18 Novembre 2024 - 07:28

Endrizzi (M5s): “Niente decreto, ma la legge di Bilancio scarica la palla giochi alle Regioni”

“In questa legge di bilancio – afferma al Senato Giovanni Endrizzi del M5S – il Governo esce allo scoperto in difesa delle multinazionali dell’azzardo. Non bastava il rinnovo senza gara

01 Dicembre 2017

“In questa legge di bilancio – afferma al Senato Giovanni Endrizzi del M5S – il Governo esce allo scoperto in difesa delle multinazionali dell’azzardo. Non bastava il rinnovo senza gara della concessione del gratta e vinci nel decreto-legge fiscale. Ricordo che quel rinnovo senza gara contrasta con i principi delle nostre normative sui contratti pubblici, contrasta con le disposizioni europee in materia di concorrenza, perché senza gara viene rinnovata una concessione, di fatto monopolistica, quando era prevista la possibile assegnazione a quattro soggetti diversi. Rinunciando ad una gara, il Governo si rende responsabile di un possibile danno erariale. Ma c’è un valore più ampio da tutelare: la trasparenza su una materia sensibile sia sul piano sociale che finanziario.

 

Stiamo parlando del gratta e vinci, gli innocui gratta e vinci; sono azzardo a bassa latenza, cioè ad alto potere di dare dipendenza, perché tra la puntata e l’esito passano pochi secondi e si genera così una alternanza di fasi emotive che risucchiano nella coazione a ripetere. Ma lo sapete che i gratta e vinci sono tra i primi azzardi praticati dai giovanissimi, di undici o dodici anni? Sono proposti a chi vuol esser miliardario, o turista per sempre o a chi vuol vincere casa: ma che messaggi vengono veicolati ai giovani? E poi ci sono gli anziani: sapete quanti si svenano con i gratta e vinci? In questa Aula qualcuno sa che sono stati messi in vendita apparecchi appositi per grattare automaticamente i tagliandi? Ognuno di voi, se nella vita reale apre gli occhi, dentro un punto vendita può vederle queste cose. E su questo disastro sociale si offre un affare miliardario per Lottomatica, una società che ha trasferito all’estero la sua sede ma è stata molto generosa con i partiti italiani.

 

Non bastava tutto ciò; il Governo in questa legge di bilancio concede il bis e mette nel mirino le leggi regionali e i regolamenti comunali, come quelli di Torino e Roma, che vietano l’offerta di azzardo vicino a chiese, scuole, luoghi sensibili. Sappiamo infatti che la facile accessibilità, direttamente nei luoghi di vita e aggregazione, facilita il precoce inizio dell’azzardo: ce lo troviamo sotto il naso ovunque. E iniziare precocemente significa aumentare il rischio di dipendenza e in forme mediamente più gravi. L’esplosione dell’azzardo di massa è andata di pari passo con la liberalizzazione selvaggia; e con questa sono aumentati gli affari anche per le mafie. Queste norme contrastano questi fenomeni, si sono rivelate efficaci nel proteggere la popolazione e perciò sono invise alle concessionarie del settore, malgrado tutelino i cittadini.

 

Mesi fa il sottosegretario Baretta – prosegue Endrizzi – contestò che se allontaniamo l’azzardo da chiese e scuole, c’è il rischio che si formino delle isole di azzardo, dei quartieri a luci rosse. Proprio così. È lui stesso quindi ad accostare l’azzardo alla prostituzione e al degrado. Sia dunque coerente e lo ammetta: almeno vicino a scuole, chiese e luoghi frequentati da fasce deboli l’azzardo non ci può stare. Invece no: in legge di bilancio, all’articolo 90, il Governo afferma che la necessità di svolgere le gare per le nuove concessioni sulle scommesse (dunque, c’è scritto anche qui che le gare bisogna farle), va prima contemperata con un corretto assetto distributivo dell’azzardo. E allora che fa? Proroga le concessioni in essere e obbliga le Regioni ad adeguare le proprie leggi sulla dislocazione dei punti di azzardo, secondo l’intesa raggiunta il 7 settembre in Conferenza unificata. E le Regioni come dovrebbero adeguare le proprie leggi? Questo non è per niente chiaro.

