Le intimazioni di pagamento, inerenti all’imposta sui concorsi pronostici e sulle scommesse, costituiscono atti autonomamente impugnabili in CTP in quanto espressivi di una pretesa impositiva certa e definitiva. Come scrive
Le intimazioni di pagamento, inerenti all’imposta sui concorsi pronostici e sulle scommesse, costituiscono atti autonomamente impugnabili in CTP in quanto espressivi di una pretesa impositiva certa e definitiva.
Come scrive Marco Minoccheri, consulente fiscale Astro, se il contribuente attende l’emissione della cartella di pagamento, nel proporre impugnazione contro quest’ultima, può far valere anche i vizi della pretesa impositiva esplicitata nell’atto prodromico (intimazione di pagamento) non impugnato.
È quanto si apprende dalla sentenza 2616 dell’11 febbraio 2015 della Corte di Cassazione – Sezione Tributaria che così stabilisce:
La sig.ra XXX impugnò dinanzi alla CTP di Bari la cartella di pagamento notificatale a seguito d’iscrizione a ruolo del relativo importo da parte dell’Amministrazione autonoma Monopoli di Stato per omesso versamento dell’imposta unica di cui al D.P.R. n. 66 dell’8 marzo 2002 di attuazione del D. Lgs. n. 504/1998, nonché omesso versamento di quote di prelievo per gli anni dal 2000 al 2004.
Il ricorso fu rigettato, ritenendo la CTR inammissibili i motivi riguardanti atti d’intimazione di pagamento prodromici regolarmente notificati e non impugnati, disattendendo invece in quanto infondato il motivo inerente al dedotto vizio di carenza di motivazione della cartella impugnata.
In accoglimento dell’appello proposto dalla contribuente, la CTR della Puglia, con sentenza n. 28/5/08 depositata il 19 maggio 2008, dichiarò invece illegittima la cartella impugnata, ritenendo non autonomamente impugnabili gli atti d’intimazione e ritenendo la cartella impugnata priva di sufficiente motivazione, “limitandosi ad una elencazione di imposta unica e quota prelievo senz’altro indicazione che possa mettere la contribuente nella condizione di valutare la fondatezza della pretesa tributaria e l’esattezza dei calcoli effettuate.
Avverso detta pronuncia ricorrono il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Amministrazione autonoma Monopoli di Stato in forza di quattro motivi. La contribuente resiste con atto denominato “memoria e controricorso incidentale” col quale, peraltro, si limita a chiedere la conferma della sentenza impugnata, quantunque con diversa motivazione secondo i principi in esso invocati.
Le Amministrazioni ricorrenti resistono a loro volta con controricorso all’avverso ricorso incidentale, eccependone in primo luogo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza.
Motivi della decisione
La sentenza impugnata, infatti – nel ritenere che gli atti d’intimazione di pagamento specificamente indicati non fossero autonomamente impugnabili – si è posta certamente in contrasto con il principio di diritto più volte espresso dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui «in tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento”» (cfr. Cass. civ. sez. unite 24 luglio 2007, n. 16293, e Cass. civ. sez. V 15 maggio 2008, n. 12194, richiamate dalle ricorrenti; in senso ancora conforme si veda anche la successiva Cass. civ. sez. V 15 giugno 2010, n. 14373).
Nel caso di specie gli atti prodromici all’emissione della cartella di pagamento impugnata dalla contribuente, denominati atti d’intimazione di pagamento, hanno certamente natura di avvisi di liquidazione del tributo, essendo inerenti all’imposta sui concorsi pronostici e sulle scommesse che, operando con gli automatismi del totalizzatore, comportano soltanto il riversamento di un’imposta già predefinita nell’ammontare complessivo del costo di ogni scommessa (cfr. Cass. civ. sez. V 22 febbraio 2012, n. 2598).
Tuttavia le conseguenze dell’erronea motivazione in diritto sul punto della sentenza impugnata non sono quelle prospettate dall’Amministrazione nel primo motivo di ricorso.
Questa stessa Corte ha infatti avuto modo di precisare che, ciò costituendo un’estensione della tutela del contribuente, “la mancata impugnazione da parte di quest’ultimo di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (e quindi la cristallizzazione) di quella pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici espressamente previsti dall’art. 19″, atteggiandosi dunque, l’impugnativa ad opera del contribuente di un atto non espressamente contemplato dall’art. 19 ma idoneo ad esprimere compiutamente la pretesa impositiva come facoltà e non come onere (cfr. Cass. civ. sez. V 5 ottobre 2012, n. 17010; Cass. civ. sez. V 27 luglio 2011, n. 16100; Cass. civ. sez. unite 11 maggio 2009, n. 10672).
Ne deriva che, pur essendo la decisione impugnata erronea in punto di ritenuta non impugnabilità degli avvisi d’intimazione, nondimeno, opportunamente corretta la motivazione in diritto, si perviene alla stessa conclusione secondo la quale, in sede d’impugnazione della cartella di pagamento, la contribuente può far valere le proprie ragioni afferenti alla stessa contestazione dell’an e/o del quantum della pretesa impositiva già esplicitata negli atti d’intimazione di pagamento.
Come si rileva dalla stessa esposizione dei fatti di causa da parte della sentenza impugnata, la sentenza della CTP di Bari era stata impugnata dalla contribuente in forza di due soli motivi, il primo attinente all’erronea rappresentazione e valutazione degli atti prodromici quali non impugnabili ed il secondo alla moltiplicazione d’imposte recate dalla cartella in quanto già portate da altre cartelle.
Nel dichiarare l’illegittimità dell’atto impugnato perché asseritamele carente di motivazione, motivo dedotto con il solo ricorso di primo grado, disatteso dalla CTP con pronuncia sul punto non oggetto di specifico motivo di gravame, la CTR è indubbiamente incorsa nel denunciato vizio di extrapetizione (recte ultrapetizione). Nel caso di specie, infatti, il vizio di motivazione della cartella, pur addotto tra i motivi d’impugnazione della cartella, che costituiscono la causa petendi della domanda d’annullamento dell’atto supposto illegittimo, delimitando l’ambito di cognizione del giudice tributario adito per l’annullamento dell’atto, non è stato specificamente riproposto con l’atto d’appello, né essendo sufficiente, in relazione a quanto disposto dall’art. 56 del D. Lgs. n. 546/1992 il generico riferimento dell’appellante a tutte le argomentazioni difensive svolte nel ricorso introduttivo (cfr. Cass. civ. sez. V 20 ottobre 2010, n. 21506).
Il giudice di rinvio, dunque, attenendosi ai principi di diritto sopra affermati, potrà e dovrà, quindi, unicamente verificare, anche sulla base degli eventuali provvedimenti di sgravio parziale emessi dall’Amministrazione a seguito di accertate eventuali moltiplicazioni del tributo richiesto per le diverse annualità, la fondatezza nel Fan e nel quantum del credito recato dalla cartella impugnata, atteso che in sede d’impugnazione della stessa, alla stregua delle considerazioni che precedono, poteva legittimamente contestarsi la stessa debenza del tributo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale in relazione al secondo motivo, disatteso il primo ed assorbiti gli altri.
Dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato della controricorrente.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto del ricorso principale e rinvia la causa a diversa sezione della CTR della Puglia, che deciderà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
PressGiochi