Il futuro prossimo e anteriore del settore Awp, alla luce delle novità introdotte dalla Stabilità 2016. Ne parliamo con alcuni gestori di grande professionalità ed esperienza, quali Franco Angelastri, Lino
Il futuro prossimo e anteriore del settore Awp, alla luce delle novità introdotte dalla Stabilità 2016.
Ne parliamo con alcuni gestori di grande professionalità ed esperienza, quali Franco Angelastri, Lino Ciliberti, Ilario Luzi, Luca Patoia e Walter Re, che costituiscono un campione del tutto attendibile, accomunando realtà geografiche e aziendali ben diverse tra loro.
Più che addentrarci in un esame in senso stretto della norma, coi nostri interlocutori abbiamo voluto verificare come hanno impattato le nuove disposizioni e quali saranno i nuovi scenari che andranno ad aprirsi con le Awp3 o mini-Vlt che dir si voglia. In concreto, guardando ad oggi: vale davvero la pena affrontare investimenti così onerosi per aggiornare un parco macchine la cui fine è già scritta? Guardando più avanti: siamo davvero entrati nello stadio finale della vita dei gestori tradizionali, oppure si può ancora sperare nella sopravvivenza?
E non c’è dubbio che è quest’ultimo quesito a creare le maggiori preoccupazioni nell’ambiente dei gestori. Vediamo cosa ne pensano quelli da noi interpellati.
Ilario Luzi: “A mio avviso, non è la legge a cancellare il mercato, ma sarà il mercato a cancellare il settore. La salvezza si realizza mettendo in gioco le nostre competenze e creando grandi gruppi. Però, questa cultura manca; in tanti sono ancora orientati alla difesa strenua dell’azienda. Invece, bisogna ragionare sulla possibilità di fare dei raggruppamenti, per centralizzare alcune funzioni di base e lasciare quelle periferiche alle scelte delle singole aziende”. Walter Re la pensa alla stessa maniera: “Il governo ha bisogno di soldi e con questa stabilità raggiungerà comunque un maggior gettito, anche se forse non nelle misure attesa. Ed ha interesse a mantenerci in vita affinché siamo in grado di pagare. Quindi, non penso che i gestori cesseranno di esistere, ma a loro sarà tolto parte del potere gestionale che ora hanno. Forse si sarebbe dovuto lavorare per tempo sulla creazione di cordate di imprese, per arrivare ad avere 20/30 concessionari con gruppi eterogenei distinti. Ed è questo che io ho fatto: in coerenza con una visione favorevole al piano di gestione del settore apparecchi voluto dallo Stato, attraverso il regime concessorio. Io, insieme ad altri colleghi, abbiamo partecipato all’ultimo bando per il rilascio delle concessioni, facendo molti sacrifici e adattandoci alle condizioni di mercato. Ma oggi riteniamo di avere qualche chance in più, in qualità di gestori che operano “con titolo” in un ambiente concessorio di proprietà. E mi conforta constatare che siamo ben visti da tutti; qualcuno ci ha anche avvicinati chiedendo se c’erano opportunità di entrare nel gruppo o anche come semplici clienti”.
Luca Patoia rafforza il concetto affermando che “la Stabilità può essere vista addirittura come un’opportunità; come l’occasione ultima per spingere il settore all’aggregazione fra aziende e fare corpo comune, evitando di andare in ordine sparso come è accaduto fino ad oggi. Questo però non significa che il piccolo gestore deve sparire. Anzi, è qui che le associazioni possono giocare un ruolo importante, indottrinare all’aggregazione. Del resto, guardando questa Stabilità mi torna in mente quella precedente, quando si discuteva della possibilità di ovviare all’addizionale da 500 milioni attraverso lo strumento del payout, e il settore disse no. Così la politica decise autonomamente con una soluzione che ha devastato le nostre imprese. Ed ora siamo tornati all’ipotesi iniziale; niente di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire”.
Lino Ciliberti: “Noi eravamo già penalizzati in partenza, in quanto lavoriamo con un solo prodotto, la Awp, il quale per altro è basato su una vecchia concezione ed è attualmente poco performante. Ora, trovarci di fronte ad un aumento sproporzionato del Preu che è partito sin dal 1° gennaio, mentre ancor oggi non abbiamo macchine omologate al 70%, è la situazione peggiore che ci potesse capitare. Tra l’altro, gli investimenti che stiamo andando a fare – e che purtroppo sono obbligati – saranno sì validi sino al 2019, ma in effetti, dal punto di vista commerciale andranno a scadere nel momento in cui entreranno in scena le Vlt light”.
