La Corte di Cassazione ha assolto – perché il reato non sussiste – un esercente l’attività di gestione del gioco del lotto, colpevole di peculato continuato, per essersi appropriato delle
La Corte di Cassazione ha assolto – perché il reato non sussiste – un esercente l’attività di gestione del gioco del lotto, colpevole di peculato continuato, per essersi appropriato delle somme concernenti le giocate del Lotto per una somma pari a € 4.964.
Per la Corte di Appello di Lecce, che ha condannato il ricevitore – impedito dalla malattia al pagamento -, il preteso difetto dell’elemento psicologico del reato, era da ritenersi priva di fondamento giuridico: ciò in quanto i documentati problemi di salute avuti dall’imputato nell’ottobre 2009, pur avendo comportato conseguenze invalidanti sul piano fisico, nondimeno non avevano inciso in alcun modo sulla capacità d’intendere e di volere del ricevitore, né avevano impedito “il funzionamento della ricevitoria e la percezione degli introiti delle giocate a cui aveva provveduto un sostituto”.
Tuttavia la Cassazione ha accolto le tesi dei legali della difesa, secondo i quali il giudice territoriale non avrebbe considerato come la condotta posta in essere dall’imputato – peraltro sostanziatasi in un mero ritardato versamento – fosse stata originata dalle vicissitudini personali, non certo dalla volontà del medesimo di sottrarsi all’adempimento dell’obbligazione a suo carico; del che si assume costituire riprova la constatazione del danno – e non certo del vantaggio – subito dal punto di vista economico, avendo il prevenuto corrisposto la somma dovuta all’Erario (comunque garantito da una ben più capiente polizza fideiussoria per euro 6.120,00), “con l’aggravio di interessi e sanzioni, ovviamente assolutamente rilevanti, come evincibile negli atti di causa.
“E’ principio consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, – ha concluso la Cassazione annullando la condanna perché il reato non sussiste – che “Nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, che sia caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio”.
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