30 Gennaio 2025 - 17:10

La tutela della salute richiede norme diverse. Di Geronimo Cardia

La consapevolezza della non tutela della salute va usata per superare le attuali contraddizioni, non per aggiungerne

28 Gennaio 2025

Commentiamo oggi una nuova sentenza che rimette al centro l’esigenza di superare i cortocircuiti istituzionali sulla gestione della tutela della salute degli utenti. Per i Giudici in questo caso i distanziometri sui territori previsti per i soli apparecchi devono applicarsi anche alle scommesse, anche superando il dato letterale della norma, altrimenti, dicono, si porrebbe una questione di legittimità costituzionale per violazione della tutela della salute. Il passaggio, fondamentale, è utilizzato però per ampliare le limitazioni poste, non per cassare quelle viziate concepite dai legislatori dei territori. Come uscirne? Giudizi amministrativi e tavoli tecnici istituzionali hanno la possibilità di dare una vera tutela dell’utente. Ma anche la via giudiziale, percorribile tra l’altro anche dalle Istituzioni, potrebbe dare il giusto impulso al superamento delle contraddizioni. Lo diciamo anche nel libro “Il gioco pubblico in Italia: riordino, questione territoriale e cortocircuiti istituzionali” edito da Giappichelli.

La sentenza in commento – scrive l’avv. Geronimo Cardia su PressGiochi MAGè la numero 7099 del 2004 (Reg. 56556/2024) della Quinta Sezione del Consiglio di Stato ed è stata promossa da parte di un operatore in merito al distanziometro applicato dal Comune di Perugia in virtù della Legge Regione Umbria n. 21 del 2014 che all’art. 6 conferisce ai Comuni la possibilità di “individuare altri luoghi sensibili (…) tenuto conto dell’impatto dell’apertura delle sale da gioco e della collocazione degli apparecchi per il gioco sul contesto e sulla sicurezza urbana, nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete pubblica”.

Per i Giudici il distanziometro degli apparecchi si applica anche alle scommesse

Per il ricorrente l’interpretazione letterale della norma regionale indicherebbe la via dell’applicazione del distanziometro ai soli apparecchi ed alle sale che li contengano, non anche alle sale scommesse come invece statuito dell’art. 8, comma 1, secondo periodo, del «Regolamento dei giochi leciti» del Comune di Perugia. Ed ancora, l’estensione comunale del divieto all’apertura ed al trasferimento di sale scommesse introdurrebbe “una limitazione (…) non contemplata dalla legge regionale (…) né desumibile dai principi generali stabiliti dalla normativa nazionale”.

Al riguardo la sentenza richiama dei precedenti negativi che hanno invece concluso per l’applicazione dei distanziometri anche alle scommesse: “«la stessa distinzione tra sale da gioco e agenzie per le scommesse non comporta […] che i limiti distanziometrici non si applichino alle seconde. […] Proprio questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5327 del 16 dicembre 2016, ha ribadito che in ambito nazionale, ed in particolare ai fini della tutela della salute (art. 32 Cost.), l’attività di gestione delle scommesse lecite, prevista dall’art. 88 del R.D. n. 773 del 1931, è parificata alle sale da gioco invece disciplinate dal precedente art. 86. […] Le norme attuative della singola legge regionale, pertanto, devono essere interpretate secondo una interpretazione logica e sistematica e, malgrado le espressioni letterali impiegate, non possono che essere riferite «ad entrambe le attività, fonti entrambi di rischi di diffusione della ludopatia» (Cons. St., sez. V, 16 dicembre 2016, n. 5327). […] Dunque i limiti distanziometrici si applicano anche alle agenzie delle scommesse, non essendo decisivo né discretivo, in senso contrario, il fatto che la legge regionale e il regolamento comunale sembrino riferirsi letteralmente alle sole sale da gioco e non alle agenzie per le scommesse ai fini delle distanze dai luoghi sensibili perché, come bene osserva il Ministero appellante, se il legislatore regionale, per ipotesi (e irragionevolmente), avesse voluto davvero circoscrivere l’applicabilità di cui all’art. 2 della L.R. n. 17 del 2012 alle sole sale da gioco, avrebbe menzionato solo le sale da gioco al comma 2 dell’art. 1 e non anche il ‘gioco lecito’, più in generale, e avrebbe usato una dizione non equivoca utilizzando espressioni come ‘esclusivamente’, ‘unicamente’, riferite alle sale da gioco».”.

