05 Novembre 2024 - 11:21

In Sardegna dopo la regolamentazione a macchia di leopardo, spunta quella a pelle di camaleonte

Il copione è andato in scena già tante volte, la Regione approva una legge che per arginare il fenomeno della ludopatia chiude le sale da gioco e le relega nelle

13 Agosto 2024

Il copione è andato in scena già tante volte, la Regione approva una legge che per arginare il fenomeno della ludopatia chiude le sale da gioco e le relega nelle aree più isolate dei centri urbani. Poi però ci si accorge che quelle misure sono troppo rigide, portano alla chiusura di quasi tutte le sale e quindi alla perdita di migliaia di posti di lavoro, e allora si cerca un compromesso. Magari, intanto quella legge ha bloccato l’apertura di nuove sale, e si può anche usare la parola successo.

In Sardegna – scrive Gioel Rigido sulle pagine di PressGiochi MAG – la legge è entrata in vigore nel 2019, ma richiedeva un passaggio ulteriore. La Giunta regionale – entro tre mesi – avrebbe dovuto determinare “le distanze… tenendo conto della densità demografica dei comuni”. Insomma, avrebbe dovuto adottare un provvedimento per stabilire che i comuni più piccoli avrebbero potuto applicare un distanziometro ridotto, mentre quelli di maggiori dimensioni sarebbero potuti arrivare ai 500 metri. Quel provvedimento però non è mai arrivato, e allora si è fatta strada una soluzione ‘ibrida’. La legge regionale non era direttamente applicabile, e quindi il distanziometro non copriva l’intero territorio, ma i singoli comuni potevano varare dei regolamenti che chiaramente avrebbero avuto efficacia solamente locale. È l’interpretazione che hanno seguito diverse amministrazioni locali, e tra queste c’è in particolare quella di Cagliari che ha seguito un iter emblematico. Il capoluogo ha infatti chiesto un parere all’Avvocatura di Stato del Distretto di Cagliari, e anche quest’ultima ha sposato questa soluzione. Diversi altri municipi, poi, hanno richiamato quel parere, per decidere come intervenire.

Questo equilibrio ha retto per quasi cinque anni, ovvero fino alla fine del 2023, quando il comune di Selargius ha bloccato l’apertura di una nuova sala. Il municipio però non aveva varato un proprio distanziometro: ha applicato direttamente la legge regionale. La sala ha protestato e fatto ricorso, ma il Tar Sardegna – la sentenza è di inizio giugno – ha rimescolato le carte. Dopo aver ricordato che anche la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità dei distanziometri, ha sostenuto che “l’indicazione della misura, pur massima, di 500 metri di distanza delle sale giochi dai luoghi sensibili, sia posta in via precettiva”. Il che vuol dire che il distanziometro regionale si applica direttamente, poi però la Giunta regionale può sempre adottare un provvedimento che “nell’ambito della predetta misura, individui distanze diverse ‘tenendo conto della densità demografica dei comuni’”.

C’è ancora tutto il giudizio d’appello d’avanti, e bisogna capire se e quanto sarà possibile rimettere le cose in equilibrio. I legali della sala in questione e l’Avvocatura di Stato del Distretto di Cagliari tuttavia per il momento hanno preferito non intervenire. PressGiochi nel caso ne darà conto in seguito. Sulla questione ha interpellato Francesco Pirrello, presidente di A.G.G.E. Sardegna, che non nasconde la preoccupazione per il precedente che adesso si è formato.

Come mai la Giunta Regionale non ha approvato regolamenti attuativi?

“Penso ci sia stata una sorta di ripensamento, che in Regione si siano resi conto che la legge avrebbe messo sulla strada migliaia di operatori. Il Consiglio regionale aveva addirittura avviato l’iter per modificare la legge, la stessa A.G.G.E. Sardegna è stata audita in Commissione, poi però si è deciso di lasciare spazio a altre questioni più urgenti… Il problema, comunque, era che dopo cinque anni dall’entrata in vigore, il distanziometro sarebbe stato applicato in modo retroattivo anche alle sale preesistenti. E di conseguenza avrebbe portato alla chiusura del 97% delle attività. Ma appunto, decidendo di non varare i regolamenti attuativi, si è raggiunta una sorta di equilibrio”.

A quel punto si è lasciato tutto alla libera iniziativa dei Comuni. E alcuni in effetti hanno approvato dei regolamenti propri per imporre il distanziometro. Selargius invece, ha semplicemente respinto la richiesta di apertura della sala sostenendo che la legge regionale fosse direttamente applicabile?

“Sì, esattamente, e il Tar gli ha dato ragione, nonostante la legge regionale sia di fatto una legge in bianco. Prevedeva che intervenisse la Giunta regionale per determinare in concreto l’applicazione delle distanze, basandosi sulle dimensioni dei singoli Comuni. Perché in una città come Sassari le distanze di 500 metri hanno un effetto determinato, ma nei piccoli centri basta un unico luogo sensibile per interdire l’intero territorio comunale”.

La posizione del Tar è abbastanza netta, la legge può comunque essere applicata in maniera diretta…

“Ma è una pronuncia piuttosto singolare perché non ha tenuto conto del parere che l’Avvocatura di Stato del distretto di Cagliari ha emesso il 18 novembre 2019. E quest’ultima afferma esattamente il contrario. Quindi, se i Comuni vogliono adottare autonomamente dei distanziometri, devono emanare dei regolamenti propri”.

Com’è nato questo parere?

“A chiederlo è stato il Comune di Cagliari, proprio per capire come intervenire. Ma poi lo avrebbero seguito anche altre amministrazioni. A Olbia, ad esempio, mi risulta che una sala Bingo avesse chiesto la licenza ex 88 Tulps, prima che il Comune adottasse un regolamento sulle distanze. La Questura di Sassari avrebbe inizialmente negato la licenza, probabilmente perché anch’essa riteneva che la legge regionale fosse direttamente applicabile. Ma poi, una volta ricevuto il parere dell’Avvocatura, avrebbe revocato il provvedimento e avrebbe autorizzato l’apertura”.

Mi scusi, il termine parere però fa pensare a un’opinione autorevole, ma che non è vincolante… Che valore ha il parere dell’Avvocatura di Stato?

“Sì, è vero che il giudice decide in piena autonomia, ma è anche vero che la Questura di Sassari si è sentita vincolata… Insomma, con la sentenza del Tar si è creato un contrasto tra due apparati giuridici dello Stato: l’Avvocatura di Stato ha detto che quella legge così non è applicabile, mentre il giudice l’ha applicata direttamente”.

In ogni caso, nel ricorso contro il Comune di Selargius, questo parere non è proprio entrato. Insomma, il Tar non ha detto che va disatteso, ma a quanto pare non ne era a conoscenza, giusto?

“Sì, assolutamente, e adesso infatti stiamo pensando a come intervenire. Se la sala deciderà di impugnare quella sentenza in Consiglio di Stato, punteremo a intervenire ad adiuvandum, e faremo valere la nostra posizione. Altrimenti valuteremo altre forme di ricorso”.

 

Gioel Rigido – PressGiochi MAG