Da quando il gioco lecito ha assunto una dimensione “numerica” significativa, gli è stato proposto un ruolo “sostanziale”, molto diverso, e molto meno nobile di quello “formale” che ne aveva
Da quando il gioco lecito ha assunto una dimensione “numerica” significativa, gli è stato proposto un ruolo “sostanziale”, molto diverso, e molto meno nobile di quello “formale” che ne aveva caratterizzato la nascita. La c.d. legalizzazione “massiva” di giochi e scommesse,- spiega l’associazione Astro -, è stata collocata nell’ambito della “emersione”, ovvero di quel fenomeno abbastanza naturale in molti Paesi evoluti che “inizia” con una forte spinta inclusiva di determinate attività verso l’economia trasparente, ma che poi stringe il perimetro sino a evitare che la “sola” differenza “rispetto a prima” sia la “legalizzazione”.
“La stretta del perimetro”, quindi è
la ferrea regolamentazione propedeutica ad un controllo effettivo di attività “sensibili” (che in qualche modo “servono” alle società moderne, ma che per essere veramente “lecite” devono esercitarsi secondo rigorosi paletti, fatti rispettare senza se e senza ma;
l’uscita dal FAR WEST, ovvero contesto in cui “le leggi” esistono, ma le condizioni ancora “primitive” ne consentono solo una applicazione “compatibile” con un epoca di “start up”.
In parole povere, la trasformazione tra attività emersa e vera industria del Paese.
La stretta del perimetro non c’è mai stata.
Ben presto, al gioco lecito, formalmente nato per sconfiggere (prima) e sostituirsi (poi) a quello illegale (proponendosi con criteri compatibili con “l’insegna di Stato”) è subito stato proposto un “altro” ruolo.
Il gioco lecito ha fatto da stampella “servile” a tutti gli Esecutivi degli ultimi 9 anni, garantendo una copertura istantanea ai buchi di bilancio, ottenendo “in cambio” il mantenimento dello stato di “far west”, astutamente proposto (e ingenuamente accettato dai timorosi del progresso) come criterio di governo del gioco pubblico che garantisse “qualcosa” a tutti. In buona sostanza il rinvio sine die della “stretta del perimetro”.
Dove si è “rotto” il GIOCATTOLO ?
Nel momento in cui una parte del gioco lecito ha chiesto prepotentemente di uscire dal Farwest, di diventare un contesto civile, responsabile, riconosciuto universalmente sulla base di un modello industriale severo, trasparente, istituzionalmente guidato da mission “pubbliche” (e quindi “tutelabile” e non solo “sfruttabile”).
Da questo momento l’incomprensione sui meccanismi dei prodotti di gioco lecito si è consolidata, e persino il normale rapporto tra “Ente Regolatore” e “Dicastero di pertinenza” è diventato “intermittente” e “sporadico”.
All’improvviso nessuno sa più leggere i dati del gioco, si confonde raccolta con spesa, si confonde fatturato con raccolta, si confonde la tassazione sul gioco con quella delle imprese che distribuiscono il gioco, un giocatore patologico diventa un milione, e via discorrendo.
Questo è il contesto in cui “commentare” il miliardo (o mezzo) di “turno” che ogni anno si cerca di ottenere di “extra-gettito” dal gioco, procrastinando il FarWest, e rimandando la collocazione del gioco pubblico nello scenario dell’industria del Paese.
Questo è il motivo che deve spingere, non solo e non tanto, a protestare per il “miliardo” in quanto tale, bensì a rifiutare L’ENNESIMO RINVIO ALLA FINE DEL FAR WEST.
Uscire dal FAR WEST significa sacrificare molti interessi, sia pubblici che privati, perché una Industria riconosciuta non potrebbe più essere trattata dalla politica come adesso si fa col gioco lecito, ma al tempo stesso molti operatori (grandi, piccoli, medi) finirebbero per ritrovarsi “inidonei” a lavorare in un perimetro rigoroso di regole.
Compito delle Associazioni, da sempre, è quello di chiudere positivamente le start up e consolidarle in un perimetro sicuro. Chi indebolisce la rappresentanza, o la spinge verso altri traguardi difende il FAR WEST, e gli interessi che esso rappresenta, i quali, oggi, si presentano insidiosi solo perché consolidati per troppo tempo.
E’ un compito arduo, perché:
non è un percorso “inclusivo” ma selettivo, rispetto alla propria base;
comporta una decisione politica a cui abbinare una propria scelta e responsabilità;
comporta uno schieramento ideologico verso la laicità di pensiero e di scelte economiche, nel cui ambito esaltare il senso di responsabilità dell’individuo idoneamente informato sul “prodotto”.
L’alternativa esiste: continuiamo col Far West, e continuiamo a farci spremere ogni anno restando nel limbo del “legale ma non troppo”, ovvero liberalizzato solo per contingenti esigenze di cassa.
In un Paese dove persino molte banche oramai rifiutano “questa realtà” (e quindi figuriamoci altri contesti) questa alternativa pare oramai “vecchia” e “obsoleta”, idonea solo a far implodere le impalcature industriali sino ad oggi allestite.
Chi difende solo l’interesse personale ha diritto di adottare ogni propria tutela del caso.
Chi, invece, deve rispondere del proprio operato di fronte alla base occupazionale e di fronte a ingenti capitali investiti per “industrializzare” il settore, ha percorsi più “vincolati” che devono lasciarsi alle spalle le leggende del “mitico FarWest”.
PressGiochi
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