Franco Angelastri: “E’ evidente che la Stabilità 2016 è una cosa cattiva per i gestori, soprattutto perché è mancato il tempo per prepararsi. Come imprenditore devo avere per forza una visione ottimistica delle cose, altrimenti non avrei motivo di andare avanti, perciò non credo che questo sia l’atto finale della nostra esistenza. Un minimo di futuro dovremo continuare ad averlo, ma per riuscirci bisognerà fare qualcosa associativamente”.
Sulle mosse da fare nell’immediato, il nostro “quintetto” la pensa così.
Luzi: “Nella fase di start-up ho ordinato un 20% di macchine nuove, per portarle gradatamente nei locali più redditizi. Avendo un fornitore di cui mi fido, mi sono mosso per tempo e, del resto, una situazione del genere prima la affronti e prima ne trai benefici, ammesso che le macchine abbiano i riscontri desiderati. D’altra parte, ipotizzando di sostituire tutto il parco macchine entro maggio, non so se 2 anni e mezzo basteranno per recuperare l’investimento.” Allo stesso modo Ciliberti: “Bisogna muoversi in maniera ponderata. Nei punti più performanti cercherò di provare se le macchine nuove rispondono allo stesso modo, dopodiché potrò giudicare se l’investimento si giustifica. A mio avviso, infatti, non è detto che lasciare le vecchie macchine sia, in assoluto, meno redditizio”.
Anche secondo Patoia la situazione è tale da non concedere il minimo margine di errore: “Chi vuol fare impresa deve studiare attentamente la propria situazione, adeguandosi alle norme, e concordare delle strategie commerciali con i propri fornitori (produttori) per riportare alla normalità il plafond aziendale. Il problema della nuova norma sta nei tempi troppo ristretti; è una corsa pazzesca al recupero di quel margine del 4% che ora stiamo perdendo, in attesa dei nuovi software”.
Angelastri non si discosta da questa linea di pensiero, e aggiunge un particolare importante: “Per quest’anno, il problema è perlopiù finanziario: trovare le risorse per sostituire il 100% del parco macchine, mentre annualmente il ricambio non supera il 30%. Inoltre, ci vorranno almeno 2/3 mesi per valutar il rendimento delle nuove macchine. E laddove dovessimo accorgerci che cambiarle non vale la pena, l’unica alternativa sarà quella di toglierle del tutto, per quanto ciò possa ridare spazio all’illegalità. Di positivo c’è che i produttori e gli enti certificatori hanno lavorato alacremente; ora speriamo che in ADM non si crei il classico collo di bottiglia”. Re si allinea ad Angelastri sul pericolo del ritorno dell’illegalità: “Lo sforzo organizzativo ed economico che la Stabilità richiede è notevole e non so quanti saranno in grado di affrontarlo. Ma ci sono colleghi che, come me, hanno forti perplessità sulla presa del campo, già da quest’anno, dell’illecito, perché sul mercato potrebbero aprirsi dei vuoti rilevanti”.
Gli intervistati sono quasi unanimi nel sostenere che la riduzione del payout al 70% non causerà la fuga dei giocatori. Angelastri: “Non credo che le giocate diminuiranno; poi molto dipende dai softwaristi, dalla loro capacità di creare giochi interessanti”. Su questo punto batte anche Re: “Se i progettisti dei giochi sapranno creare motori allettanti ed equilibrati potremmo non subire particolari flessioni. Di certo, è curioso che in mezzo a tutta questa campagna mediatica contro gli apparecchi, con lo Stato impegnato ipoteticamente a ridurre l’impatto del gioco, si sia optato per la riduzione del payout”.
Luzi: “Ragionando su cicli che sono abbastanza ampi, non credo che i giocatori possano percepire nell’immediato la perdita del 4% del payout, semmai, l’unica perplessità è per il rigiocato”. Misurati pure i timori di Patoia: “A parte il fatto che è sempre difficile generalizzare sul comportamento dei giocatori, perché ognuno ha la sua storia e il suo modo di reagire ai cambiamenti, penso che l’impatto iniziale potrebbe anche essere negativo, ma alla lunga la situazione dovrebbe andare a riassestarsi”. Chi nutre maggiori perplessità è Ciliberti: “Come dicevo prima, mentre negli altri settori le innovazioni sono all’ordine del giorno, le nostre Awp si sono ormai standardizzate, ed ora bisognerebbe renderle più accattivanti. Tra l’alto, visto che con le Vlt il poker è tornato in auge, ormai non c’è più motivo per escludere questa tipologia del poker dall’ambito del comma 6A”.
