23 Novembre 2024 - 18:02

Trento. Il TRGA torna a confermare il distanziometro: non c’è effetto espulsivo

Emesse in data odierna alcune sentenze del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento relative all’effetto espulsivo prodotto dall’applicazione del distanziometro di 300 metri tra sale giochi e luoghi sensibili.

13 Aprile 2023

Emesse in data odierna alcune sentenze del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento relative all’effetto espulsivo prodotto dall’applicazione del distanziometro di 300 metri tra sale giochi e luoghi sensibili.

Una lunga e dettagliata spiegazione caratterizza la sentenza di oggi nel quale si respingono le motivazioni poste dalla parte ricorrente nelle varie perizie presentate per dimostrare l’effetto prodotto dalla misura proibitiva.

Secondo le ragioni presentate dai ricorrenti, la distanza di 300 mt, indicata dal legislatore provinciale, e l’elevato numero dei luoghi sensibili, come individuati dallo stesso legislatore provinciale, determinerebbero un divieto di collocazione degli apparecchi da gioco di cui trattasi applicabile non solo sulla sostanziale totalità del territorio del Comune di Trento, ma anche sulla sostanziale totalità del territorio della Provincia di Trento. Difatti solo su una ridottissima percentuale del territorio del comune di Trento – pari al 3,8% – potrebbero permanere tali apparecchi, e questo dato costituirebbe un divieto talmente afflittivo da intendersi come assoluto, ossia riguardante – per l’appunto – la sostanziale totalità del territorio comunale. I ricorrenti hanno contestato anche la verificazione realizzata su commissione del Tribunale dal prof. Vitillo.

 


Il prof. Vitillo nel rispondere ai quesiti richiesti per la verificazione ha concluso che: A) «L’applicazione della distanza di 300 metri (buffer) dai siti sensibili individuati dall’Amministrazione comunale di Trento non determina una sostanziale preclusione alla localizzazione sull’intero territorio comunale di funzioni di gioco d’azzardo lecite, in quanto l’applicazione del criterio della distanza dai luoghi sensibili non comporta un’impossibilità assoluta dell’esercizio di queste attività, in particolare all’interno del Territorio urbanizzato»; B) «La localizzazione rimane infatti possibile e ammessa in diversi ambiti della città – ambiti che, quindi, non ricadono all’interno dei buffer di 300 metri determinati dalla presenza dei luoghi sensibili – e riguarda circa 712,4 ha, che rappresentano il 22,4% del Territorio urbanizzato. Si tratta come detto di un dato che appare più che significativo in rapporto anche alla particolare configurazione ambientale, insediativa, morfologica del Territorio comunale»; C) «Anche sottraendo a queste il 50% (dato, come detto, prudenziale e precauzionale), percentuale che rappresenta le aree in cui l’effettivo stato dei luoghi (per caratteristiche insediative e di urbanizzazione, desunte attraverso la tecnica della fotointerpretazione e con alcuni rilievi sul campo) rende improbabile la possibilità di localizzazione delle funzioni del gioco d’azzardo e che quindi possono essere conseguentemente considerate “resistenti” alla trasformazione, le aree ospitali il gioco d’azzardo lecito ammontano a 356,2 ha (pari all’11,2% del Territorio urbanizzato). Una superficie ospitale in sé certamente ragguardevole per dimensioni quantitative, forma delle aree, contesti funzionali di riferimento»; D) «Dal punto di vista urbanistico-funzionale generale, … le aree potenzialmente ospitali le funzioni del gioco d’azzardo lecito sono rappresentate sia da ambiti a destinazione prevalentemente residenziale (di matrice storica e non), sia da aree a destinazione produttiva- artigianale, al netto delle specifiche esclusioni, ottenendo in questo modo nei fatti un effetto di marginalizzazione e non una sostanziale preclusione alla localizzazione, all’interno del territorio comunale, di sale da gioco d’azzardo lecito (il cosiddetto effetto espulsivo)».

Dunque le conclusioni alle quali è pervenuto il prof. Vitillo – spiega il TRGA -lette alla luce del ragionamento svolto dal Consiglio di Stato nelle sentenze n. 1618 del 2019 n. 11426 del 2022, incentrato sull’esigenza di verificare in concreto la questione relativa «agli effetti delle misure adottate sulle attività in essere ed alla loro idoneità a realizzare un equo contemperamento tra gli interessi pubblici e privati coinvolti, onde evitare che si determini l’ablazione di diritti acquisiti in forza di titoli autorizzatori legittimi» – smentiscono le tesi dell’odierna ricorrente sul c.d. “effetto espulsivo”.


