa il 44% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 21,4% al Centro e il 34,1% al Sud ed Isole; il confronto con l’anno precedente evidenzia che tutte le Regioni mostrano un calo di avviamenti: i maggiori si sono registrati nelle Marche (-19%), in Liguria (-18,7%) e Toscana (-17,6%), il più contenuto in Veneto (-5,3%).

La classificazione per settore produttivo evidenzia che il commercio continua a registrare il maggior numero di aperture di partite Iva (circa il 20% del totale), seguito dalle attività professionali (16,3%) e dall’agricoltura (10,8%). Rispetto al 2019 fra i settori principali solo la sanità risulta in attivo: +9,5%; tutti gli altri comparti accusano consistenti flessioni di aperture: -34,1% per alloggio e ristorazione, -33,5% per attività sportive e d’intrattenimento e -24% per le manifatturiere.

Per quanto riguarda le persone fisiche, la ripartizione per sesso è stabile, con il 62,7% di aperture da parte di soggetti di sesso maschile. Il 48% delle nuove partite IVA è stato avviato da giovani fino a 35 anni ed il 31% da soggetti nella classe 36-50 anni. Il confronto con l’anno precedente mostra un calo di aperture crescente all’aumentare dell’età degli avvianti (dal -10% della classe più giovane al -25,3%% della più anziana). La distribuzione delle nuove aperture di partite IVA sulla base del Paese di nascita evidenzia che il 17,1% degli avvianti è nato all’estero.

Lo scorso anno 215.563 soggetti hanno aderito al regime forfetario, con una flessione del 18% in confronto al 2019; tali adesioni rappresentano il 46,4% del totale delle nuove aperture di partita Iva.

Diversamente dalle pubblicazioni precedenti, in considerazione dell’eccezionalità del 2020 si fa un cenno anche ai dati delle chiusure di partita Iva, che normalmente non vengono esaminati perché non significativi da un punto di vista economico. Nel periodo gennaio-dicembre 2020 risultano 320.435 chiusure, rispetto alle 427.623 riscontrate nel corso del 2019. Pertanto, il dato del

2020, contrariamente all’atteso incremento delle chiusure per effetto della crisi economica generata dalla situazione sanitaria, mostra invece il 25% di chiusure in meno rispetto al 2019.

Questi dati sulle chiusure vanno comunque interpretati con cautela per tre motivi: 1) alcuni contribuenti potrebbero comunicare tardivamente l’avvenuta cessazione di attività nel 2020; 2) il dato del 2019 potrebbe comprendere alcune cessazioni d’ufficio operate dall’Agenzia delle Entrate per non-operatività; 3) spesso il contribuente non ottempera all’obbligo di chiusura della partita Iva al momento della cessazione dell’attività.

 

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