A Roma e nel Lazio l’usura e il gioco d’azzardo si configurano come dei reati cui sono dedite tutte le organizzazioni criminali che operano sul territorio, come dimostrano le inchieste
A Roma e nel Lazio l’usura e il gioco d’azzardo si configurano come dei reati cui sono dedite tutte le organizzazioni criminali che operano sul territorio, come dimostrano le inchieste giudiziarie e i processi degli ultimi vent’anni.
Lo denuncia il Rapporto sulle Mafie nel Lazio, uno strumento importante che si propone l’obiettivo di offrire un quadro d’insieme delle mafie nel Lazio per denunciare e affrontare con determinazione il fenomeno e la sfida della legalità.
Il Rapporto ripercorre le varie indagini connesse al settore del gaming che hanno riempito lo scorso anno le pagine di cronaca dei nostri quotidiani.
“Da circa vent’anni, – si legge nel Rapporto – come scrive il gruppo di lavoro della Commissione Chiaromonte, è ampiamente attestata da indagini e processi la presenza stabile di molteplici clan mafiosi nella filiera del gioco d’azzardo, anche on line. Nel Lazio – secondo i dati forniti dal ministero dell’Economia, in risposta ad una interrogazione parlamentare – nel 2015 sono stati immessi nel gioco d’azzardo, 7.611 milioni di euro, una cifra che posiziona la regione al secondo posto in Italia, dietro soltanto alla Lombardia.
In questo vorticoso giro di affari le organizzazioni criminali di stampo mafioso sono presenti attraverso differenti modalità d’azione: dalla gestione delle scommesse on line, all’imposizione delle slot machine a bar e esercenti pubblici, dal controllo delle forniture, alla sofisticazione delle macchinette, in danno all’Erario, sino al prestito usuraio ai giocatori d’azzardo.
Il clan dei Casalesi e altri gruppi delle camorre casertane hanno occupato il mercato illegale del gioco d’azzardo nel sud pontino, attraverso le modalità sopra citate, quasi in regime di monopolio. Nella Capitale, invece, la situazione è maggiormente complessa e sul business dell’azzardo si manifesta una spartizione del mercato, nell’ambito della “pax mafiosa” fra i diversi clan. Si tratta, in verità, di un quadro investigativo ancora al vaglio della magistratura. Secondo le indagini sin qui portate a termine dalle forze dell’ordine, la ‘ndrangheta controlla una fetta ampia del business dell’azzardo a Roma.
Un mercato, quello del gioco d’azzardo, in larga parte occupato dalle cosche della ‘ndrangheta anche nel resto della regione.
Il Rapporto ricorda tra gli altri, l’indagine sul gioco online: “Il provvedimento giudiziario ha consentito di individuare dunque un “sistema parallelo” a quello legale ma ovviamente illecito, riguardante scommesse on line su piattaforme informatiche, alimentato dalle capacità imprenditoriali specifiche del suddetto imprenditore che – grazie a tutta una serie di relazioni e di rapporti anche con ambienti criminali particolarmente qualificati che vanno dai gruppi insediati su Ostia, al clan dei Casalesi, sino ad alcuni soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta – ha costituito delle piattaforme informatiche sulle quali si sono sviluppati siti online per il gioco del poker.
Nello specifico, si tratta di 2mila tavoli da gioco virtuali al giorno che consentivano un giro d’affari quotidiano di oltre 11 milioni e 500 mila euro, con un profitto per il titolare di questa organizzazione corrispondente più o meno al 10% del ricavato (quindi oltre un milione al giorno). Ai “tavoli on line” potevano accedere numerosi utenti da postazioni remote, quindi periferiche, localizzate nelle città di Roma, sul litorale di Ostia, e contestualmente anche in tutta l’area nazionale. Grazie a nickname e password gli utenti navigavano in modalità non identificata né identificabile, quindi “non tracciabile”: il sistema, dunque, era illecito poiché dalla postazione remota non c’era alcun collegamento né alcun controllo, finalizzato al prelievo fiscale che su tutti gli apparati elettronici di gioco viene effettuato in modo automatico dall’agenzia dei Monopoli. A confermare questo “doppio binario” cioè l’uso della stessa piattaforma informatica sia per il gioco illegale (non licenziato) e che per il gioco licenziato, numerosi collaboratori di giustizia e anche uno degli indagati, in sede di interrogatorio davanti al Giudice per le indagini preliminari.
I server sui cui si sviluppavano i siti delle scommesse on line erano collocati principalmente in Romania e – si legge nel documento del Tribunale del Riesame: «[…] le piattaforme informatiche che supportavano i siti illegali erano costruite secondo lo stesso schema di gestione centralizzata, articolato in livelli gerarchici discendenti.”
PressGiochi