Se il disturbo da gioco d’azzardo è un fenomeno che non può essere negato, esternalità negativa prodotta dall’ormai eccessivo allargamento dell’industria del gambling nazionale, allora è giusto che il Governo
Se il disturbo da gioco d’azzardo è un fenomeno che non può essere negato, esternalità negativa prodotta dall’ormai eccessivo allargamento dell’industria del gambling nazionale, allora è giusto che il Governo intervenga a regolamentare il settore, anche in maniera importante, ma che lo faccia partendo dalle evidenze scientifiche prodotte dagli studi accreditati in materia, come quelle del Rapporto ESPAD®Italia 2016 condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa.
Solo partendo dalla scienza potremo avere dei risultati in termini di reale contrasto al GAP.
In questi ultimi mesi, l’Esecutivo sta realizzando degli interventi al mercato giochi che, più che essere legittimati dall’urgenza di dare una risposta a tutti quei cittadini che affrontano il problema della ludopatia, sembrano esser dettati, ancora una volta, dalla ricerca affannosa di nuovi introiti statali e da pressioni politiche. Tanto che le misure introdotte, sembrano poco aver a che fare con la reale volontà di prevenzione al gioco e l’effettiva tutela della popolazione.
Per ogni studioso o psicoterapeuta che affronta questa dipendenza la parola d’ordine è prevenzione, unita a quella di informazione e sensibilizzazione.
Ma il Governo nell’ultima manovra ha dato il via a: 1) aumento del preu degli apparecchi 2) aumento della tassa della fortuna. Che c’entreranno con la prevenzione al gioco… ?
Sotto la pressione degli enti locali, per dare una prova della propria determinazione nel timore che l’accordo in Conferenza Stato Regioni non si concludesse, poi l’Esecutivo ha introdotto il taglio, senza mezzi termini e con poca coordinazione rispetto al progetto di introduzione delle AWP-R già previsto, del 30-34% delle slot machine.
Nella proposta in Conferenza unificata – invece – tre sono i principali filoni individuati:
– riduzione dell’offerta di gioco;
– innalzamento del livello qualitativo dei punti gioco;
– definizione di un sistema di regole in materia di distanze, orari e di controlli.
Posto che, in un Paese che ti mette il mondo a portata di mano con i voli per l’America accessibili a soli 179 euro, l’introduzione di distanze che siano di 50, 150 o 500 metri rappresentano un ostacolo facilmente superabile per chi ha l’intenzione metodica di giocare, in tutto ciò, poco si parla di prevenzione, sensibilizzazione e comunicazione dei rischi del gioco, se non per l’unico aspetto, quello della qualificazione delle sale giochi del personale addetto, sale che tra l’altro dovrebbero già rispettare alcuni parametri previsti come il divieto di accesso ai minori.
La messa a disposizione in Stabilità di 50 milioni di euro per il contrasto al gioco d’azzardo patologico , inoltre, non ha fatto altro che scatenare una guerra tra le varie associazioni attive per l’assegnazione dei fondi. Dati certi, sulla diffusione del fenomeno a livello nazionale ancora non si hanno.
Si hanno però studi degni di accreditamento, che ci indicano quali sono le principali direttive da seguire per ridurre il fenomeno. Lo studio ESPAD®Italia 2016 condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa ci conferma come le azioni di prevenzione sul gioco d’azzardo si leghino al calo del numero di giovani giocatori.
La Prevenzione si conferma quindi strumento principale all’eccesso di questo tipo di attività.
Come riporta un claim del Ministero della Salute, “L’unica vera protezione è la Prevenzione”, e anche in questo caso è proprio vero.
La Dottoressa Sabrina Molinaro (nella foto), che ha coordinato il progetto, anche quest’anno evidenzia come siano le iniziative di prevenzione, informazione e educazione sui rischi a rappresentare un elemento fondamentale nel ridurre la diffusione del gioco d’azzardo tra i più giovani, e la necessità di concentrarsi sulla diffusione di iniziative di educazione sui rischi correlati al gioco, soprattutto tra i minori. Occorre inoltre, secondo la ricercatrice, aumentare il monitoraggio sul gioco online.
