23 Novembre 2024 - 04:55

Le banche non possono più rifiutare gli operatori del gioco. Di Geronimo Cardia

Un punto fermo nella regolamentazione dell’antiriciclaggio per un principio già consolidato che impatta non solo sulle procedure ma anche sulle prassi dei soggetti obbligati. L’emendamento sul de-risking ingiustificato interessa non

30 Novembre 2023

Un punto fermo nella regolamentazione dell’antiriciclaggio per un principio già consolidato che impatta non solo sulle procedure ma anche sulle prassi dei soggetti obbligati. L’emendamento sul de-risking ingiustificato interessa non solo le procedure delle banche ma anche eventuali prassi difformi.

 

In questo articolo – scrive l’avv. Geronimo Cardia nell’ultima edizione di PressGiochi MAG – metto in luce le specifiche dell’emendamento di recente approvazione con cui è stato messo un punto sul principio di diritto esistente secondo cui non possano essere negati i rapporti di conto corrente agli operatori per il solo fatto della loro appartenenza a categorie cosiddette a rischio. L’emendamento impone formalmente ai soggetti obbligati di avere procedure che non contengano spunti per tenere comportamenti discriminatori ma il divieto di discriminazione opera anche nei confronti di eventuali prassi che si discostino da tale precetto.

 

 

Come è noto l’emendamento n. 12.0.11 è stato proposto dal Senatore Damiani e successivamente approvato il 27/9/2023 in sede referente dalla VIII Commissione permanente, costituita presso il Senato, “Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica”.

Con detto emendamento è stato introdotto l’articolo 12 bis, la cui rubrica recita “Procedure di mitigazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo”, al D.L. 104/2023 (cosiddetto Decreto Asset) in sede di conversione con la Legge 136/2023.

 

Il testo letterale dell’emendamento

Da un punto di vista strettamente letterale esso prevede che: “Al D. Lgs. 21 novembre 2007 n.  231 sono apportate le seguenti modifiche: (a) all’art. 16, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: “2 bis. I soggetti obbligati assicurano che le procedure adottate ai sensi del presente articolo non escludano in via preventiva e generalizzata determinate categorie di soggetti dall’offerta di prodotti e servizi esclusivamente in ragione della loro potenziale elevata esposizione al rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo; (b) all’art. 17, comma 3, dopo le parole “sono adeguate al rischio rilevato” è aggiunto il seguente inciso “e basate su informazioni aggiornate, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. d)”.

 

Il senso dell’emendamento

Il Dossier Ufficio Studi Senato Camera del 28/9/2023 ricorda che la norma in questione, introdotta con l’emendamento in sede referente, “dispone che le procedure adottate per la mitigazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo non escludano, in via preventiva e generalizzata, determinate categorie di soggetti dall’offerta di prodotti e servizi esclusivamente in ragione della loro potenziale elevata esposizione al rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. L’articolo stabilisce, inoltre, che le misure adottate dai soggetti obbligati per verificare la clientela ai fini del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo siano basate su informazioni aggiornate derivanti dal controllo costante del rapporto con il cliente, per tutta la sua durata, attraverso l’esame della complessiva operatività del cliente medesimo, la verifica e l’aggiornamento dei dati e delle informazioni acquisite nello svolgimento delle attività” (pagina 88, Dossier Ufficio Studi Senato Camera del 28/9/2023).

 

Il divieto di discriminazioni

Nel Dossier come detto viene sintetizzata la disposizione emendativa con il fatto che “i soggetti obbligati assicurano che le procedure (…) non escludano, in via preventiva e generalizzata, determinate categorie di soggetti (…) esclusivamente in ragione della loro potenziale elevata esposizione al rischio di riciclaggio (…)” (pagina 88, cit. Dossier).

La norma fa riferimento in sostanza ad un divieto di esclusione per discriminazione, laddove la discriminazione viene cristallizzata nella misura in cui ci si limiti a operare in tal senso per il solo fatto che l’operatore abbia una potenziale elevata esposizione al rischio.

 

Il divieto di discriminazione nelle procedure

Il divieto di discriminazione, a ben vedere, opera nel senso che non è consentito ai soggetti obbligati di avere procedure che nei fatti contengano siffatte distorsioni.

Ora, come è noto, le procedure sono tutti i documenti aziendali che giungono a descrivere in modo più o meno dettagliato le modalità di svolgimento delle attività così disegnando i cosiddetti processi aziendali.   Si tratta di documenti che a loro volta seguono specifici iter di redazione, approvazione e formalizzazione, così entrando a far parte del sistema delle regole comportali aziendali.

Dunque, ben venga una siffatta misura che consentirà di rimuovere senza indugio palesi passaggi discriminatori eventualmente formalizzati.

 

Il divieto deve operare però anche per le prassi

Quel che va rilevato è che non sia da escludere che le pratiche discriminatorie denunciate possano essere rivenute non nelle procedure (redatte eventualmente senza sbavature) ma nelle prassi aziendali (le cosiddette procedure non scritte, i modi di fare consolidati).

In questo caso, l’esclusione discriminatoria tramite una prassi opererebbe prima di tutto in violazione delle procedure aziendali che certamente, nel recepire i principi di diritto esistenti, non possono escludere che venga effettuata la necessaria ed ulteriore verifica rafforzata di fronte a categorie potenzialmente a rischio.

Poi, ed è quel che è più grave, l’esclusione discriminatoria tramite una prassi si porrebbe in contrasto col medesimo principio di diritto richiamato.

La preesistenza del principio di diritto che pone un divieto di discriminazione attraverso l’imposizione di una verifica rafforzata prima che si effettui una valutazione sui casi cosiddetti a rischio è il presupposto per ritenere non legittime anche le esclusioni consumate con un de-risking ingiustificato precedenti all’entrata in vigore dell’emendamento.

E su tale aspetto, sul fatto che il principio di diritto preesistesse (e che dunque non fosse imprescindibile una modifica normativa) si coglie la sensibilità anche dell’EBA che negli studi del 2022 e del 2023 fatti sul fenomeno, nell’evidenziare gli strumenti a disposizione per contrastare il dannoso de-risking ingiustificato ha esplicitato anche il mero strumento interpretativo da parte delle Autorità dei Paesi Membri, eventualmente sentite le Associazioni di categoria.     Lo strumento interpretativo è infatti ritenuto quello più snello ed efficiente per chiarire come principio di diritto già esistente (i.e. il divieto di discriminazione sopra descritto) debba essere declinato in casi concreti eventualmente discriminati illegittimamente.

 

Conclusioni

Alla luce di tutto quanto sopra sembra potersi giungere ad una duplice conclusione.

Anzitutto l’emendamento avrà l’effetto di stimolare i soggetti obbligati (banche etc) a riprendere in mano le proprie procedure aziendali ed a verificare che le stesse non contengano istruzioni operative anche indirettamente discriminatorie. Nel caso contrario essi provvederanno ad apportare le opportune modifiche o precisazioni.

E poi, laddove si palesino comunque ulteriori casi di discriminazione, nel caso risulti verificata l’adeguatezza delle procedure aziendali rispetto al precetto indicato, potrà individuarsi nella prassi discriminatoria denunciata una violazione sia delle procedure aziendali sia, ed è quel che è più grave, del principio di diritto comunque esistente, o meglio preesistente.

 

PressGiochi MAG

Fonte immagine: Roma, 20/09/2023 FORUM ACADI

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