24 Novembre 2024 - 22:52

Cassazione su sistema concessorio e Ctd. Sbordoni: “La nuova rete del 2016 non potrà convivere con reti parallele”

Con sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili del 6 ottobre 2015, pubblicata in data 25 novembre 2015, è stata definitivamente sancita la legittimità del nostro sistema concessorio,

02 Dicembre 2015

Con sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili del 6 ottobre 2015, pubblicata in data 25 novembre 2015, è stata definitivamente sancita la legittimità del nostro sistema concessorio, basato sulla dualità della concessione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato e della licenza ex art. 88 TULPS. Il tutto però – spiega l’avv. Stefano Sbordoni – ad oggi condizionato dal governo del territorio; non si mente, infatti se si afferma che la politica restrittiva (ed ingiustificata) dei comuni e delle regioni ha introdotto un terzo elemento all’interno dell’apparato concessorio, il quale, se non dovesse essere regolamentato in maniera omogenea dal Legislatore metterebbe a rischio la nuova gara e la nuova rete lecita del gioco pubblico.

 

Per tornare alla pronuncia in esame, il caso esaminato dalle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione prende le mosse da un ricorso al Tar Lombardia intentato da un CTD affiliato al noto bookmarker d’oltralpe, avverso il diniego al rilascio della licenza ex art. 88 TULPS da parte del Questore di Cremona. Il Tar Lombardia, nel condividere le censure mosse dal ricorrente avverso il diniego, annullava il provvedimento ritenendo il sistema concessorio italiano in contrasto con la normativa europea. Il Ministro degli Interni proponeva appello davanti al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato riformava la sentenza del giudice di prime cure “sul rilievo che la qualità di concessionario costituisce presupposto indispensabile per l’ottenimento dell’autorizzazione richiesta, posto che il sistema autorizzatorio-concessorio vigente nel nostro ordinamento riguarda unicamente operatori economici che intendano organizzare e gestire nel territorio la parte del mercato delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche e non lascia spazio per formule organizzatorie che separando le fasi della negoziazione, non consentano l’individuazione dell’effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse”.

 

Venivano quindi proposti ricorso da parte degli appellati e controricorso da parte del Ministero degli Interni. In tale contesto – secondo la Corte di Cassazione a sezioni unite – nessuna diversa valutazione si rinviene tra la pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada ed il provvedimento del Questore di Cremona, posto che entrambe le decisioni si basano sulla medesima argomentazione, e cioè che non avendo il bookmaker e/o centro affiliato ottenuto alcun titolo concessorio da parte delle Autorità amministrative competenti, nessuna autorizzazione di PS poteva essere rilasciata.

 

Ciò risulta in particolare laddove la sentenza impugnata del Consiglio di Stato ha chiaramente affermato che “il collegio ritiene che dal quadro normativo di riferimento emerga come la qualità di concessionario costituisca presupposto imprescindibile laddove stabilisce che la licenza può essere data esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte dei Ministeri o di altri enti ai quali la legge riserva appunto la possibilità di svolgere l’attività suddetta”.

 

Tale motivazione che si riferisce indifferentemente sia al CTD che al proprio bookmaker, risulta del tutto conforme a quella del provvedimento amministrativo confermando la decisione di quest’ultimo circa la necessità di disporre della concessione per potere ottenere l’autorizzazione di PS.

Questa pronuncia – conclude Sbordoni – risulta particolarmente importante perchè pubblicata prima del bando di gara del 2016. Dovrebbe infatti costituire il viatico per la nuova rete che non dovrà più competere e convivere con reti parallele, che fino ad ora hanno cercato una legittimazione invocando impropriamente principi della Comunità europea, quegli stessi oggi ancora una volta ben interpretati dalla Cassazione.

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