Triplicata la percentuale di giocatori online, ma il fisico ha recuperato e quasi raggiunto i livelli pre-pandemia.
Sta per uscire la prima indagine post-pandemia sui rischi degli italiani in materia di dipendenze varie, compreso il gioco d’azzardo.
A fine giugno sarà pubblicata Ipsad, Italian population survey on alcohol and other drugs, l’indagine che il Cnr di Pisa realizza ogni anno intervistando gli italiani maggiorenni.
Sabrina Molinaro è responsabile al Cnr di questa rilevazione e anche dell’Espad, European school survey project on alcohol and other drugs, che intervista sugli stessi argomenti studenti fra i 15 e i 19 anni.
PressGiochi MAG le ha chiesto qualche anticipazione su come è cambiato il rapporto con il gioco; e per capire se la pandemia ha reso i giocatori più fragili o se, magari, si stanno scoprendo delle categorie più esposte rispetto al passato.
Il covid ha cambiato molte delle abitudini consolidate. A volte anche in meglio, per esempio spingendo tutti a familiarizzare con le nuove tecnologie. Nel caso del gioco cosa è successo?
“Il covid ha cambiato gli stili di gioco, ha impattato molto. Ovviamente, è aumentata l’offerta di gioco on line, dato che non c’era la possibilità di andare fisicamente nei luoghi di gioco. Anche dai dati dei Monopoli possiamo vedere che c’è stato il crollo della raccolta fisica e l’impennata del gioco on line. Ma l’aspetto interessante è che, appena è stato possibile muoversi, il gioco fisico ha avuto un’impennata, anche se non è tornato ai valori pre covid, ma il gioco on line non è crollato”.
Quindi, l’abitudine a giocare dal computer o dal telefonino è rimasta anche quando è tornata l’alternativa fisica; e contemporaneamente si è tornati nei luoghi di gioco familiari.
“Sì, è un fenomeno molto evidente in un grafico che abbiamo realizzato. Ma bisogna anche dire che i dati del 2022 abbiamo dovuto ricavarli da una stima del Sole 24 Ore perché il libro bianco non è ancora stato pubblicato e l’Adm non fornisce più i dati disaggregati con il dettaglio delle giocate su slot e vlt”.
Come mai?
“Per un emendamento introdotto nella finanziaria del 2019 (legge 27.12.2019 n. 160) per il quale i dati degli apparecchi (awp e vlt ndr.) “sono riservati al ministero della Salute e all’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave…”, oltre che all’Adm e alle Forze dell’ordine. E questo divieto di divulgazione sembra riguardare anche il maggior ente di ricerca nazionale, il Consiglio nazionale delle ricerche. Abbiamo chiesto i dati e così ci è stato risposto. Adesso stiamo presentando la richiesta formale di accesso agli atti anche se ci hanno già preannunciato che non ce li possono dare”.
Comunque, le vostre rilevazioni hanno un vantaggio, rispetto ai dati dei Monopoli. Perché intervistando direttamente i cittadini riuscite a intercettare anche il gioco illegale, che ovviamente sfugge del tutto al monitoraggio dello Stato. Soprattutto per i siti e le app di operatori stranieri che non hanno concessione italiana.
“Noi abbiamo effettuato lo studio in 205 comuni italiani e in questo modo possiamo avere una stima di quanti sono i giocatori nel nostro Paese. E c’è una buona notizia: i giocatori problematici sono diminuiti. In compenso, però, è aumentato il numero complessivo di giocatori che hanno giocato nell’ultimo anno: dal 42,8% pre-covid al 46,6% del 2022. Quindi, un 4% in più. A giocare on line sono ancora molti meno che nel fisico ma, comunque, il triplo di prima: dal 3,9% siamo passati all’8,9%”.
Potrebbero essere due buone notizie entrambe, nel senso che dividendo la cifra della raccolta per un numero maggiore di persone, la spesa pro-capite risulta inferiore.
“Bisogna però prendere con le pinze questi dati, soprattutto perché nel gioco a distanza i clinici ci insegnano che ci sono delle dinamiche diverse. In particolare, riguardo la dipendenza.”
In che senso?
“Come mi hanno spiegato gli esperti di gioco patologico, il gioco online sembra avere una latenza più lunga, rispetto al fisico nel portare a sviluppare un Disturbo da gioco d’azzardo. In pratica, passa più tempo perché la dipendenza si manifesti; e, quindi, per vedere le conseguenze sulle finanze del giocatore ma, soprattutto, sull’equilibrio della sua vita: affetti familiari e lavoro. Quindi, dobbiamo rimanere molto vigili.
E stiamo parlando comunque di 800mila persone che hanno un profilo tale da potere aver bisogno di chiedere aiuto ai servizi dello Stato. E se dovessero davvero presentarsi tutti a chiedere di essere aiutati, non ci sarebbero strutture e persone in grado di soddisfare una tale domanda”.