I gestori saranno più asserviti ai concessionari, o addirittura fagocitati? Sentiamo subito Re, che essendo gestore-concessionario è in posizione diversa dagli altri: “Premesso che sono molto dispiaciuto per tutto quello che sta avvenendo, ritengo che se lo Stato avesse voluto dare subito un taglio drastico ai gestori non avrebbe compensato l’innalzamento del Preu con la diminuzione del payout. Così facendo, infatti, sarebbero rimasti solo 2/3 concessionari che avrebbero fatto asso pigliatutto, con clientela ridotta e selezionata contrattualmente ai minimi termini”.
Il pensiero di Ciliberti fa da apripista a quello degli altri gestori puri. “Spero di no, ma sicuramente questa Stabilità ha tracciato una linea chiara di cosa dovrà essere il gioco in Italia. Le concessionarie la faranno ancor di più da padrone e noi, per sopravvivere, dovremo affermarci come aziende di servizio a livello territoriale. “Io dico semplicemente che bisogna vederli come partner e lavorare in sinergia, fin dove possibile – dice Luzi – ma il problema maggiore si porrà nel 2019, perché dovremo inventarci qualcosa per sopravvivere.” Anche Patoia dice si, “ma non scomparirà. Da quanti anni sentiamo dire: ci vogliono far sparire? Eppure, siamo sempre qua e continueremo ad esserci. Non dobbiamo farci da parte, ma muoverci insieme ai concessionari, che sono i nostri partner commerciali”. Per Angelastri, tutto dipenderà da come sarà scritto il decreto sulle Awp remote.
Cosa aspettarsi dalle mini-Vlt o Awp 3 che dir si voglia? Per tutti, è un discorso prematuro. Solo quando sarà emanato il decreto attuativo si potranno avere le idee più chiare. In aggiunta, per Ciliberti il timore è che se somiglieranno troppo alle Vlt, si toglierà l’attrattiva maggiore, che è il pagamento frequente.
Cosa fare, in definitiva, per garantirsi il futuro?
Patoia: “Con l’ingresso in campo delle Awp3 la nostra figura deve andare ancor di più a professionalizzarsi, cercando nuovi servizi da offrire all’esercente. In sostanza, come è accaduto da quando sono entrate in campo le Vlt, il nostro lavoro tipico di intervento tecnico e riparazione andrà a scemare; e già da tempo, per quel che mi riguarda, mi sto concentrando sul miglioramento dei servizi, perché ci sono tanti prodotti che si possono unire”.
Angelastri ha una proposta interessante: “Le paure maggiori al momento, sono queste: il fatto di non poter cambiare gestore di rete nel corso di quest’anno; che i gestori non potranno avere il possesso dei diritti delle Awp remote. Sul primo punto, se non interpreto male la circolare Aams, non dovremmo avere timori di sorta. Sul secondo, è ancora tutto indefinito. Comunque, se entrambe le situazioni si risolveranno come noi speriamo, vedo una continuità nel nostro lavoro, anche se con minore redditività. Ma chi sa organizzarsi dovrebbe farcela. In ultima analisi, la mia proposta è di far sì che i gestori possano usufruire di una sorta di sub-concessione per la gestione degli apparecchi presso gli esercizi, in modo da evitare che i concessionari si occupino della gestione diretta. In una frase: dobbiamo essere noi a gestire l’ultimo miglio”
“In primo luogo – sono parole di Luzi – se ci si organizza per far scendere i costi, anche le piccole aziende possono sopravvivere. Noi ad esempio abbiamo ancora un 30% di spreco, dovuto alla cattiva gestione di tutti i processi. Bisognerà prestare più attenzione ai punti vendita, muovendosi come commerciali e non commercianti, che seguono la logica del mordi e fuggi. E chi ti segue, a livello di esercenti, ha il suo vantaggio. La ricchezza non sta svanendo ma si sta solo spostando.”
Ciliberti ha dei grandi rammarichi, ma non è rassegnato: “Se avessimo previsto tutti questi ostacoli non avremmo mai fatto certi investimenti. Chi sapendo guardare lontano o chi solo per necessità ha scelto per tempo la strada di “vendersi” alle concessionarie prima che la propria azienda perdesse del tutto il proprio valore, ha fatto la scelta migliore. Ma noi siamo gli ultimi baluardi storici del settore e cercheremo di resistere.” Concludiamo con Re: “Io trovo che il gestore è stato un po’ miope. Per anni non ha fatto altro che rincorrere il costo del collegamento o certe forme di contrattualizzazione vivendo alla giornata. Poi nel singolo operatore è mancata la visione delle cose e nelle associazioni stesse è mancato lo spirito promotore e informativo. Adesso, posso solo immaginare un gestore più evoluto di quanto non lo sia quello attuale o di quanto non abbia voluto esserlo sino ad ora”.
Marco Cerigioni – PressGiochi