25 Novembre 2024 - 00:57

Les liaisons dangereues. Di Stefano Sbordoni

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 83/15, ha dichiarato illegittima la maxi tassa sulle sigarette elettroniche. Questo perché, se da un lato è giustificabile una forte tassazione nei confronti

22 Maggio 2015

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 83/15, ha dichiarato illegittima la maxi tassa sulle sigarette elettroniche. Questo perché, se da un lato è giustificabile una forte tassazione nei confronti di beni gravemente nocivi per la salute, non è altrettanto ragionevole estendere lo stesso trattamento fiscale a prodotti, invece, che tendono a contrastare l’uso della nicotina e idonei a sostituire il consumo di tabacco. Viene così tagliato – scrive l’avv. Stefano Sbordoni – definitivamente il prelievo del 58,5% sulle sigarette elettroniche i dispositivi e le parti di ricambio, introdotto nell’estate del 2013 dall’allora esecutivo. A tal proposito evidenzia il Giudice delle Leggi se da un lato è vero che in materia tributaria lo Stato ha ampia discrezionalità e può stabilire le modalità di tassazione, tuttavia anche tale libertà deve trovare un limite nel cosiddetto principio di ragionevolezza che è uno dei cardini della Costituzione (id est art. 3 della Carta Costituzionale).

Al di là delle considerazioni di natura squisitamente giuridica riguardo la sentenza richiamata, viene spontaneo chiedersi che cosa è successo al settore delle sigarette elettroniche dopo due anni in cui ha dovuto subire una tassazione che secondo la Corte Costituzionale è illegittima. La risposta è semplice: tutti i negozi che erano stati aperti nel giro di pochi mesi, prima dell’avvento della maxi tassa, sono chiusi ed il settore, come era prevedibile è entrato irrimediabilmente in crisi.

Sono stati sufficienti pochi mesi per veder andati persi gli investimenti che erano stati effettuati dagli imprenditori che non avevano certamente potuto prevedere che sarebbe stata introdotta una tassazione al 58,5%. Non si può non fare riferimento a quanto sta accadendo nel settore dei giochi a causa dell’intervento del Legislatore con la Legge di Stabilità 2015 e delle normative delle varie Regioni, tra cui spicca la Lombardia. Le Regioni stanno facendo a gara a chi promulga una legge più restrittiva. Se si uniscono questi due pericolosissimi elementi il cocktail diventa esplosivo.

Ed infatti il c.d. onere di Stabilità 2015 a carico di tutti gli operatori della filiera del comparto degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, come è noto, non ha ottenuto successo al Tar Lazio e neanche al Consiglio di Stato. Bisogna attendere il 1 luglio 2015, data di fissazione dell’udienza di merito, per verificare se il Collegio rimetterà gli atti alla Corte Costituzionale, rilevando dei profili di incostituzionalità della Legge, e poi attendere i tempi della Corte. E forse solo nel prossimo anno si potrebbe conoscere l’eventuale opinione della Corte Costituzionale; intanto però le aziende che non riescono a far fronte all’onere stanno valutando di chiudere definitivamente le proprie imprese, con tutte le conseguenze del caso anche in ordine all’occupazione.

L’altro ingrediente del cocktail esplosivo, non meno importante, è la normativa portata avanti dal governo del Territorio, Regione Lombardia, in testa. Ed infatti con la Legge regionale 6 maggio 2015 – n. 11
 sono state apportate delle sostanziali modifiche alla legge regionale 21 ottobre 2013, n. 8 (Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico), alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e alla legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6 (Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere). Il Legislatore lombardo, di fatto, ha introdotto, in spregio ai principi costituzionali che ritengono inviolabile la libertà d’iniziativa economica, delle ulteriori restrizioni per le attività connesse alla commercializzazione del gioco pubblico, occupandosi questa volta non solo degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento.

Con la Legge regionale del 2013 era previsto il divieto di installazione di nuovi apparecchi da divertimento; con la novella si considerano nuove installazioni altresì:

  1. a)  il rinnovo del contratto stipulato tra esercente e concessionario per l’utilizzo degli apparecchi;
  2. b)  la stipulazione di un nuovo contratto, anche con un differente concessionario, nel caso di rescissione o risoluzione del contratto in essere;
  3. c)  l’installazione dell’apparecchio in altro locale in caso di trasferimento della sede dell’attività.

Il Governo centrale dovrebbe capire che con queste nuove regole particolarmente restrittive introdotte dalla Regione Lombardia nessun operatore della filiera sarà in grado di pagare l’onere di Stabilità, che viene prodotto e generato dagli apparecchi installati lecitamente su tutto il territorio nazionale.

Ed ancora, nella Legge Regionale in esame viene altresì stabilito che “gli interventi edilizi di cui all’articolo 27 finalizzati alla realizzazione o all’ampliamento di sale giochi, sale scommesse e sale bingo sono subordinati a permesso di costruire. Ai fini del rilascio del permesso di costruire, il comune, (…….) provvede alla verifica del limite della distanza da luoghi sensibili previsto dall’articolo 5, comma 1, della legge regionale 21 ottobre 2013, n. 8 (Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico)”. Sembrerebbero leggi di guerra, se non dovessimo pensare che ciò è impossibile. Eppure…

Che un Comune possa avocare a se un tale potere, significa che in altri casi di simili “guerre” – magari dettate da ragioni politiche – potrebbe succedere di tutto, senza certezze del diritto e con buona pace sia di diritti soggettivi che di interessi legittimi. E chissà se questa tanto, troppo citata delega, che si aspetta (forse) oramai per fine luglio, possa mettere un po’ di ordine, soprattutto nelle politiche dittatoriali messe in atto dai governi del Territorio.

PressGiochi

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