Agcom archivia il procedimento nei confronti di Telegram fz per la violazione della disposizione normativa contenuta nell’art. 9, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito con legge
Agcom archivia il procedimento nei confronti di Telegram fz per la violazione della disposizione normativa contenuta nell’art. 9, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito con legge 9 agosto 2018, n. 96 (cd. Decreto dignità).
Il procedimento è originato a partire dalle segnalazioni pervenute all’Autorità relative a presunte violazioni dell’art. 9 del Decreto dignità effettuate attraverso la piattaforma di condivisione video “Telegram”, accessibile dal sito web.telegram.org.
Nell’ambito dell’attività pre-istruttoria, l’Autorità ha accertato la presenza, in 17 canali Telegram, di contenuti di promozione o comunque di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro ovvero di invito alla pratica del gioco d’azzardo in presunta violazione dell’art. 9, comma 1, del Decreto dignità.
L’articolo 9 del sopra citato Decreto dignità prescrive che “al fine di un più efficace contrasto del disturbo da gioco d’azzardo è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media […]”.
Il comma 2 del richiamato articolo, al fine di rafforzare la portata dissuasiva della sanzione che assiste il divieto sancito al primo comma, ha previsto che siano responsabili dell’illecito: (1) “committente”, (2.1) “proprietario del mezzo o del sito di diffusione”, (2.2) “proprietario del mezzo o del sito di destinazione” e (3) “organizzatore della manifestazione, evento o attività”. Invero, la ratio del divieto, che giustifica l’ampiezza del perimetro soggettivo e oggettivo di applicazione, risiede nell’esigenza di contrastare il fenomeno della ludopatia (qualificato oggi come “disturbo da gioco d’azzardo”, c.d. DGA, ai sensi dell’articolo 9, comma 1-bis del Decreto dignità) e di rafforzare la tutela del consumatore/giocatore, con particolare riferimento alle categorie vulnerabili (giocatori patologici, minori, anziani, ecc…).
Ai fini dell’irrogazione della sanzione- scrive AGCOM – trova applicazione la legge n. 689/81, espressamente richiamata dalla norma. Come chiarito, l’articolo 9 del Decreto dignità punisce il committente, il proprietario del mezzo o del sito di diffusione o di destinazione e l’organizzatore della manifestazione, evento o attività responsabili della propria azione od omissione “cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”. Nel caso di specie, il legislatore ha infatti ritenuto di porre in capo a tutti i soggetti obbligati il divieto di realizzare “qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo” al fine di assicurare un contrasto serio ed effettivo nei confronti dei pericoli connessi alla pubblicità dei giochi a pagamento con vincite in denaro.
L’Autorità, con la richiamata delibera n. 132/19/CONS, ha adottato le Linee guida con l’obiettivo di coordinare le nuove previsioni del Decreto dignità con l’articolata disciplina di settore previgente, non incisa dall’intervento legislativo, e con i principi costituzionali e dell’Unione europea. Segnatamente, le Linee guida si prefiggevano di fornire chiarimenti interpretativi rispetto all’applicazione dell’articolo 9, ma limitatamente ai servizi media tradizionali. Come chiarito dal TAR del Lazio nella sentenza n. 11036/2021 la citata delibera che ha adottato le Linee guida sulle modalità attuative dell’art. 9 del Decreto dignità è mero atto amministrativo con contenuto orientativo ma non vincolante.
Per quanto riguarda l’applicazione del divieto previsto dal Decreto a proprietari di siti di diffusione via internet, occorre valutare in concreto se una piattaforma che fornisce un servizio di condivisione video come Telegram, sia configurabile come esente da responsabilità per le condotte illecite sopra descritte. A questo proposito, occorre richiamare che la sentenza del Consiglio di Stato n. 4277 del 2024, relativa ad un analogo caso di violazione dell’art. 9 del Decreto dignità, ha escluso che la disciplina di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 70/2003 possa applicarsi anche nella fattispecie concernente il divieto di pubblicità del gioco d’azzardo, considerato che ‹‹la Direttiva 2000/31/CE esclude testualmente dal proprio ambito di applicazione (art. 1, comma 5) “i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse”, specificando che “tale esclusione non riguarda solamente l’attività che ha ad oggetto lo svolgimento on line del gioco d’azzardo a pagamento […] ma anche l’attività diretta alla pubblicizzazione dei giochi medesimi›› (enfasi aggiunta), facendo rilevare che, non essendovi dei vincoli comunitari riferibili a tale materia, questa risulta disciplinata esclusivamente dalle disposizioni nazionali, contenute nel c.d. Decreto dignità.
