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Bergamo: Tar conferma ordinanza sul gioco respingendo il ricorso di Lottomatica

Dopo aver accolto il ricorso della Federazione Italiani Tabaccai, il Tar Lombardia, sezione di Brescia ha respinto i ricorsi proposti da Lotterie Nazionali S.r.l., Lottomatica S.p.a. e Lotto Italia S.r.l.

08 Marzo 2017

Dopo aver accolto il ricorso della Federazione Italiani Tabaccai, il Tar Lombardia, sezione di Brescia ha respinto i ricorsi proposti da Lotterie Nazionali S.r.l., Lottomatica S.p.a. e Lotto Italia S.r.l. confermando la scelta del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori.

 

Nelle motivazioni della sentenza del giudice amministrativo, si legge:

“La controversia in esame ha ad oggetto il regolamento con cui il Comune di Bergamo ha introdotto una limitazione agli orari in cui è possibile il funzionamento degli apparecchi con vincita di denaro, nonché degli orari di vendita di lotterie istantanee su piattaforma virtuale e/o con tagliando cartaceo, esplicitamente individuate in “Gratta e vinci” e “10eLotto”.

Invero, i dati che il Comune ha potuto acquisire, nonostante la limitata esibizione di essi da parte dell’Agenzia del Demanio e, in particolare, gli studi epidemiologici elaborati non solo con riferimento all’intero territorio nazionale, ma anche con specifica attenzione al territorio comunale, appaiono sufficienti a integrare le condizioni per l’esercizio del potere che il Comune ha utilizzato in un’ottica cautelare, di tutela della salute pubblica, per rispondere a un’esigenza di risposta resasi più pressante per l’impressionante dato relativo alla spesa pro-capite per il gioco d’azzardo nella città di Bergamo, non contestato, nella sostanza, da parte ricorrente.

L’adozione del regolamento risulta, dunque, essere una scelta ponderata e maturata, operata sulla scorta dei preoccupanti dati reperiti, pur con i limiti propri di ogni indagine statistica, ma, di fatto, non smentiti dalla documentazione prodotta in atti.

Non appare, peraltro, irrazionale, illogica o in contrasto con i risultati degli studi citati da parte ricorrente, il convincimento che una riduzione dell’orario di apertura delle sale giochi, in particolare attuato introducendo delle fasce orarie per il gioco, possa avere una particolare efficacia proprio in quanto impedisce, quantomeno temporaneamente, la possibilità di continuare a giocare, interrompendo un circolo vizioso e lo spasmodico ripetersi del “solo una ancora” che caratterizza la dipendenza.

Come chiarito nella sentenza del Consiglio di Stato, n. 2519/2016: “Insussistente, anzitutto, è, invero, la violazione del Regolamento comunale, posto che il sindaco, esercitando poteri che senza dubbio l’art.50, comma 7, del d.lgs. 267/2000 gli attribuisce, non altro ha adottato che un’ordinanza finalizzata alla tutela della salute dei suoi cittadini e dei minori in particolare, essendo quest’ultimi i soggetti maggiormente attratti dagli apparecchi che consentono vincite in danaro, e quindi a rischio di dipendenza da tale tipo di gioco. Finalità di contrasto del gioco d’azzardo patologico che lo stesso Regolamento comunale fa proprie, con la quale il nuovo e contestato orario di apertura e gestione delle sale giochi non è certamente in contrasto, non travalicando l’introdotta riduzione complessiva dell’orario il limite regolamentare di apertura già previsto, essendo quest’ultimo un limite massimo, con il quale tale riduzione è ex sé compatibile.”.

 

Analoghe considerazioni possono ripetersi, mutatis mutandis, per la fattispecie in esame, dove il regolamento prima e l’ordinanza sindacale poi, hanno inteso proprio perseguire l’obiettivo di garantire salute e serenità alla popolazione locale, mediante la riduzione dell’orario in cui è possibile esercitare il gioco, a tutela di fasce della popolazione più deboli, come i malati di Parkinson e la popolazione anziana, ma anche quella giovane, precludendo il gioco in orari in buona parte non coperti dalla frequenza scolastica e in cui il controllo è difficilmente esercitabile.

 

Si tratta, dunque di affermazioni inidonee a porre in discussione tanto la proporzionalità quanto la ragionevolezza del mezzo (rimodulazione dell’orario) rispetto al fine ( contrasto alla ludopatia), soprattutto se si argomenta in termini di obiettivo da raggiungere che è quello del disincentivo piuttosto che quello della eliminazione del fenomeno che viene affrontato, la cui complessità non è revocabile in dubbio, e per il quale non esistono soluzioni di sicuro effetto (in tal senso anche il Consiglio di Stato nella sentenza citata).

In relazione a tale profilo il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi dalla sentenza del TAR Veneto, n. 1346 del 2016, che ha ritenuto legittimo il potere regolamentare esercitato dal Comune per disciplinare gli orari di gioco, salvo affermare, in quello specifico caso, l’eccessiva onerosità delle limitazioni e quindi, la non proporzionalità della riduzione dell’orario di apertura a sole sei ore giornaliere.

 

Analogamente, la prevalente giurisprudenza (cfr. ad es. CdS 3271/2014) ha riconosciuto che il regime di liberalizzazione degli orari dei pubblici esercizi, applicabile indistintamente agli esercizi commerciali e a quelli di somministrazione, non preclude all’amministrazione comunale la possibilità di esercitare il proprio potere di inibizione delle attività, per comprovate esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica; con la precisazione, tuttavia, che ciò è consentito dal legislatore solo in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati quali quelli richiamati dall’art. 31, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011 (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute).”.

 

Ne discende che il potere esercitato non può incontrare, come, invece, sostenuto da parte ricorrente, il limite del rispetto dei rapporti economici e dei vincoli contrattuali intercorrenti tra Amministrazione del Monopolio e concessionario, recessivi rispetto al primario interesse della tutela della salute pubblica.

 

La possibile, ma indimostrata, incidenza negativa sulla remuneratività della “vendita” del gioco, non pare poter escludere l’intervento del Sindaco, non essendo state indicate, nel ricorso, peculiarità tali da diversificare in modo apprezzabile la situazione della ricorrente da quella di tutti gli altri operatori commerciali soggetti al potere regolamentare del Comune.

 

Invero, a diverse conclusioni si potrebbe addivenire se, nel presente giudizio, l’illegittimo esercizio del potere fosse stato dedotto evidenziando come l’attività di vendita di “10eLotto” e “Gratta&Vinci” sia autorizzata da una concessione del Monopolio di Stato, non suscettibile, in quanto tale, di alcuna regolamentazione da parte di autorità diverse da esso. Nella fattispecie, però, non è stata dedotta l’incompetenza del Comune a incidere sulle modalità di esercizio dell’attività in concessione, con la conseguenza che tale profilo non può essere esaminato, pena la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e dei limiti posti all’intervento del giudice amministrativo, che deve essere confinato entro i paletti dei profili di invalidità specificamente dedotti, nel rispetto del principio dispositivo che regola il processo amministrativo”.

 

PressGiochi

 

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