Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso intentato da una sala bingo marchigiana che si era vista spogliare della concessione per non aver prestato nei termini previsti – ma
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso intentato da una sala bingo marchigiana che si era vista spogliare della concessione per non aver prestato nei termini previsti – ma solo quando ADM ha avviato l’iter per la decadenza – la fideiussione a garanzia degli impegni concessori. La vicenda risale al 2021, quindi al periodo in cui le sale da gioco sono state riaperte dopo la pandemia, un momento quindi di particolare difficoltà che tuttavia secondo i giudici non basta a giustificare i ritardi. “Per opporsi alla decadenza – replicano i giudici – non basta allegare la grave ‘emergenza epidemiologica’ che ha interessato il Paese”. Secondo il Consiglio di Stato infatti la sala non ha fornito prova del fatto che la mancata stipula della fideiussione fosse collegata alla pandemia, e in ogni caso “il concessionario diligente è tenuto a sapere che ogni anno deve fornire idonea cauzione e che, peraltro, per l’anno 2021 l’Agenzia aveva sollecitato la cauzione” con una nota del novembre 2020, “quindi prima dell’esplosione dell’emergenza sanitaria (avvenuta nel corso del 2021)”. Oltretutto, “il provvedimento di decadenza è stato adottato in data 17 settembre 2021 ossia dopo che, in data 1 luglio 2021, veniva ripreso il gioco del bingo”.
La sala ha anche provato a far leva sul legittimo affidamento, rafforzato da alcune norme del decreto Cura Italia. Quest’ultimo infatti prorogava ex lege per 90 giorni “tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati”, che fossero scaduti durante lo stato di emergenza. Ma i giudici osservano che questa norma riguarda appunto i provvedimenti “in scadenza – sotto il profilo temporale – nel periodo dell’emergenza sanitaria”, e non quelli “autorizzatori che vengono meno a causa dell’assenza di un requisito di attribuzione”, ma appunto quelli
Nella sentenza si legge infatti che la sala, non prestando la fideiussone, ha fatto venir meno “uno dei requisiti per l’attribuzione della concessione che, in quanto tali, devono sussistere al momento del rilascio del titolo e persistere per tutta la durata del rapporto”. La conseguenza “è la decadenza dal rapporto concessorio che è misura di carattere amministrativo che accerta il venir meno di un presupposto indispensabile per la prosecuzione del rapporto. Al ricorrere del presupposto per essa previsto, la decadenza si pone quale atto di natura vincolata che prescinde da ogni indagine sul profilo soggettivo del comportamento del concessionario”.
Fonte immagine: PALAZZO SPADA SEDE DEL CONSIGLIO DI STATO
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