Pertanto, alla luce della richiamata decisione giurisprudenziale, l’illecito amministrativo discendente dalla violazione del divieto di cui all’art. 9 del Decreto dignità è disciplinato dalle ordinarie regole in materia di illeciti amministrativi dettate dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981, senza potersi pertanto fare applicazione, nel caso di specie, del regime privilegiato di responsabilità riservato agli hosting provider passivi.
Inoltre, in termini generali si osserva che secondo l’articolo 6, comma 1, del Regolamento DSA, “il prestatore del servizio non è responsabile delle informazioni memorizzate su richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza delle attività o dei contenuti illegali e, per quanto attiene a domande risarcitorie, non sia consapevole di fatti o circostanze che rendono manifesta l’illegalità dell’attività o dei contenuti; oppure b) non appena venga a conoscenza di tali attività o contenuti illegali o divenga consapevole di tali fatti o circostanze, agisca immediatamente per rimuovere i contenuti illegali o per disabilitare l’accesso agli stessi.” (enfasi aggiunta).
Nel caso di specie, alla luce di quanto emerso dall’attività istruttoria circa l’assenza di rapporti commerciali con i content creator titolari dei canali Telegram oggetto della contestazione, si ritiene che non possa essere imputata alcuna responsabilità alla Società, in quanto la stessa appare non aver avuto alcuna conoscenza circa l’illecito commesso presso la propria piattaforma. In questo senso, sulla base degli elementi raccolti in fase istruttoria, la condotta di Telegram appare soddisfare la condizione stabilita dall’art. 6, comma 1, lett. a) del Regolamento DSA.
Parimenti, si rileva che il fatto che la Società abbia immediatamente rimosso tutti i contenuti identificati nell’atto di contestazione, disabilitando i canali attraverso i quali erano veicolati, non appena avuta notizia della violazione, porta a concludere che anche la condizione stabilita all’articolo 6, comma 1, lett. b) del predetto Regolamento DSA sia soddisfatta.
VISTI gli atti del procedimento;
RITENUTO che nel caso concreto, tenuto anche conto del comportamento complessivamente tenuto alla Società in merito ai contenuti illeciti diffusi presso la piattaforma di condivisione di video Telegram in violazione dell’articolo 9 del Decreto dignità – la quale si è immediatamente adoperata, non appena ricevuto l’atto di contestazione n. 12/23/DSDI del 17 luglio 2023, a rimuovere i contenuti illeciti e disabilitare l’accesso dall’Italia ai canali Telegram indicati in detto atto – non è possibile imputare alla Società alcuna responsabilità ai sensi dell’art. 3 della legge n. 689/1981, nemmeno per omissione colposa, in termini cioè di mancata adozione di idonee cautele a monte (onere di vigilanza specifico) al fine di evitare/prevenire la diffusione dei contenuti analoghi o equivalenti a quelli individuati nell’atto di contestazione – caricati su tale piattaforma da parte dei content creator titolari dei canali Telegram indicati nell’atto di contestazione – per l’assenza con questi ultimi di alcun rapporto commerciale così come di alcuna conoscibilità ex ante dei suddetti contenuti;
RILEVATO che nessuna responsabilità è possibile imputare alla Società in merito ai contenuti illeciti diffusi presso la piattaforma di condivisione di video Telegram in violazione dell’articolo 9 del Decreto dignità, sebbene ricada su di essa un dovere specifico di agire immediatamente per rimuovere i contenuti illegali o per disabilitare l’accesso agli stessi, non appena venga a conoscenza di tali attività o contenuti illegali o divenga consapevole di tali fatti o circostanze;
RITENUTO, pertanto, in esito agli accertamenti istruttori svolti, che non risulta integrata la violazione dell’art. 9 del Decreto dignità e che ricorrono i presupposti per l’archiviazione del procedimento;
UDITA la relazione del Commissario Laura Aria, relatore ai sensi dell’art. 31 del Regolamento concernente l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità.
DELIBERA
l’archiviazione del procedimento avviato nei confronti della Società Telegram FZ-LLC.
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