Il Tar di Latina ha accolto quest’oggi il ricorso di una sala giochi di Formia contro l’ordinanza del sindaco che introduceva dei limiti orari all’attività degli apparecchi da gioco. Per
Il Tar di Latina ha accolto quest’oggi il ricorso di una sala giochi di Formia contro l’ordinanza del sindaco che introduceva dei limiti orari all’attività degli apparecchi da gioco.
Per il giudice amministrativo, il provvedimento comunale non è sufficiente, da solo, a risolvere il problema del gioco patologico.
Di seguito la sentenza integrale…
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 702 del 2014, proposto dalla
Gi & Em S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. Maurizio D’Ambra, e dal sig. Maurizio D’Ambra in proprio, rappresentati e difesi dall’avv. Ambrogio Del Deo e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Bersanetti, in Latina, v.le dello Statuto, n. 65
contro
Comune di Formia, in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso dagli avv.ti Sabrina Agresti e Domenico Di Russo e con domicilio stabilito ex lege presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4
Ministero dell’Interno e Questura di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, ex lege rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa, in Roma, via de’ Portoghesi, n. 12
A.S.L. Latina, non costituita in giudizio
e con l’intervento di
HBG CONNEX S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. Filippo De Luca, rappresentata e difesa dall’avv. Cino Benelli e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Bersanetti, in Latina, v.le dello Statuto, n. 65
per l’annullamento,
previa concessione di misure cautelari,
– della deliberazione del Consiglio Comunale di Formia n. 69 del 29 settembre 2014, pubblicata all’Albo Pretorio comunale dal 3 al 18 ottobre 2014, recante atto di indirizzo per la disciplina degli orari per l’esercizio delle attività di gioco lecito sul territorio del Comune, con cui si è stabilito che l’orario massimo di attivazione degli esercizi vada dalle ore 10,00 alle ore 24,00;
– dell’ordinanza del Sindaco di Formia n. 72 dell’8 ottobre 2014, con la quale l’orario massimo di attivazione, per l’esercizio degli apparecchi e congegni automatici da gioco di cui all’art. 110, sesto comma, del r.d. n. 773/1931 (T.U.L.P.S.) negli esercizi autorizzati, è stato stabilito dalle ore 10,00 alle ore 20,00;
– degli atti, documenti e pareri ivi richiamati per relationem;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresa la nota dell’A.S.L. di Formia (rectius, Latina).
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati, presentata in via incidentale dai ricorrenti;
Viste la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione del Comune di Formia;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Latina;
Viste la relazione e la documentazione della difesa erariale;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum della HBG CONNEX S.p.A.;
Viste la memoria difensiva e la documentazione dell’interveniente;
Vista l’ordinanza n. 309/2014 del 4 dicembre 2014, con cui è stata accolta l’istanza cautelare;
Vista l’ulteriore memoria dell’interveniente;
Preso atto della tardività del deposito documentale eseguito dal Comune di Formia in data 23 aprile 2015;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 7 maggio 2015 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
La “Gi & Em S.r.l.” espone di svolgere l’attività di gestione del gioco del “bingo” presso l’esercizio pubblico posto all’interno del complesso alberghiero “Appia Grand Hotel”, ubicato in Formia, via Appia ang. via Mergataro, giusta concessione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ed autorizzazione ex art. 88 del r.d. n. 773/1931 (T.U.L.P.S.), rilasciata dalla Questura di Latina il 9 luglio 2014.
Il sig. Maurizio D’Ambra, legale rappresentante di detta società, è, poi, titolare di autorizzazione ex art. 88 T.U.L.P.S. per l’esercizio dell’attività di raccolta delle giocate tramite apparecchi e congegni automatici da gioco di cui all’art. 110, sesto comma, T.U.L.P.S., rilasciata dalla Questura di Latina il 1° ottobre 2014.
Con deliberazione n. 69 del 29 settembre 2014 il Consiglio Comunale di Formia adottava un atto di indirizzo per la disciplina degli orari di esercizio degli apparecchi e congegni automatici da gioco di cui all’art. 110, sesto comma, T.U.L.P.S. presenti in esercizi autorizzati, consentendo che venissero attivati per un orario massimo (ad avviso dei ricorrenti) dalle ore 10.00 alle 24.00, con l’obbligo di rendere noto al Comune l’orario praticato.
