16 Novembre 2024 - 08:55

Camera: Governo esprime parere contrario su l’odg Varchi per la riapertura del camparto divertimento, sale giochi e scommesse

Ottiene l’ok della Camera dei Deputati l’ordine del giorno a firma Maria Caterina Varchi di Fratelli d’Italia che impegna il Governo a valutare l’opportunità di provvedere all’immediata adozione di univoci

13 Maggio 2020

Ottiene l’ok della Camera dei Deputati l’ordine del giorno a firma Maria Caterina Varchi di Fratelli d’Italia che impegna il Governo a valutare l’opportunità di provvedere all’immediata adozione di univoci protocolli di sicurezza per consentire la riapertura dei locali di cinema, teatri, sale da concerto, sale da ballo, discoteche, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, centri culturali, centri sociali e centri ricreativi o altri analoghi luoghi di aggregazione.

L’ODG chiede al Governo di impegnarsi:

allo stanziamento di idonee risorse economiche per garantire:
    a) la sospensione del pagamento delle utenze e dei mutui;
    b) la riduzione dell’IVA dal 22 per cento al 10 per cento;
    c) l’abolizione dell’imposta sugli intrattenimenti (ISI);
    d) l’estinzione del credito per immobili accatastati come categoria D3 e D8;
    e) la sospensione degli sfratti per morosità;
    f) il ripristino dei voucher per il lavoro occasionale.

 


Aggiornamento 16,37: Pur avendo ottenuto il parere favorevole della Sottosegretaria di Stato per la Salute,  Sandra Zampa, con richiesta di riformulazione, il Governo ha in definitiva espresso parere contrario sull’odg. La Camera lo ha quindi respinto.

“Io ritengo che l’ordine del giorno,- ha risposto al Govrno  l’on. Varchi –  che di per sé non ha natura cogente come è noto, implichi già una valutazione di opportunità da parte del Governo, e quindi subordinare il parere favorevole a questo tipo di riformulazione è la più grande ipocrisia che l’attività parlamentare possa tollerare. La più grande ipocrisia, perché il Governo in realtà vuole dire “no”: il Governo semplicemente vuole dire a tutte le imprese del comparto divertimento e cultura che di loro non interessa a nessuno. Il Governo vuole dire a 300 mila lavoratori, vuole dire a tutte queste imprese che non interessa nulla degli sforzi che hanno fatto, non interessa nulla dell’indebitamento cui dovranno far fronte per riaprire, non interessa nulla salvarle dalla disperazione che potrebbe portarle tra le braccia delle cosche: questo il Governo sta dicendo in questo momento, nello stesso istante in cui subordina il parere favorevole a una valutazione di opportunità”.

 

“Il disegno di legge in esame, – si legge nell’odg – in ragione del perdurare dell’emergenza dovuta all’evolversi della situazione epidemiologica conseguente alla diffusione ormai pandemica del virus COVID-19, è diretto a tipizzare in un atto di rango primario, le misure potenzialmente applicabili su tutto il territorio nazionale o su parte di esso, per contenere e contrastare i rischi sanitari conseguenti, per periodi di tempo predeterminati;
 in particolare, la lettera i) del comma 2 conferma la chiusura di cinema, teatri, sale da concerto, sale da ballo, discoteche, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, centri culturali, centri sociali e centri ricreativi o altri analoghi luoghi di aggregazione;
discoteche, bar con musica, ristoranti che offrono spettacolo, ma anche balere, scuole di ballo, locali con musica dal vivo e dj set, un mondo che in altre Nazioni è assimilato al turismo e gode di considerazione, in quanto voce portante dell’economia, in Italia rimane un settore completamente dimenticato, anche in vista della progressiva riapertura;
si tratta di un settore che, a livello nazionale, conta un fatturato annuo di 5,3 miliardi di euro e 90.000 posti di lavoro occupati, con migliaia di famiglie coinvolte;
solo le discoteche in Italia occupano 50.000 lavoratori e producono un fatturato di oltre 3 miliardi di euro e ci sono decine di lavoratori che vivono di stipendi mensili ora azzerati: camerieri, dj, musicisti, addetti alla sicurezza, barman, personale dei locali, ballerini, imprese di spettacolo;
migliaia di persone che non sono state prese in considerazione dalle istituzioni e che sono rimaste prive di tutela, perché non sono lavoratori del settore pubblico, né dipendenti;
come denunciato da Maurizio Pasca, presidente di Silb (associazione che raggruppa gli imprenditori dell’intrattenimento notturno), «La nostra sigla sindacale raggruppa oltre 2.500 imprenditori, gente seria, che nel corso degli anni ha dovuto affrontare una burocrazia soffocante, una tassazione che non ha pari. Noi paghiamo l’iva al 22 per cento mentre per cinema e teatri è al 10; paghiamo oltre all’Irpef, l’ISI, un’imposta sull’intrattenimento (inflitta è il caso di dirlo a chi fa intrattenimento, ovvero con partecipazione attiva del pubblico contrariamente alla concezione di spettacolo che è passiva, ndr), che una direttiva europea ritiene illegittima. In più abbiamo un apparato costosissimo per mantenere la sicurezza e fronteggiamo ogni giorno un atteggiamento mediatico che fa ricadere sulle nostre imprese mali sociali come alcolismo, droga e violenza. Le nostre sono aziende come le altre. Forse ci si dimentica che l’85 per cento delle imprese di questo paese sono pmi ?»;
secondo la Fipe, 50.000 esercizi sono a rischio fallimento, 300.000 posti di lavoro in pericolo”.

 

 

 

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