Coraggio (DLA): “Il decreto governativo potrebbe cambiare il destino delle scommesse ippiche” Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia ha respinto dichiarandolo “inammissibile” il ricorso della Sapar locale rappresentata e
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia ha respinto dichiarandolo “inammissibile” il ricorso della Sapar locale rappresentata e difesa dall’avvocato Marcello Ferrari Chazelat contro il regolamento sul gioco del Comune di Cremona rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Cistriani, Edoardo Boccalini. Per l’associazione il regolamento avrebbe tre “vizi”.
“Primo: nel suo complesso, sarebbe stato emanato senza basarsi su alcun documento o studio scientifico, e in particolare senza che essa abbia partecipato al relativo procedimento come soggetto portatore di interessi coinvolti ai sensi dell’art. 9 della l. 7 agosto 1990 n°241;
– con il secondo motivo, rivolto in modo specifico contro l’art. 14 del regolamento, deduce eccesso di potere per irragionevolezza delle relative previsioni, le quali fissano in un massimo di otto ore giornaliere la durata massima consentita di apertura e funzionamento degli apparecchi da gioco, con inizio non prima dell’orario scolastico, sospensione “nelle ore centrali in relazione all’orario di uscita dagli istituti scolastici ed al tempo libero delle fasce più fragili della cittadinanza” e termine in orario compatibile con la tutela della quiete pubblica (doc. 1 ricorrente, cit. p. 8). Afferma infatti che di tali prescrizioni non sarebbe dimostrata l’utilità, che anzi le stesse sarebbero addirittura controproducenti e comunque adottate senza far riferimento alla specifica situazione di Cremona;
– con il terzo motivo, rivolto in modo specifico contro l’art. 3 comma 4 del regolamento, deduce infine sempre eccesso di potere per irragionevolezza della relativa previsione che, a suo dire, consentirebbe contro la legge di installare “apparecchi telematici senza vincita in denaro con connessione a Internet, utilizzabili anche come strumenti di gioco da trattenimento”.
Secondo il Tar della Lombardia il ricorso sarebbe inammissibile per motivazioni che colpiscono la stessa “struttura” e gli interessi dell’associazione.
“Come è noto- ha spiegato il Tribunale nella sua nota- il processo amministrativo, che è una specie del più ampio genere dei processi civili, non integra una giurisdizione cd. di diritto oggettivo, volta cioè ad accertare la legalità dell’azione amministrativa in quanto tale, ma è pur sempre un processo di parti, finalizzato alla difesa degli interessi di cui esse siano in concreto titolari. Ne consegue che, per principio generale, possa proporre ricorso contro un provvedimento amministrativo non ogni soggetto dell’ordinamento, ma soltanto quello che sia titolare, rispetto al provvedimento stesso, di legittimazione ed interesse ad agire.
In altre parole, per proporre il ricorso si deve esser titolari di una specifica situazione giuridica soggettiva di vantaggio in ordine a un bene della vita, situazione diversa da quella della generalità dei consociati, ed allegare che dall’accoglimento del ricorso se ne ricaverebbe un’utilità altrettanto specifica: in tali termini di recente, fra le molte C.d.S. sez. V 27 gennaio 2016 n°265. La giurisprudenza, per quanto qui più interessa, è particolarmente restrittiva nel delineare il tipo di utilità che dal ricorso si deve poter ricavare, evidenziando che essa deve rimediare a un ‘pregiudizio specifico’ – così ad esempio C.d.S. sez. IV 2 febbraio 2016 n°383- e non basta corrisponda ad un vantaggio economico di qualche tipo – come argomentato ad esempio da C.d.S. sez. IV 6 aprile 2016 n°1338. Si osserva infatti – di recente, per tutte C.d.S. sez. VI 28 dicembre 2015 n°5846- che un vantaggio generico e indiretto derivante dall’annullamento radica se mai l’interesse di mero fatto che permette di proporre intervento, ma non di agire in via principale. Alle suddette regole generali, nei casi come il presente, in cui il ricorso sia proposto da un ente collettivo come un’associazione, se ne affianca una particolare. L’ente infatti è titolare di legittimazione e interesse solo per proteggere interessi suoi propri, non riducibili come regola a quelli dei singoli, o ad una mera somma degli stessi: così, come più recente, ad esempio C.d.S. sez. VI 18 aprile 2013 n°2152. Applicando i principi appena delineati al caso di specie, la legittimazione e l’interesse della ricorrente SAPAR vanno escluse.
Da un lato, non è controverso in fatto quanto risulta ad una semplice lettura del regolamento impugnato: esso riguarda il funzionamento delle macchine da gioco, ovvero, in sintesi estrema, gli orari ed i luoghi in cui si può giocare, e quindi interessa il rapporto fra il cittadino giocatore e l’esercente, di solito il titolare di un bar, il quale gli offre la possibilità di giocare all’interno del proprio esercizio; si disinteressa invece, in linea di principio, delle modalità – che si presumono lecite- con le quali l’esercente stesso si procura gli apparecchi.
Dall’altro lato, è altrettanto incontroverso il carattere della SAPAR, la quale raggruppa coloro i quali, sempre in sintesi estrema, non hanno alcun diretto rapporto col pubblico dei giocatori, ma forniscono soltanto i relativi apparecchi agli esercenti, perché al pubblico stesso li mettano a disposizione. In tal senso, quindi né la SAPAR in quanto tale, né il singolo associato alla stessa – quand’anche ciò bastasse- ricavano un diretto pregiudizio dal regolamento impugnato.
La difesa della SAPAR ha sostenuto sul punto che il pregiudizio ci sarebbe, e sarebbe rappresentato dalla contrazione del mercato indotta secondo logica da ogni normativa di disfavore. E’ però agevole notare che tale pregiudizio rappresenta proprio uno svantaggio economico di carattere indiretto e generico, della specie che consente solo la più limitata tutela dell’intervento nelle cause proposte da soggetti pienamente legittimati”.
PressGiochi
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