In attuazione di tale atto di indirizzo, il Sindaco di Formia emanava l’ordinanza n. 72 dell’8 ottobre 2014, con la quale fissava l’orario massimo di attivazione degli apparecchi e congegni automatici in discorso nella fascia oraria che va dalle ore 10.00 alle 20.00.
Avverso la deliberazione n. 69/2014 del Consiglio Comunale di Formia e l’ordinanza n. 72/2014 del Sindaco di Formia, nonché gli atti (inclusa la relazione dell’A.S.L. di Latina) che ne costituiscono il presupposto, sono insorti la Gi & Em S.r.l. ed il sig. D’Ambra, impugnando tali atti con il ricorso in epigrafe e chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.
A supporto del gravame, i ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi:
– violazione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000, discostamento immotivato, per l’orario di attivazione, tra l’atto consiliare di indirizzo, il regolamento comunale per la disciplina delle sale da gioco e dei giochi leciti, e l’ordinanza sindacale impugnata, poiché: 1) il Sindaco di Formia avrebbe adottato un orario di attivazione più restrittivo di quello stabilito nell’atto consiliare di indirizzo, ma dalla motivazione dell’ordinanza sindacale non emergerebbe alcun riferimento alle ragioni di fatto e di diritto che hanno indotto il Sindaco a detta scelta; 2) vi sarebbe una contraddittorietà nell’azione delle varie P.A. coinvolte nel procedimento di rilascio dei titoli abilitativi per l’esercizio dell’attività svolta dalla Gi & Em S.r.l., le quali da un lato consentirebbero l’apertura di sale VLT (videolottery) per la raccolta del gioco lecito ex art. 110, sesto comma, cit., mentre dall’altro lato inciderebbero di fatto sugli orari di apertura di dette sale; 3) l’ordinanza sindacale contrasterebbe con il regolamento comunale sulla disciplina delle sale da gioco e dei giochi leciti, dal cui art. 15 emergerebbe, di fatto, come vi siano anche attività aperte di notte;
– mancata istruttoria e proporzionalità degli effetti dell’ordinanza sindacale, mancata dimostrazione della massiccia presenza di affetti da ludopatia, violazione dell’art. 3 Cost. per quanto riguarda gli esercenti dei Comuni limitrofi, eccesso di potere per mancata ponderazione degli interessi coinvolti nel procedimento, erroneità dei presupposti in riferimento all’indimostrata incidenza dell’orario di apertura degli esercizi rispetto ai fenomeni di ludopatia, sviamento di potere sotto il profilo dell’uso del potere di ordinanza, conferito per motivi di ordine pubblico, per il diverso fine di disincentivare la fruizione degli apparecchi di intrattenimento e gioco, in quanto: 1) la deliberazione consiliare di indirizzo richiamerebbe le indagini dell’Azienda U.S.L. locale, ma trascurerebbe che dette indagini hanno preso in esame non il solo Comune di Formia, ma l’intera area di competenza dell’A.S.L.; 2) in ogni caso, mancherebbe qualsiasi indicazione circa il numero delle persone oggetto delle indagini statistiche, il numero dei soggetto affetti da ludopatia in Formia, una proporzione tra tale numero e la popolazione della zona (in modo da contestualizzare il problema); 3) le indagini svolte sarebbero poco attendibili, poiché vi sarebbe una prassi dei SER.T. delle A.S.L. di sovrastimare il numero dei soggetti affetti da ludopatia, per ottenere maggiori risorse; 4) le statuizioni contestate lederebbero il diritto fondamentale di libertà dell’iniziativa economica privata in assenza di adeguata motivazione e di un contemperamento degli interessi coinvolti. In specie, il Comune di Formia avrebbe addotto, a giustificazione degli impugnati limiti di orario, il numero crescente di cittadini che userebbero gli apparecchi da gioco, senza far riferimento ad indicatori statistici ed a dati numerici; 5) comunque, i limiti di orario introdotti non risolverebbero il problema, che sarebbe trasferito ai Comuni limitrofi (per la migrazione in tali Comuni degli affetti da ludopatia), cosicché la compressione delle attività imprenditoriali non avrebbe effetti positivi sulla riduzione del rischio “dipendenza” per le categorie di soggetti esposte e ciò tanto più varrebbe per l’esercizio della Gi & Em S.r.l., che si troverebbe a meno di mt. 700 da una sala VLT ubicata sul territorio di un Comune diverso, dove non vi sarebbe alcuna limitazione di orario;