 

Il punto 5 dell’accordo prevede una clausola di salvaguardia in materia di prevenzione e contenimento dell’azzardo, riferita però ad alcune specifiche azioni di contrasto: le Regioni che hanno leggi più restrittive in questo campo potranno mantenerle. Anche le altre potranno adottare misure più efficaci, se necessario. Ma – appunto – la clausola si trova al punto 5; le distanze minime da scuole, chiese e luoghi sensibili sono trattate invece, separatamente, al punto 2, dove nessuna salvaguardia è prevista. Anzi, è stato inserito un principio assurdo: Regioni ed enti locali «nel tutelare la salute» debbono tenere conto degli investimenti privati e non possono, con leggi e piani urbanistici, determinare zone libere dall’azzardo.

 

Inspiegabile è la leggerezza nell’accettare questo pasticcio da parte di Regioni come Puglia, ma soprattutto Veneto e Lombardia, che, mentre chiedevano maggiore autonomia con un referendum, mettevano a repentaglio quella che già avevano. A quel punto, siglato l’accordo, tutto dipendeva da come il Governo avrebbe dato attuazione all’accordo stesso nel decreto ministeriale annunciato per fine ottobre. Sì, perché la legge di bilancio 2016, quella di due anni fa, prevedeva che l’accordo Stato-Regioni sarebbe stato attuato con un decreto ministeriale, da sottoporre al parere delle Commissioni parlamentari: un calvario, se il Ministro avesse forzato il testo contro le Regioni, dando adito a un’interpretazione più restrittiva; diversamente, rispettando le leggi regionali, si sarebbe esposto ad azioni da parte delle lobby, che prevedibilmente avrebbero preteso una diversa interpretazione di quell’accordo.

 

Eravamo tutti in suspense ad attendere questo decreto, ma le vere intenzioni di Baretta erano puntualmente affiorate, con malcelata soddisfazione, subito dopo la firma dell’accordo: «Ora le Regioni non potranno più chiudere punti gioco» ha detto «ma solo decidere dove collocare quelli previsti».

 

Ed ecco che, al posto del decreto, arriva la legge di bilancio; l’articolo 90 chiarisce definitivamente da che parte sta il Governo: lo confermano le velate minacce rilasciate pochi giorni fa di imputare alle Regioni un danno erariale qualora non depotenziassero le norme anti azzardo. Il danno erariale vale per le Regioni e non vale quando un Governo assegna una gara miliardaria brevi manu.

 

Ma perché non è arrivato il decreto? Perché, appunto, si trovava tra due fuochi e poi per un altro aspetto, molto più concreto. L’accordo stipulato il 7 settembre conteneva una lunga serie di previsioni, tra le quali alcune senz’altro virtuose e sgradite alle concessionarie; con questo articolo, il Governo lascia cadere nel vuoto le belle promesse e sul resto cerca di scaricare la palla alle Regioni. E, poiché la scadenza delle concessioni incombeva, ha cercato di divincolarsi dalla matassa che ha creato: le convenzioni non si rinnovano finché le Regioni non si adeguano, ma nel frattempo i concessionari possono continuare a lavorare indisturbati, pagando un obolo.

 

Dopo mesi e mesi di ben altri proclami, sul voler tutelare la salute, sull’aver compreso gli errori fatti in questi lunghi anni, di continui favori alle lobby, di continua liberalizzazione ed espansione di un mercato che ha raggiunto i 96 miliardi di euro, dopo le belle dichiarazioni sul voler limitare la pubblicità dell’azzardo che volevano mostrarci un Governo sensibile, qui non solo è caduta la maschera, ma è caduta la faccia del Governo.

 

Il Sottosegretario – conclude il pentastellato – dovrebbe prenderne atto e il Governo, che ha presentato in questo disegno di legge una norma tanto sconcia, dovrebbe fare altrettanto”.

 

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