 

Respinta ogni motivazione nella quale i ricorrenti sostengono che “nella determinazione della superficie complessiva del territorio comunale non idonea all’installazione degli apparecchi da gioco, avrebbe dovuto utilizzare anche il criterio del tragitto pedonale, e non solo quello del raggio in linea d’aria”.

Per il TRGA si tratta di una “contestazione priva di fondamento, innanzi tutto perché il quesito formulato con l’ordinanza n. 37 del 2022 non reca alcun riferimento al criterio del raggio in linea d’aria. Né gli ulteriori quesiti formulati con l’ordinanza presidenziale n. 20 del 2022 – con la quale è stato chiesto al Comune di Trento di confermare che «la distanza inferiore ai 300 metri da tutti i luoghi sensibili indicati nel provvedimento impugnato … e riscontrata relativamente all’esercizio di cui è causa … è stata calcolata secondo il criterio del raggio in linea d’aria in tutte le direzioni tra l’accesso principale del locale suddetto e l’accesso dei diversi luoghi sensibili», rendendo note comunque «le risultanze del computo della distanza a piedi dai predetti luoghi sensibili all’esercizio medesimo» – possono indurre a ritenere che il verificatore avrebbe dovuto discostarsi dal criterio del raggio in linea d’aria. Difatti tale criterio è stato fissato con la circolare della Provincia di Trento prot. n. 491566 del 21 settembre 2016, e tale circolare non è stata impugnata dalla parte ricorrente. Dunque, anche a tal riguardo, non si vede come questo Tribunale avrebbe potuto e dovuto chiedere al verificatore di disapplicare tale circolare”.

Il Collegio ha evidenziato che la parte ricorrente “-pur muovendo diversi rilievi all’operato del verificatore, primo tra tutti quello inerente al riferimento al solo territorio urbanizzato del Comune di Trento ai fini del calcolo della percentuale del territorio comunale in cui trova applicazione il divieto di cui all’art. 5, comma 1, della legge provinciale n. 13/2015 – non ha potuto negare che il proprio consulente ha finito per determinare la superficie delle aree potenzialmente insediabili in misura pari a 8.18 kmq del territorio comunale, ossia in una misura che risulta sostanzialmente equivalente a quella di 7.12 kmq individuata dal verificatore”.

Respinta dal Collegio “la tesi del consulente della parte ricorrente secondo la quale dalle aree astrattamente insediabili andrebbero comunque escluse le aree interamente residenziali, le aree universitarie e le aree già utilizzate da aziende produttive che occupano insediamenti con capannoni superiori a 20.000. Difatti, come correttamente osservato dalla Provincia di Trento, il divieto di cui all’art. 5, comma 1, della legge provinciale n. 13/2015 dev’essere riferito esclusivamente alla presenza dei luoghi sensibili, e quindi vi è motivo di ritenere che il verificatore correttamente, ai fini del calcolo della superficie complessiva delle aree astrattamente insediabili, non abbia tenuto conto di vincoli diversi da quelli posti dal predetto art. 5, comma 1.

Parimenti infondata è l’affermazione della parte ricorrente secondo la quale il verificatore, ai fini del calcolo della percentuale del territorio comunale in cui trova applicazione il divieto di cui all’art. 5, comma 1, della legge provinciale n. 13/2015, avrebbe erroneamente utilizzato come parametro di riferimento il solo territorio urbanizzato del Comune di Trento.

A tal riguardo il Collegio condivide l’orientamento già fatto proprio dalla Sezione autonoma di Bolzano secondo il quale – laddove si rapportasse la percentuale la superficie complessiva delle cc.dd. “aree astrattamente insediabili” all’intero territorio comunale, comprensivo cioè di quella sua parte, preponderante, in cui l’edificazione è interdetta tout court – si otterrebbe «un dato certamente falsato»”.

Inoltre, il Collegio ha giudicato manifestamente infondata anche la prospettata questione di legittimità costituzionale della legge provinciale n. 13/2015 per contrasto con le norme costituzionali.

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