Ventinove indagati nell’inchiesta antimafia sfociata il 22 gennaio nell’arresto di dieci persone e un sequestro di beni per 7 milioni di euro eseguiti dai finanzieri del Gico di Lecce. Il
Ventinove indagati nell’inchiesta antimafia sfociata il 22 gennaio nell’arresto di dieci persone e un sequestro di beni per 7 milioni di euro eseguiti dai finanzieri del Gico di Lecce.
Il pubblico ministero della Dda di Lecce Carmen Ruggiero ha fatto notificare un avviso di chiusa inchiesta per i presunti componenti dell’organizzazione criminale legata al clan “Coluccia” e ad alcune frange brindisine della Sacra Corona Unita, capace di imporre con metodi mafiosi l’avvio, la gestione e il controllo del mercato del gaming e del gioco d’azzardo legale ed illegale nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto.
L’operazione, ribattezzata “Dirty Slot”, ha consentito di scoperchiare un vorticoso giro d’affari nel settore delle famigerate slot machine, dei videopoker e nella raccolta di scommesse per eventi sportivi, fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker stranieri.
Le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, ai 29 indagati sono quelle di associazione per delinquere di tipo mafioso, frode informatica, esercizio di giochi d’azzardo ed esercizio abusivo di giochi e scommesse aggravati dal metodo mafioso, illecita concorrenza con minaccia o violenza e trasferimento fraudolento di valori.
Il lavoro delle Fiamme Gialle avrebbe accertato come gli indagati utilizzassero intimidazioni per imporre la propria posizione di monopolio nello specifico settore, notoriamente di interesse delle mafie, non solo nel Salento ma anche in altre parti d’Italia. Numerosissimi gestori di bar, ristoranti e sale da gioco sarebbero stati costretti ad installare oltre 400 slot machines e videopoker di proprietà delle società degli imprenditori arrestati, patendo – in caso contrario – minacce, attentati e ritorsioni, in alcuni casi, anche fisiche, da parte degli uomini del clan.
Grazie anche all’ausilio delle intercettazioni, dei pedinamenti e delle analisi di centinaia di conti bancari, anche esteri, sarebbe emersa l’egemonia degli indagati tra Galatina e paesi limitrofi, in diverse aree del Salento oltreché fuori Regione ed un business di milioni di euro legato alle scommesse sportive a quota fissa, ma illegali perché collegate a network esteri ed al gioco d’azzardo anche attraverso slot machine “taroccate”, cioè appositamente manomesse per interrompere i flussi telematici di comunicazione ai Monopoli di Stato, sottraendo ingenti guadagni all’imposizione dovuta allo Stato sull’ammontare delle giocate realizzate dai singoli dispositivi elettronici.
Le indagini dei finanzieri, inoltre, hanno consentito di valorizzare e confermare le dichiarazioni da tempo rese da diversi collaboratori di giustizia, che hanno indicato gli odierni indagati come punto di riferimento della Sacra Corona Unita nella gestione del sistema dei giochi e scommesse nel Salento. Durante le indagini i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce hanno effettuato sequestri di apparecchiature elettroniche e svolto una verifica fiscale nei confronti della principale società degli indagati, rilevando un’enorme evasione fiscale ai fini delle imposte dirette di circa 2,5 milioni di euro e di oltre 15 milioni di euro ai fini dell’Iva, grazie anche alla scoperta di documentazione extra-contabile in formato digitale rinvenuta negli hard disk della società, minuziosamente ricostruita dai militari salentini. Sotto sequestro finì anche un ingente patrimonio mobiliare e immobiliare composto da fabbricati, terreni, autovetture, società, ditte individuali, polizze assicurative e conti correnti presso vari istituti di credito per oltre sette milioni di euro.
PressGiochi
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