La fissazione del “tetto” al 31 dicembre 2016 implica che ciascun gestore debba detenere, al 31 dicembre 2017 e al 30 aprile 2018, una quantità di NOE non superiore rispetto
La fissazione del “tetto” al 31 dicembre 2016 implica che ciascun gestore debba detenere, al 31 dicembre 2017 e al 30 aprile 2018, una quantità di NOE non superiore rispetto a quella determinata applicando ai nulla osta a esso riferibili al 31 dicembre 2016 le previste percentuali di riduzione. Da ciò consegue che le dismissioni di NOE avvenute a partire dal 1° gennaio 2017 non possono che imputarsi alla riduzione complessiva dovuta da parte di ciascun concessionario.
Inoltre, il rapporto con i gestori è intrattenuto direttamente dai concessionari e l’Amministrazione non può dettare prescrizioni vincolanti al riguardo, pena un’inammissibile violazione della libertà di iniziativa economica privata. Spetta, pertanto, ai concessionari ripartire equamente l’onere della riduzione sulle loro controparti contrattuali.
Con queste parole, il tribunale amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso promosso dall’associazione Sapar contro la riduzione dei nulla osta delle Awp e il modus operandi di riduzione attuato dai concessionari.
Come si legge nella sentenza del Tar Lazio: “i rapporti tra gestori e concessionari sarebbero regolati da sub-contratti elaborati sulla base dello schema di convenzione posto alla base della gara per l’aggiudicazione delle concessioni dei giochi, il quale non contemplerebbe la riduzione del numero degli apparecchi…
deve tuttavia osservarsi che la controparte dell’Amministrazione, nella filiera del gioco, è costituita dal concessionario, il quale deve assicurare l’adempimento degli obblighi su di esso gravanti anche a cura dei segmenti “a valle” della stessa filiera.
… la circostanza che, come detto, la misura riduttiva prevista dalla legge non possa essere ritenuta manifestamente arbitraria o irragionevole comporta la necessità anche per i gestori di sostenerne le ricadute, senza che sia consentito all’Agenzia ingerirsi nei rapporti tra tali soggetti e i concessionari. Deve, semmai, aggiungersi che spetta proprio ai concessionari, quali titolari di un munus pubblico, il compito di assumere misure idonee ad assicurare l’esecuzione della riduzione e l’equa ripartizione degli apparecchi da dismettere tra i gestori.
La fissazione del “tetto” al 31 dicembre 2016 implica, infatti, che ciascun gestore debba detenere, al 31 dicembre 2017 e al 30 aprile 2018, una quantità di NOE non superiore rispetto a quella determinata applicando ai nulla osta a esso riferibili al 31 dicembre 2016 le previste percentuali di riduzione. Da ciò consegue che le dismissioni di NOE avvenute a partire dal 1° gennaio 2017 – ossia a far data dal momento di avvio del processo di riduzione – non possono che imputarsi alla riduzione complessiva dovuta da parte di ciascun concessionario”.
Quindi, “il rapporto con i gestori è intrattenuto direttamente dai concessionari e l’Amministrazione non avrebbe, perciò, potuto dettare prescrizioni vincolanti al riguardo, pena un’inammissibile violazione della libertà di iniziativa economica privata.
Spetta, pertanto, ai concessionari ripartire equamente l’onere della riduzione sulle loro controparti contrattuali.
D’altro canto, il legislatore ha comunque fornito un possibile criterio orientativo delle scelte degli operatori, laddove ha indicato le modalità che l’Agenzia dovrà seguire per la revoca dei nulla osta, in caso di mancato spontaneo adeguamento da parte dei concessionari.
Il comma 3 dell’articolo 6-bis del decreto legge n. 50 del 2017 stabilisce infatti che, ai fini della revoca, la selezione dei NOE da eliminare debba essere attuata “secondo criteri di proporzionalità in relazione alla distribuzione territoriale regionale, sulla base della redditività degli apparecchi registrata in ciascuna regione nei dodici mesi precedenti”.
Giusto partire dalle slot machine – Non può, poi, ritenersi manifestamente irragionevole – spiega il Tar – che la riduzione sia stata prevista a partire da uno specifico segmento dell’offerta di gioco, considerato che la particolare pericolosità, ai fini del rischio di determinare forme di dipendenza patologica, del gioco raccolto mediante apparecchi da intrattenimento è stata più volte affermata dalla giurisprudenza.
Il parere della Corte Costituzionale – La Corte ( Costituzionale) ha chiarito che “il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova sì copertura costituzionale nell’art. 3 Cost., ma non già in termini assoluti e inderogabili”. E ciò in quanto – tra l’altro – “interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l’unico limite della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti. (…)
A maggior ragione ciò vale per rapporti di concessione di servizio pubblico, come quelli investiti dalle norme censurate, nei quali, alle menzionate condizioni, la possibilità di un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie è da considerare in qualche modo connaturata al rapporto fin dal suo instaurarsi. E ancor più, si può aggiungere, ciò deve essere vero, allorché si verta in un ambito così delicato come quello dei giochi pubblici, nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore.”.
La Corte “ha costantemente negato che sia «configurabile una lesione della libertà d’iniziativa economica allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all’utilità sociale», oltre, ovviamente, alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana, ai sensi dell’art. 41, secondo comma, Cost., purché, per un verso, l’individuazione dell’utilità sociale «non appaia arbitraria» e, «per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue”.
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