Inammissibile il ricorso presentato da un esercente che aveva dei videopoker installati nel proprio locale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione. Infatti, in seguito ad un controllo nell’esercizio commerciale
Inammissibile il ricorso presentato da un esercente che aveva dei videopoker installati nel proprio locale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione.
Infatti, in seguito ad un controllo nell’esercizio commerciale venivano rinvenute quattro macchine videopoker sprovviste del numero di matricola, e non collegate alla rete mediante modem per il controllo del Ministero delle Finanze; all’interno degli apparecchi veniva rinvenuta la somma di 304,00 euro.
Per il Giudice Supremo, la censura riguardante l’omesso accertamento della natura illecita del gioco riprodotto dagli apparecchi rinvenuti è manifestamente infondata.
Invero, l’art. 110, comma 7 bis, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (c.d. TULPS), inserito dall’art. 39, comma 7 bis, d.l. 30/09/2003, n. 269 (conv. nella I. 24/11/2003, n. 326), comprende tra gli apparecchi e congegni automatici vietati, in quanto d’azzardo (commi 4 e 5), quelli che riproducono “il gioco del poker o, comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali”. Ebbene, gli apparecchi rinvenuti nell’esercizio commerciale erano dei videopoker, tra l’altro non collegati alla rete telematica del MEF, come previsto, per gli apparecchi idonei per il gioco lecito, dal comma 6, lett. a), dell’art. 110 TULPS.
Anche l’argomentazione che “solo una indagine tecnica avrebbe potuto accertare se gli apparecchi avessero insita la scommessa consentendo vincite aleatorie”, è manifestamente infondata.
PressGiochi
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