24 Novembre 2024 - 06:47

Meluzzi (psicologo): “La ludopatia è una malattia mentale, la distanza geografica dai luoghi sensibili è una misura risibile e inutile”

Alessandro Meluzzi psicologo, psicoterapeuta, criminologo analizza tecnicamente il GAP. “Si diventa malati di gioco perché c’è una predisposizione legata a una chimica del cervello, come per tutte le dipendenze- commenta lo psicologo

23 Febbraio 2016

Alessandro Meluzzi psicologo, psicoterapeuta, criminologo analizza tecnicamente il GAP. “Si diventa malati di gioco perché c’è una predisposizione legata a una chimica del cervello, come per tutte le dipendenze- commenta lo psicologo intervistato da LaPresse-  è risibile pensare che la distanza geografica di 100 metri in più o in meno di una scuola o di un bancomat da una sala scommesse o da una videolottery possa tenere lontano un malato di gioco. In questi casi valgono gli stessi principi degli alcolisti anonimi: l’astinenza totale da qualsiasi  forma di gioco d’ azzardo. La distanza geografica dai luoghi sensibili è una misura risibile e inutile. Non è la distanza geografica di 100 metri in più che può ostacolare il vizio del gioco: è una visione riduttiva e inefficace della questione. Se uno vuole giocare va nel luogo dove sa che c’è lo strumento per farlo. La ludopatia è una malattia mentale a tutti i livelli.  Per quanto riguarda le dimensioni del fenomeno, 12mila ludopatici in Italia sono presumibilmente quelli  entrati nei percorsi clinici, ma credo che quelli che soffrono della patologia siano molti di più”.

“Il problema va affrontato alla radice- continua portavoce della Comunità Incontro di Amelia (Terni), che si occupa di tossicodipendenti, alcolisti e ludopatici- c’è una via, quella abolizionistica: abolire le macchinette e gli strumenti per il gioco. Ma questa è una visione di civiltà che va ben oltre i ragionamenti sulle misure preventive. Sarebbe come dire che combattiamo la droga sconfiggendo la mafia del narcotraffico planetario. Insomma sarebbe una risposta velleitaria. Poi c’è un secondo approccio più tecnico, che è affrontare la ludopatia a partire dal ludopatico, come avviene per le tossicodipendenze. Il ludopatico è un soggetto malato che richiede misure di prevenzione, cura e riabilitazione”.

Meluzzi prosegue analizzando le differenze attuali sul GAP nelle diverse modalità di gioco. “La ludopatia si è aggravata rispetto a quando aveva bisogno dei casinò e delle case da gioco o della criminalità del gioco d’azzardo- dichiara- oggi è alla portata dei bar. E con i  giochi online è a portata di uno smartphone. E’ come se ci fosse stata una liberalizzazione dell’eroina. Ciò  dimostra, guardando ad esempio a temi come la droga, che rendendo legale l’offerta non si diminuisce il consumo. Chi gioca alla macchinetta, come il pensionato da bar di quartiere, è meno strutturato ed è più difficile da trattare e non ha la percezione della possibilità della fuoriuscita dalla sua disperazione. Chi va al casinò in molti casi è più scafato ed è più aggredibile dal punto di vista terapeutico, anche se in qualche caso più deviante, più criminale”.

Tra le riflessioni dello psicologo una interessante analisi sulle predisposizioni fisiche. “C’è una predisposizione come per tutte le persone dipendenti: c’è una struttura del cervello e del comportamento, c’è una chimica del cervello- conclude- si cade nella ludipatia per i motivi per cui si diventa depressi o bipolari, c’è una predisposizione che intercetta delle circostanze esistenziali. E’ una  chimica del cervello (che riguarda serotonina e dopamina ) predisposta a trarre piacere estremo da quel tipo di situazione. Non tutti ce l’hanno, ma chi ce l’ha incorre in una maggiore probabilità di finire in quel problema, magari in certi particolari periodi della vita”.

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