È bene ricordare che si parla di “profilo di rischio” (nullo, moderato o grave) e non si tratta di diagnosi, che solo un medico può fare.
“Sì, questa indagine viene effettuata con questionari compilati autonomamente dalle persone del campione”.
Ma a parte i numeri complessivi, cos’altro rivela l’Ipsad sul comportamento dei giocatori italiani?
“Una cosa che salta agli occhi è che si sta riducendo la differenza tra uomini e donne. Soprattutto sul gioco fisico, la percentuale di donne che giocano sta crescendo. Nel gioco on line, la prevalenza maschile rimane più netta”.
Questa evoluzione comporta anche un cambiamento nelle preferenze tra i vari giochi?
“La preferenza rimane per le scommesse sportive e le scommesse virtuali, soprattutto dalla clientela maschile. E nell’online, la preferenza per le scommesse è ancora più accentuata. Un elemento che però si sta delineando è il passaggio dal gambling al trading”.
Quindi, chi ha voglia di azzardare dei soldi su scommesse o slot, è facile che dopo un po’ decida di provare anche con l’azzardo della finanza on line?
“Molti clinici mi confermano che dalla loro esperienza sul campo è esattamente così. Così come i giovani, invece, passano facilmente dal gaming al gambling. Cioè, dai videogiochi al gioco d’azzardo”.
La vostra indagine entra anche un po’ nel privato e riuscite a capire se per chi ha un profilo problematico è un po’ problematica anche la situazione familiare.
“Abbiamo chiesto se la persona vive da sola, con coniuge, con i genitori o se ha dei coinquilini non familiari. Nella categoria “nessun rischio”, soltanto il 13% vive da solo, il 63% vive col coniuge, il 21% vive in famiglia con genitori o parenti, l’1,7% vive con amici e conoscenti.
Nel “rischio moderato/severo” vedo già che la quota che vive col coniuge scende al 43% mentre quasi il 10% vive “con amici/conoscenti” (tra quelli a “nessun rischio” non arrivavano al 2%) e sono di più anche quelli che vivono con genitori o parenti (33,6% contro il 21,3%). Quello che i dati suggeriscono è che il fattore familiare sia un fattore protettivo”.
Avete anche individuato quali sono i giochi che inducono alla dipendenza più di altri?
“Noi abbiamo chiesto a cosa giocano e, così, possiamo vedere quali sono i più diffusi tra chi presenta un rischio maggiore. In questa classifica, vediamo che il più diffuso in assoluto è il Gratta & Vinci, preferito da oltre il 70% dei giocatori sia senza profilo di rischio che con profilo problematico e al 65% dei giocatori a rischio. Al secondo posto c’è il Superenalotto, che comunque è preferito da tutt’e tre le categorie. Le scommesse sportive, invece, sono il gioco preferito solo dal 13% dei giocatori senza alcun rischio e da oltre il 40% dei giocatori a rischio e problematici. Al quarto posto c’è il Lotto, che è preferito dal doppio dei giocatori problematici (44% contro 24% e 23% di giocatori a rischio o senza rischio). Al quinto, poi, slot machine: qui c’è una differenza sostanziale: sono le preferite dal 40% dei giocatori problematici mentre quelli a rischio ci giocano solo per il 14% e quelli senza alcun problema solo per il 4%”.
È possibile che le scommesse sportive siano così presenti tra i giocatori problematici perché vengono utilizzate, sia on line che nelle sale giochi, come attrazione per proporre poi le slot machine?
“Nei soggetti problematici abbiamo spesso la compresenza di più di un gioco. Ma abbiamo anche rilevato che ci sono giocatori problematici che fanno solo scommesse”.
Negli ultimi anni, avete iniziato a fare delle indagini più dettagliate su scala regionale, le GAPS, Gambling adult population survey. Danno risultati diversi?
“A differenza delle altre due indagini, che riguardano varie forme di dipendenza, questa è specifica sul gioco d’azzardo. E sono rilevazioni più dettagliate. Attraverso gli studi Gaps siamo in grado di realizzare delle stime a livello di area Usl e addirittura di zone sociali. Questo ci consente di fare valutazioni e prendere iniziative sia di tipo sanitario che di tipo politico molto più mirate. Al momento, le Regioni con le quali abbiamo raggiunto un accordo sono 10, ma ci piacerebbe coprire un territorio sempre più vasto. La Regione Piemonte è stata la prima a chiederci di realizzare questo studio e siamo già alla seconda rilevazione. A maggio sono stati presentati i risultati di questo progetto che contengono anche una valutazione degli effetti della Legge regionale sulla riduzione dell’offerta di gioco. Toscana, invece, ci ha affidato un progetto finalizzato anche alle valutazioni del piano regionale per riuscire a valutarne l’efficacia.
Per la Toscana, poi, è stato realizzato il portale Agorà Telematica (https://toscana.agoragiocodazzardo.it), dove sono disponibili tutti i dati in nostro possesso e anche le esperienze delle comunità di pratica”.
PressGiochi
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