– violazione del d.l. n. 223/2006 (conv. con l. n. 248/2006), violazione della circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n. 3644/C del 28 ottobre 2011, nonché dell’art. 35, commi 6 e 7, del d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), con riferimento alla liberalizzazione degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali, violazione dell’art. 97 Cost. sotto il profilo dell’imparzialità dell’azione amministrativa, violazione degli artt. 41, 117 e 118 Cost., degli artt. 7 e 7-bis del d.lgs. n. 267/2000, degli artt. 1 e 3 della l. n. 241/1990 e dell’art. 110 T.U.L.P.S., nonché eccesso di potere per carenza di istruttoria, giacché: 1) a giustificazione delle sue scelte il Comune avrebbe addotto in modo generico il diffuso allarme sociale che i giochi, sebbene leciti, indurrebbero nella collettività, nonché presunti studi e statistiche della locale A.S.L., ma dagli atti non emergerebbe l’effettuazione di alcuna indagine preventiva circa un’eventuale incidenza nociva del gioco lecito sul tessuto socio-economico del Comune di Formia, né sarebbe dato conoscere in cosa consisterebbero esattamente i problemi riguardanti il contesto urbano e la sicurezza urbana; 2) dagli atti impugnati discenderebbe, piuttosto, il rischio che gli affetti da ludopatia dimoranti nel Comune di Formia si rivolgano a forme di gioco illegale ed irregolare, anche “a distanza”, né ormai il gioco d’azzardo sarebbe un fenomeno tale da poter formare oggetto di aprioristici giudizi di disvalore;
– eccesso di potere per mancata apposizione di un termine finale, durata degli effetti dell’ordinanza sindacale senza tener conto della stagionalità cui va incontro il Comune di Formia a seguito del suo turismo estivo, perché l’ordinanza impugnata sarebbe priva di date certe quanto alla sua durata, né terrebbe conto dei flussi turistici estivi e della conseguente diversità di clientela tra il periodo estivo e quello invernale. Inoltre, l’ordinanza andrebbe a regolamentare un settore che sarebbe di esclusiva competenza statale, per avere il Legislatore statale, ai fini della prevenzione della ludopatia, escluso limitazioni orarie ed ammesso solo una disciplina delle distanze dai “luoghi sensibili”;
– violazione dei principi di legalità e di imparzialità dell’azione amministrativa, degli artt. 3, 23, 41, 43, 97, 117 e 118 Cost., degli artt. 7 e segg. del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948, dell’art. 110 T.U.L.P.S., dell’art. 12, comma 1, del d.l. n. 39/2009 (conv. con l. n. 77/2009), dell’art. 14-bis, comma 4, del d.P.R. n. 640/1972, dell’art. 21-septies della l. n. 241/1990, del d.m. n. 86 del 12 marzo 2004 e del d.m. 22 gennaio 2010, incompetenza assoluta, eccesso di potere per difetto od erronea valutazione dei presupposti, nonché per sviamento, in quanto: 1) il Comune avrebbe invaso una materia (la cura dell’ordine e della sicurezza pubblica) riservata alla competenza esclusiva dello Stato, atteso che la limitazione dell’orario introdotta si tradurrebbe in una modifica sostanziale della disciplina dei giochi leciti, tale da renderla difforme da quella dettata dalla normativa statale; 2) per di più, il Comune sarebbe incorso nel vizio di sviamento del potere dalla causa tipica, avendo fatto uso del potere di cui all’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000 non per riorganizzare e disciplinare l’orario dei pubblici esercizi, ma per limitare l’utilizzo degli apparecchi da gioco; 3) il Comune non avrebbe considerato che la “ludopatia” sarebbe collegata al gioco d’azzardo, mentre qui verrebbe in rilievo un gioco lecito;
– mancata applicazione di legge, assenza di concertazione con le attività produttive, per non avere il Comune di Formia consultato previamente i rappresentanti della categoria.
