La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del titolare di un punto di gioco che offriva scommesse illegali attraverso l’installazione nel proprio locale di un totem e l’accettazione di
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del titolare di un punto di gioco che offriva scommesse illegali attraverso l’installazione nel proprio locale di un totem e l’accettazione di puntate per conto di un bookmaker estero.
All’imputato veniva contestato di aver predisposto, in difetto di licenza, all’interno del proprio negozio, due postazioni telematiche ed un’apparecchiatura touch-screen denominata “posracingdogs” (cd. Totem), a sua volta connessa con la rete Internet, strumenti mediante i quali era possibile scommettere su competizioni canine, rilasciando apposito promemoria cartaceo e sfruttando anche il conto-gioco di terzi, senza l’autorizzazione di questi ultimi, nel caso in cui gli scommettitori non fossero muniti di un proprio conto-gioco, in tal modo svolgendo un’attività organizzata al fine di accettare e raccogliere scommesse per via telematica.
Inoltre, l’esercente svolgeva attività di intermediazione nel settore delle scommesse, in assenza di autorizzazione ex art. 88 TUPLS e per conto di allibratore austriaco, operante sotto la denominazione societaria Wen-Pads Vertmittlungs GmbH, autorizzato dalla competente autorità di quel paese all’esercizio e gestione di raccolta scommesse, ma non dotato di concessione ad operare in territorio italiano”.
Nessun dubbio, quindi, può sorgere – ha chiarito la Corte Suprema – per quanto concerne la sanzione penale applicabile considerato che se è vero che a seguito delle modifiche introdotte all’art. 4 L. n. 401 del 1989 dalla L. n. 388 del 2000 si tratta di sanzioni variegate, nella fattispecie in esame, i Giudici di merito hanno correttamente fatto riferimento a quella prevista per colui che “abusivamente esercita l’organizzazione di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali e giuochi di abilità”, condotta che è punita “con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda non inferiore a lire un milione”.
Inoltre, la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se — come nel caso di specie – prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili.
PressGiochi
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