Va dimostrato se e quando i limiti orari applicati agli apparecchi da gioco possono incidere sulla riduzione del fenomeno della ludopatia. E’ questa in estrema sintesi la motivazione che ha
Va dimostrato se e quando i limiti orari applicati agli apparecchi da gioco possono incidere sulla riduzione del fenomeno della ludopatia.
E’ questa in estrema sintesi la motivazione che ha portato la Terza Sezione della Corte di Cassazione a confermare la sentenza della Corte d’appello di Milano e a rigettare il ricorso del Codacons.
Materia del contendere è l’attività di una sala slot che in barba all’ordinanza comunale adottata nella città di Milano continuava a restare aperta danneggiando, secondo l’associazione dei consumatori, la salute degli utenti.
Il Tribunale di Milano aveva già rigettato il ricorso affermando che il Codacons “non aveva dimostrato ‹‹che la limitazione dell’orario di funzionamento degli apparecchi da gioco lecito, così come disposta con l’ordinanza sindacale n. 63/2014, fosse effettivamente idonea ad incidere in senso positivo sul fenomeno della ludopatia, limitandolo o riducendone la diffusione››”.
Non solo: secondo la Cassazione esiste “un contrasto giurisprudenziale sulla applicabilità dell’Intesa raggiunta nella conferenza Stato- Regioni- Enti locali del 2017 e che i motivi di interesse generale che consentivano limitazioni di orario non potevano consistere in ‹‹un’apodittica e indimostrata enunciazione››, ma dovevano concretarsi in ragioni specifiche, ‹‹da esplicitare e documentare in modo puntuale››. Nel caso di specie, l’appellante non aveva adeguatamente provato come l’imposizione dell’obbligo in capo alla sala giochi di rispettare l’ordinanza comunale fosse idoneo a diminuire i volumi del gioco d’azzardo, in difetto di produzione di documentazione riferibile alla situazione locale.
Come ha avuto modo di ricordare la massima corte, “la giurisprudenza amministrativa, da una parte, reputa che all’Intesa raggiunta nell’ambito della Conferenza Unificata non possa ‹‹riconoscersi ex se alcuna efficacia cogente››, essendo necessario che ‹‹i suoi contenuti siano recepiti in un decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze›››, e, dall’altra, ritiene che non possa essere disconosciuta all’Intesa ‹‹una certa forza vincolante per le parti che l’hanno sottoscritta, in quanto espressione di principi e regole comuni che in sede di Conferenza Unificata hanno trovato mediazione››, cosicché, anche se non ancora recepite in un decreto ministeriale, le relative previsioni ‹‹assumono comunque il valore di parametro di riferimento per l’esercizio da parte delle amministrazioni locali delle loro specifiche competenze, in materia di disciplina degli orari di apertura delle sale gioco e di funzionamento degli apparecchi di gioco››.
E non è dirimente, nel ricorso in oggetto, “l’astratto riferimento al generale fenomeno del cd. “gioco d’azzardo lecito” ed ai suoi effetti sociali e sanitari, perché non riscontrato da attendibili studi scientifici riferiti allo specifico ambito locale, il generico riferimento “a fatti notori”, non attinenti alla concreta situazione locale, le statistiche elaborate dall’Azienda Sanitaria di riferimento, non esattamente coincidente con lo specifico ambito comunale, come pure l’estratto del libro “Gambling”, pure invocato da Codacons, che mancava di un preciso riferimento alla città di Milano, i dati ricavati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che riguardavano la Regione Lombardia nel suo complesso e non la provincia di Milano, e il richiamo all’‹‹indagine IPSAD››, dalla quale si evinceva solo come il gioco d’azzardo avesse costituito, negli ultimi anni, ‹‹un’importante tematica di salute pubblica››”.
E ancora: “la giurisprudenza amministrativa, anche di recente, ha ribadito che ‹‹l’intervento regolatorio in materia deve avvenire previo esperimento di un’istruttoria specificamente riferita al territorio comunale, anche al fine di garantire la tenuta in concreto dei superiori principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa di rango costituzionale ed eurounitario (cfr., Consiglio di Stato, Sez. I, pareri nn. 449/2018; 1418/2020; 1143/2021)››; con la precisazione che ‹‹non è sufficiente il richiamo a fatti notori e affermazioni relative al fenomeno in generale, dovendo essere evidenziata una realtà particolarmente preoccupante, desumibile da una fonte certa››, e che deve, dunque, essere fornita ‹‹la dimostrazione della necessità sullo specifico territorio di riferimento di una maggiore tutela rispetto a quello nazionale che possa essere raggiunta con quella determinata limitazione oraria di accesso al gioco e che, una volta attuata, questa misura non comporti effetti indiretti, quali, ad esempio, lo spostamento della domanda verso forme di gioco illegale››”.
PressGiochi
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