Si è costituito in giudizio il Comune di Formia, depositando una memoria difensiva e resistendo alle pretese attoree.
Si sono altresì costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Latina, producendo una relazione di quest’ultima sui fatti di causa, con documentazione allegata.
Con atto depositato il 21 novembre 2014 è intervenuta in giudizio ad adiuvandum la HBG Connex S.p.A., allegando di aver stipulato con la ricorrente Gi & Em S.r.l. un contratto per lo svolgimento dell’attività di raccolta delle giocate, mediante gli apparecchi ex art. 110, sesto comma, T.U.L.P.S., presso la “sala Bingo” condotta dalla predetta ricorrente: contratto, in base al quale la HGB Connex S.p.A. corrisponde alla Gi & Em S.r.l. la remunerazione del 68% del ricavo netto degli apparecchi ivi installati, ritraendo per sé la parte residua; l’interveniente ha, quindi, chiesto l’accoglimento del ricorso, insistendo con ulteriore memoria.
Nella Camera di consiglio del 4 dicembre 2014 il Collegio, ritenuto sussistente il fumus boni juris, attesa la fondatezza delle doglianze di difetto di istruttoria e difetto di proporzionalità dedotte con il secondo motivo, con ordinanza n. 309/2014 ha accolto l’istanza cautelare.
In vista dell’udienza pubblica l’interveniente ad adiuvandum ha depositato una memoria, insistendo per l’accoglimento del gravame.
All’udienza pubblica del 7 maggio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Formano oggetto di impugnazione la deliberazione del Consiglio Comunale di Formia n. 69 del 29 settembre 2014, recante atto di indirizzo per la disciplina dell’orario per l’esercizio delle attività di gioco lecito ex art. 110, sesto comma, T.U.L.P.S., nel territorio comunale, nonché l’ordinanza del Sindaco di Formia n. 72 dell’8 ottobre 2014, con cui – in attuazione della precedente – si è stabilito un orario massimo di attivazione dalle ore 10.00 alle 20.00.
Il ricorso è fondato, anzitutto, per le stesse ragioni già sommariamente esposte in sede cautelare, da cui, pur al più approfondito esame caratteristico della fase di merito del processo, non si rinvengono elementi per discostarsi.
In particolare, risultano fondate le censure di difetto di istruttoria e difetto di proporzionalità dedotte dai ricorrenti con il secondo motivo.
Già in sede cautelare si è, infatti, sottolineato che:
– il riferimento alle statistiche della A.S.L. appare generico e, in ogni caso, non chiarisce l’entità del fenomeno della “ludopatia” nel territorio del Comune di Formia, giacché tale territorio non coincide con l’ambito territoriale di competenza dell’A.S.L. procedente (l’A.S.L. di Latina);
– la compressione del diritto di iniziativa economica della società ricorrente appare eccessiva, anche in ragione della fascia oraria (serale) interdetta.
Quanto al primo punto, si osserva che sia l’atto consiliare di indirizzo, sia l’ordinanza sindacale che vi dà attuazione, richiamano i dati statistici forniti dall’A.S.L. di Latina il 23 aprile 2014 (Distretto 5 UOS SER.T. di Formia) ed il 26 aprile 2014 (Unità Operativa Complessa Salute Mentale – Distretto 2). Tuttavia non viene chiarito minimamente se tali dati, i quali starebbero ad indicare un’allarmante crescita del fenomeno, siano relativi al solo territorio del Comune di Formia, o se essi si riferiscano, invece, a tutto l’ambito territoriale dell’A.S.L. procedente: ambito territoriale che, per fatto notorio (pacificamente utilizzabile nel processo amministrativo: cfr. T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 14 marzo 2014, n. 203, con la giurisprudenza ivi menzionata), va ben oltre i confini del territorio del Comune di Formia.
