24 Novembre 2024 - 05:20

Barbara Beltrami a PressGiochi: “Il gioco patologico danneggia il business. Parola di Kindred”

Barbara Beltrami è country manager di Kindred Group per l’Italia. Nel corso di un convegno a Enada, che si è appena conclusa a Rimini, ha parlato delle difficoltà che il

15 Marzo 2024

Barbara Beltrami è country manager di Kindred Group per l’Italia. Nel corso di un convegno a Enada, che si è appena conclusa a Rimini, ha parlato delle difficoltà che il riordino del gioco on line provocherà non solo per gli operatori ma per gli stessi giocatori.

In questa intervista a PressGiochi spiega quali sono, secondo lei, le maggiori criticità del provvedimento.

 

Barbara Beltrami in Italia come country manager di Kindred Group. Ha partecipato a Enada a un convegno proprio sul gioco online di cui Kindred conosce tutti gli aspetti, non solo in Italia, ma nel mondo. Ed è stata espressa una preoccupazione per come questo riordino del gioco online in Italia può portarci nei prossimi anni. Quali sono le criticità maggiori del provvedimento, dal punto di vista di un gruppo internazionale che opera su tutti i mercati?

L’Italia è un mercato importante e il momento in cui Kindred Group aveva deciso di entrare con una certa forza, quindi cominciare a investire e guadagnare quote di mercato, sfortunatamente è coinciso con l’arrivo del decreto dignità. Questo è stato un grosso freno per la crescita di un brand che voleva invece farsi conoscere. Quello è stato il primo colpo perché di fatto è stato impossibile attivare quelle attività di marketing che ci avrebbero permesso di farci conoscere. Ora arriva questo nuovo decreto che, al di là dei requisiti e del prezzo, ci auspicavamo che desse delle risposte sul riordino. Cioè, che dicesse: da questo momento funzionerà in questo modo.

Quindi, rivedremo il discorso del decreto dignità, ci sarà possibilità di fare alcune attività… Invece su questo siamo totalmente all’oscuro e quindi ci troviamo in una situazione di grande incertezza perché è un po’ come comprare a scatola chiusa. Una grande cifra da investire, un grande investimento per un operatore che ha una quota di mercato abbastanza piccola, pur essendo un grosso operatore internazionale, senza sapere se poi entrare nel mercato ci darà la possibilità di attuare quelle attività e quelle strategie che ci permetteranno di crescere.

 

Quindi l’aspetto della comunicazione e del marketing sono i punti deboli di tutte le politiche di un’azienda, soprattutto per chi arriva dall’estero? Qui si dice che questo decreto finirà col fare rinunciare proprio gli operatori esteri.

Ormai opero nel settore da 15 anni, quindi ho visto la nascita del mercato regolamentato del gioco online proprio dall’inizio. E la formula era molto vincente dal mio punto di vista. Nel senso che era una regolamentazione molto seria, quindi tutto tracciato, qualsiasi attività del giocatore in modo da poter avere i dati ed eventualmente intervenire o prevenire,

combinato al fatto che chi aderisce a questo modello di fatto ha la possibilità di fare comunicazione sul proprio brand. Su questo si è fondato l’inizio del mercato italiano. Da una parte, licenza e controlli, ma dall’altra parte chi aderisce ha il plus di poter comunicare la propria offerta. Sia dal punto di vista commerciale, ma in primis per differenziarsi da chi invece a questo progetto non aderiva. Nel momento in cui è venuto a decadere l’aspetto di comunicazione, dal mio punto di vista è decaduto un po’ tutto. Perché a quel punto, qual è il rapporto che si va a creare tra concessionario e regolatore?

 

Cioè, lo Stato, a fronte di una limitazione, dovrebbe fornire un punto d’appoggio.

Esatto. Facciamo parte di un gruppo ristretto di concessionari che garantiscono determinati requisiti. Questo però ci deve poter permettere di differenziarci, da chi invece questo non lo fa.

 

I legislatori dicono sempre che queste restrizioni sono a tutela del giocatore.

In realtà no. In realtà, sono esattamente il contrario perché sappiamo che la domanda di gioco c’è e ci sarà sempre. Come viene indirizzata è la modalità di proteggere il giocatore. Quindi dove il giocatore che ha una domanda a prescindere dalla pubblicità, che vuole giocare, a questo punto come fa a scegliere l’operatore sicuro? Nella confusione del non poter comunicare il fatto che noi siamo operatori legali, c’è il rischio che il giocatore vada a finire nel circuito illegale o non capisca la differenza tra uno e l’altro.

Questo è veramente il grande rischio. Perché abbiamo i dati da anni. Sappiamo che l’online è completamente tracciato, cosa che media generalisti non dicono mai. Sembra sempre che nell’online succeda chissà cosa. L’online legale è tutto tracciato: codice fiscale… movimenti… si sa tutto. Vengono forniti limiti di deposito, la self exclusion, quindi ci sono tutti gli strumenti di tutela. Nel momento in cui il giocatore esce da questo, non si sa dove va a finire. E oggi il fatto di non poterlo comunicare crea questo corto circuito.

 

Voi siete un gruppo internazionale. Quindi avete una visione che è globale, non solo Europea. A questo punto si può fare un confronto perché una sensazione che si può avere, dopo la prima fase in cui l’Italia sembrava la più restrittiva ai limiti del proibizionismo, oggi sembra che nei confronti Governi stranieri vogliano imitare proprio questo modello italiano così restrittivo.

I regolatori stranieri vogliono imitare il modello italiano perché è apparentemente un modello vincente. È stato il primo. E già da lì hanno tra virgolette preso quello che abbiamo fatto noi quando hanno cominciato a regolamentare. Siamo stati i primi. E poi è un mercato grande: siamo il secondo mercato per l’online in Europa dopo gli UK. Quello col tasso di crescita più alto. Quindi è naturale che, essendo leader in questo settore, gli altri mercati guardino a noi come modello. Il problema è che non sempre riescono a distinguere quando il modello in realtà è un modello positivo, come è stato negli anni passati, e quando in realtà il modello comincia a diventare un pochino problematico, come a mio avviso è stato negli ultimi anni dal decreto dignità in poi. Quindi effettivamente c’è anche questo rischio. Siamo un po’ un mercato di riferimento ma non credo che stia dando negli ultimi anni le risposte all’altezza di quello che è la dimensione e l’importanza del nostro questo mercato.

Se Barbara Beltrami potesse dare un suggerimento al legislatore per conciliare le due esigenze: tutela del giocatore e interesse delle imprese, quale sarebbe il primo che ti viene in mente?

Io lo dico sempre: considerare il concessionario come la soluzione e non come il problema. Il che significa un dialogo maggiore perché noi abbiamo tutti i dati e già abbiamo tantissimi sistemi di controllo per la prevenzione del gioco patologico che sono efficienti. Quindi già utilizziamo intelligenza artificiale, già abbiamo modelli predittivi, ed è nostro interesse non avere giocatori problematici. Sembra sempre il contrario, ma in realtà il nostro business funziona bene quando non abbiamo questo tipo di problematica. Quindi considerarci come un alleato, confrontarsi e darci la possibilità, regolamentando il messaggio. Sono d’accordo sul fatto di regolare il messaggio che andiamo a dare al consumatore, che sia un messaggio di gioco responsabile, ma non impedirci di fare il nostro lavoro.

 

 

PressGiochi

 

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