22 Dicembre 2024 - 14:25

Tassa dei 500 mln: il Tar nega la richiesta di accesso agli atti

Nella giornata di oggi, il Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio si è espresso in merito al ricorso presentata dall’associazione Sapar in merito al diniego opposto dall’Agenzia delle Dogane e

16 Marzo 2020

Nella giornata di oggi, il Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio si è espresso in merito al ricorso presentata dall’associazione Sapar in merito al diniego opposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli all’istanza, presentata in data 27.8.2019, dall’Associazione Nazionale S.A.P.A.R e dalle altre società e ditte proprietarie di apparecchi per gioco lecito per avere accesso ai documenti specificamente indicati in parte motiva, in considerazione della necessità di conoscere i dati relativi ai ricavi di filiera del gioco lecito per l’anno 2015, al fine di quantificare la quota di onere ex art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (tassa dei 500 mln), su di essi gravante, nonché di quella di tutelare in giudizio la loro posizione, a fronte delle pretese dei concessionari, laddove queste si discostassero dai criteri fissati per legge .

 

Come riporta il Tar, respingendo il ricorso: “L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, esclusa l’esistenza di note, provvedimenti o corrispondenza relativi a “criteri e modalità di esazione del prelievo”, non noti alle ricorrenti, ha evidenziato che l’atto di convenzione, che disciplina i rapporti tra il concessionario e l’Agenzia quanto a diritti ed obblighi, riconosce al primo la facoltà di avvalersi di organizzazione propria o di terzi (gestori ed esercenti) nello svolgimento delle attività e delle funzioni affidate in concessione, assumendone in via diretta la responsabilità nei confronti dello Stato.

Ne discende, pertanto, che sono fondamentali, ai fini della ripartizione e quantificazione della quota di onere ex art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, “gli accordi contrattuali all’uopo raggiunti dal concessionario, affidatario unico ed esclusivo dell’esercizio in concessione delle attività e funzioni connesse al gioco mediante apparecchi da intrattenimento, con gestori ed esercenti”.

Ai soggetti terzi (gestori e/o esercenti) sono riconosciute per l’opera prestata delle somme, a titolo di compenso, la cui specifica determinazione è rimessa ad accordi di natura privatistica rispetto ai quali l’Agenzia è estranea. Ai gestori, pertanto, sono noti sia i compensi ricevuti, che le somme giocate sugli apparecchi di pertinenza, così come quelle erogate sotto forma di vincita e versate a titolo di PREU e di canone concessorio, senza che vi sia la necessità di acquisirli tramite l’Agenzia resistente, che per fornirli dovrebbe eseguire sia l’operazione di raccolta di alcuni di essi che non in suo possesso, sia una rielaborazione degli stessi onde ottenere un risultato scorporato in ragione di ciascun concessionario.

Ne discende che l’Agenzia resistente nel provvedimento gravato ha legittimamente ritenuto che “le certificazioni” relative agli anni 2014 e 2015 distinte per singolo concessionario non siano indispensabili per “quantificare la quota di onere ex art. 1, comma 649, l.n. 190 del 2014, gravante sugli istanti”, giacché il gestore/esercente può agevolmente enucleare i dati richiesti sulla base degli accordi conclusi con il singolo concessionario e della reportistica contabile che quest’ultimo è obbligato a mettere a disposizione di ogni soggetto contrattualizzato e che riporta – in relazione a un determinato periodo temporale – i dati afferenti all’importo complessivo della raccolta, alle vincite erogate, al compenso da trattenere (sulla base degli accordi contrattuali raggiunti), nonché l’importo netto da versare al concessionario, comprensivo di quello dovuto a titolo di PREU e dell’importo pari allo 0,8 % delle somme giocate (quest’ultimo comprensivo, a sua volta, del canone di concessione, 0,3% e del deposito cauzionale 0,5%).

Merita, inoltre, di essere evidenziato che non spetta al giudice amministrativo valutare la plausibilità della prospettazione di parte ricorrente in ordine al criterio genuinamente proporzionale da applicare ai fini della ripartizione dell’onere di stabilità tra gli operatori di filiera, ai sensi della legge n. 208/2015.

L’individuazione del criterio di ripartizione del c.d. onere di stabilità, con particolare riferimento al diverso modo di concepire tale onere da parte dei concessionari e dei gestori è thema decidendum del giudizio civile, già definito con una sentenza di primo grado dal Tribunale di Roma e attualmente pendente dinnanzi alla Corte d’Appello.

Orbene, siccome non è contestato che oggetto del suddetto giudizio civile è l’interpretazione del combinato disposto dell’art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 e dell’art. 1, comma 921, della legge n. 208/2015, è altrettanto incontrovertibile che i documenti oggetto dell’accesso non sono funzionali alla decisione che dovrà essere assunta dalla Corte d’Appello e che, come sostenuto da tutte le parti nelle diverse memorie difensive, è di natura squisitamente giuridica.

Del resto le stesse ricorrenti affermano che i predetti dati saranno rilevanti laddove Corte di Appello dovesse dichiarare che il metodo da seguire per la ripartizione dell’onere derivante dalla legge di Stabilità del 2015 è quello sostenuto dai gestori e non quello attualmente posto in essere dai concessionari”.

 

 

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