“I dati forniti dal progetto ESPAD®Italia 2016, condotto dal Reparto di epidemiologia e ricerca sui servizi sanitari del CNR IFC-CNR che coordino, – ci ha spiegato Sabrina Molinaro, in una intervista rilasciata a PressGiochi – ci dicono che i giochi più diffusi tra gli studenti maschi giocatori sono principalmente le scommesse su eventi sportivi (67% degli studenti), Gratta&Vinci (61%), Totocalcio e Totogol (42%). Tuttavia, sono piuttosto comuni anche il Bingo e la Tombola (35%), i giochi a carte in cui si puntano soldi (29,5%), e il Poker Texano (25%). Tra le studentesse i giochi preferiti sono piuttosto quelli non strategici, come Gratta&Vinci (78% delle studentesse)e Bingo e Tombola (46,5%). Per entrambi i generi sono poi abbastanza diffusi Lotto e Superenalotto (entrambe preferiti da un 20% degli studenti).
-Che percentuale raccoglie la diffusione tra i ragazzi di slot machine / Vlt?
Per quanto riguarda le New Slot Machine/VLT, sono circa il 25% degli studenti a giocarci. Tuttavia sembra che questa forma di gioco sia diffusa soprattutto tra i ragazzi che non tra le ragazze (20% dei maschi contro 7,5% delle femmine).
-Quali sono i giochi più predisposti, per l’utilizzo che ne fanno i giovani, a provocare problemi di dipendenza?
Quello che noi possiamo osservare da quanto ci dicono i nostri dati, è che tra gli studenti che presentano un profilo a rischio, o comunque problematico, la tipologia di gioco più diffusa sono le scommesse, in particolare quelle sportive (a cui gioca l’82,5% dei giocatori problematici).
Sono molto diffusi anche i Gratta&Vinci, Totocalcio e Totogol, Bingo e Tombola e i giochi a carte. Tuttavia, più del 50% di queste due tipologie di giocatori gioca anche alle New Slot/VLT.
-Come evidenza il rapporto, il gioco tra i minorenni è illegale, tuttavia sono molti i giovani che non hanno problemi ad accedervi. Secondo Lei quali sono i giochi in cui sono più basse le barriere di accesso e quali i luoghi più a rischio?
In generale, i contesti di gioco maggiormente frequentati dai giocatori, e quindi presumibilmente con più basse barriere d’accesso, sono, coerentemente con le tipologie di gioco praticate, bar/tabacchi (36,5%) e le sale scommesse (28,5%). Tuttavia i ragazzi che giocano lo fanno anche a casa propria o di amici (37%) o nelle sale giochi (11%), e via web (19,5%). Se restringiamo l’obiettivo sui minorenni tuttavia, nonostante il divieto di gioco non vediamo una netta differenza, soprattutto per quanto riguarda i luoghi pubblici e il web. Tra i giocatori minorenni infatti, esempio il 32,5% gioca in bar e tabacchi e il 26% nelle sale scommesse.
-Per quanto riguarda il gioco online, i programmi di identificazione riescono a disincentivare il gioco tra i ragazzi?
Per quanto riguarda il gioco on-line, sappiamo che circa il 19,5% dei ragazzi di 15-19 anni che gioca lo fa via web. Tuttavia, questa percentuale non diminuisce molto tra i minorenni: infatti il 19% dei ragazzi tra i 15 e i 17 anni che gioca sceglie proprio questa modalità, nonostante i programmi di identificazione.
-Quali sono, secondo Lei, gli strumenti che potrebbero riscuotere successo nel ridurre il gioco tra i minori?