E su questo viene poi aggiunto un aspetto importante secondo cui “Una diversa interpretazione porrebbe, inoltre, seri dubbi di costituzionalità derivanti non solo dall’apparente contrasto tra la legislazione regionale e quella nazionale (Decreto Balduzzi), nonché con l’art. 32 Cost. e con il diritto alla salute, «che ovviamente prevale sul pur rilevante valore dell’art. 41 Cost., in quanto le attività economiche non possono svolgersi in contrasto con la tutela della dignità umana e con l’applicazione delle distanze rispetto ai luoghi sensibili proprio a tutela della salute dei soggetti più esposti al rischio della ludopatia, che costituisce una minaccia grave alla dignità della persona umana, meritevole della massima protezione proprio a difesa dell’integrità psicofisica dei soggetti più vulnerabili e, in quanto tali, esposti al rischio del gioco d’azzardo patologico» (Consiglio di Stato, sez. III, 26 marzo 2021, n. 2579).”.

La tutela della salute richiede norme diverse

Ora, a prescindere dal fatto che vi sono altre sentenze che concludono in maniera radicalmente opposta, rispetto quanto sopra rappresentato, ed in particolare escludendo, proprio per il dato letterale, l’applicazione dei distanziometri alle scommesse (Sezione Sesta del Consiglio di Stato n. 841/2024, emessa il 26/1/2024 e resa nel giudizio RG 3926/2023 che correttamente ha concluso per la non applicazione alle sale scommesse del distanziometro della Provincia di Bolzano), qui quello che va rilevato è però altro.

I passaggi richiamati della sentenza in commento sembrerebbero palesare una presa di posizione della giurisprudenza rivoluzionaria.

Si palesa infatti una piena consapevolezza del fatto che il disturbo da gioco d’azzardo non abbia in astratto come marchio di fabbrica quello degli apparecchi e che se i provvedimenti limitati fossero applicabili ai soli apparecchi si porrebbero seri dubbi di costituzionalità.

Su questo la riflessione che va fatta è che tali dubbi di costituzionalità, sistematicamente denunziati nei numerosi contenziosi degli operatori avverso i provvedimenti limitativi focalizzati sui soli apparecchi, non siano stati ancora sottoposti in modo diretto con la cosiddetta Questione Territoriale dei distanziometri al giudizio della Corte Costituzionale.

Chissà se tale presa di posizione innovativa della giurisprudenza, qui adottata (sia chiaro a parere di chi scrive in modo non condivisibile) solo per aggiungere limitazioni e non anche per cassare il provvedimento discriminatorio e miope rispetto all’obiettivo di contrastare il DGA, non sarà invece presa ad esempio, come dovrebbe, per rimettere al giudizio costituzionale le questioni non manifestamente infondate descritte anche nel libro richiamato in premessa.

Di tali riflessioni espresse dai Giudici, peraltro, dovrà tenersi conto nei giudizi che riguardano le limitazioni comunali di orari di funzionamento del gioco nella quasi totalità dei casi applicate ai soli apparecchi del territorio.

Conclusioni

Sono anni che si focalizzano le non manifeste violazioni dei principi costituzionali, a partire da quello della salute, sottesi alla presenza del gioco pubblico che riguardano i distanziometri espulsivi e le limitazioni asfissianti di orari.

Questa volta, in questo giudizio in commento va sottolineato che viene in rilievo una consapevolezza di tali aspetti anche da parte della giurisprudenza.

Solo che occorre fare un passo ulteriore: occorre che si comprenda che se è giusto considerare illegittimo un provvedimento di limitazione (di distanze o orari che siano) che si focalizza su un tipo di gioco e basta, la soluzione non è quella di applicare allora la stessa misura anche ad un (solo) altro tipo di gioco e basta.

E ciò perché:

  • di giochi ce ne sono tanti altri;
  • di canali distributivi ce ne sono due (territorio e web);
  • c’è sempre un’offerta di altri Paesi per i territori di confine;
  • c’è sempre l’offerta illegale pronta a contrabbandare prodotti alternativi;
  • la misura limitativa in sé prevista delle norme attuali, anche se applicata a tutti i giochi, non è idonea a dare i risultati sperati, anzi i numeri a posteriori come gli esperti in materia sanitaria dicono che le misure sono addirittura controproducenti;
  • per un serio contrasto al DGA occorrono invece strategie coordinate di prevenzione e cura anche con la collaborazione degli operatori e della tecnologia.

 

Per arrivare a queste consapevolezze, per arrivare a dare le giuste tutele, a livello legislativo il percorso si sta rivelando tanto complicato, come dimostrano le difficoltà del tavolo tecnico istituzionale all’uopo costituito per l’attuazione della Delega Fiscale.

Ma allora perché in sede giudiziale, raggiunta la consapevolezza di quanto oggi in commento, non si riesce ancora a fare il passaggio ulteriore di sottoporre una norma del territorio al giudizio della Corte Costituzionale?

La domanda si pone anche pensando alle possibilità di intervento, pure nelle corde delle Istituzioni che oggi stanno lavorando al tavolo tecnico, battendosi per una riforma realmente efficace, sostenibile e priva di contraddizioni, altri cortocircuiti.

 

PressGiochi MAG