Sicuramente, in ambito scientifico c’è un consenso condiviso sul fatto che bisogna concentrarsi sulla diffusione di iniziative di educazione sui rischi correlati al gioco, soprattutto tra i minori. I dati ci mostrano, infatti, quanto il gioco sia diffuso anche in questa fascia di popolazione, alla quale tuttavia dovrebbe essere proibito. Il divieto di gioco imposto ai minori è una misura importante nel limitare le possibilità di accesso al gioco, tuttavia bisogna tener conto tanto della difficoltà che si incontrano nel far rispettare questa misura quanto delle molteplici e sempre crescenti possibilità di gioco on-line alle quali i ragazzi sono esposti ed hanno di fatto accesso. In questo caso, il monitoraggio, anche se possibile e dovuto, è ovviamente più complesso. E’ anche per questo che è importante puntare sulla prevenzione. Infatti, le evidenze scientifiche confermano come informazione e educazione sui rischi giochino un ruolo fondamentale nel ridurre la diffusione del gioco d’azzardo tra i più giovani. Fornendo infatti indicazioni ed esempi concreti si contribuisce alla crescita della consapevolezza, e dunque di una cultura di prevenzione, la cui efficacia trova ampio riscontro empirico.
-Perché sono proprio i giochi più praticati, come i grattini, ad esser considerati meno pericolosi?
Beh, secondo quanto ci dicono coloro che si occupano di prevenzione, le principali criticità legate ai Gratta e Vinci sono proprio attribuibili alla percezione erronea che si è diffusa nel corso del tempo, e in questo attribuiscono un ruolo fondamentale alla pubblicità. Quello che sottolineano gli esperti, è infatti che la percezione più pericolosa rispetto ai cosiddetti “grattini” sia proprio quella che vediamo spesso promossa sui media, ovvero che la “vincita che ti cambia la vita” sia a portata di mano, percezione amplificata dalla crisi economica. In questo senso viene sottolineano quanto sia importante ripensare proprio il concetto di vincita. Spesso, infatti, se va bene si tratta solo di un recupero di quanto investito per giocare. Inoltre, gli esperti evidenziano come tra i motivi per cui i grattini sono spesso considerati meno pericolosi ci sia proprio il basso importo che puo’ essere giocato. In generale dunque le criticità che vengono evidenziate sono legate alla “normalizzazione” del gioco, che insieme alla velocità della giocata e alla facile accessibilità diventano elementi molto importanti nella diffusione delle forme di gioco problematiche, anche tra i più giovani.
-La percezione che hanno i giovani sul pericolo del gioco è cresciuta negli anni e corrisponde effettivamente al reale pericolo rappresentato dai vari tipi di giochi?
Ad esempio, proprio in riferimento ai cosiddetti “grattini” la percezione del rischio è piuttosto bassa rispetto poi alla diffusione reale del gioco, anche nelle sue forme più problematiche. Anche rispetto alle altre tipologie di gioco più “pericolose” la percezione del rischio che osserviamo tra i ragazzi è molto inferiore.
-Da cosa deriva – secondo il Cnr – la riduzione del numero di giocatori nell’ultimo anno?
Credo che questo sia legato ad una maggiore conoscenza del fenomeno e dunque ad una più grande sensibilità rispetto alla problematiche che ne derivano. Se permane la necessità di controllo e monitoraggio, le tendenze in diminuzione che osserviamo relativamente agli studenti dimostrano proprio l’efficacia delle azioni preventive attivate.
-A livello di prevenzione, quali sono le politiche che secondo Lei hanno sortito i maggiori effetti? E quanto conta ancora l’ambito e l’educazione famigliare in percentuale ad avvicinare un ragazzo al gioco?
Come detto, la riduzione del numero di giocatori può essere attribuita all’ampliamento delle attività specifiche di prevenzione operate da scuola, famiglia e altre agenzie responsabili dell’educazione dei giovani.
E proprio per l’altissima importanza che, specialmente tra i giovani, rivestono l’ambito familiare e quello scolastico che è importante che la cultura della prevenzione si diffonda proprio in questi ambienti, specialmente per quanto riguarda il gioco on-line, così difficile da monitorare. Basta fare l’esempio delle scuole, dove la quota di istituti scolastici superiori che ha attivato interventi per la prevenzione al gioco è passata dal 4% del 2009 al 27% del 2016”.
Cristina Doganini – PressGiochi
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