Il profilo ora evidenziato è sintomatico del difetto di istruttoria da cui sono viziati ambedue gli atti gravati: difetto di istruttoria che è confermato dalla relazione interna del Comune di Formia prot. n. CM/014/197 del 25 novembre 2014, prodotta dalla difesa comunale sub doc. 7. In questa, infatti, si afferma, proprio in riferimento al lamentato difetto di istruttoria circa l’incidenza della cd. ludopatia nel territorio cittadino, che “l’indagine da parte della competente Azienda Sanitaria Locale, essendo stata avviata da poco tempo non può essere avvalorata da dati sufficienti alla determinazione della consistenza del fenomeno”: con il ché deve ritenersi che la stessa Amministrazione comunale abbia riconosciuto l’incompletezza del quadro istruttorio di cui disponeva all’epoca dell’emanazione degli atti impugnati.
Peraltro, la citata relazione prosegue sostenendo che il Comune avrebbe informazioni più dettagliate circa il quantitativo di cd. slot-machine presenti nel territorio cittadino: ma, a ben vedere, anche per questo verso non si tratta di dati statistici puntualmente ed esattamente rilevati, giacché la relazione desume in via meramente ipotetica, dal numero di esercizi in cui sono installati apparecchi da gioco elettronici (132) e di autorizzazioni rilasciate dal Comune (12) e dalla Questura (3) per sale gioco, il numero di “slot-machine” installate nel territorio di Formia.
Il fatto, poi, che il Comune di Formia abbia provato anche in prossimità dell’udienza di discussione della causa – ma tardivamente – a depositare documentazione sulle indagini in tema di cd. ludopatia tuttora in corso di svolgimento da parte dell’A.S.L. di Latina, non fa che ribadire ulteriormente – in disparte la tardività di tale deposito – l’incompletezza dell’istruttoria amministrativa sottesa agli atti impugnati, quantomeno al tempo dell’adozione degli stessi.
In conclusione, appare comprovata la fondatezza del secondo motivo di ricorso, lì dove si deduce il vizio di carenza di istruttoria da cui sono affetti gli atti impugnati.
Quanto all’ulteriore profilo di fumus boni juris delineato in fase cautelare, occorre ribadire in questa sede che è fondata anche la censura di violazione del principio di proporzionalità, parimenti dedotta dai ricorrenti con il secondo motivo.
Invero, in base all’indirizzo oramai largamente condiviso dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 11 dicembre 2007 n. 6383; id., 14 aprile 2006, n. 2087; T.A.R. Marche, Sez. I, 10 dicembre 2012, n. 788; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 8 gennaio 2011, n. 10; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 777; id., 25 gennaio 2007, n. 563), nonché dalla dottrina, le limitazioni alla sfera privata e costituzionalmente tutelata del cittadino (al diritto di proprietà, al diritto iniziativa economica, ecc.) vanno operate nel rispetto del principio di proporzionalità, tramite un’indagine “trifasica”.
Più in specie, il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa – che ha pieno ingresso nel nostro ordinamento, perché compreso tra i principi dell’ordinamento comunitario e da sempre insito nella nostra Costituzione, ove sia rettamente inteso il principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost. (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 1° luglio 2004, n. 641) – impone:
– di verificare l’idoneità della misura, ossia il rapporto tra il mezzo adoperato e l’obiettivo avuto di mira: in virtù di tale parametro, l’esercizio del potere è legittimo solamente se la soluzione adottata consenta di raggiungere l’obiettivo;
– di verificare la sua necessarietà, cioè l’assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo, ma tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo: in questo senso, la scelta tra tutti i mezzi in astratto idonei deve cadere su quello che comporti il minor sacrificio del soggetto;
– di verificare l’adeguatezza della misura, ossia la tollerabilità della restrizione che comporta per il privato. Sotto tale profilo l’esercizio del potere, pur idoneo e necessario, è legittimo unicamente se rispecchia una ponderazione armonizzata e bilanciata degli interessi: in caso contrario, la scelta va rimessa in discussione.
La suesposta indagine “trifasica” porta ad escludere che nella fattispecie ora in esame il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa sia stato rispettato.
Infatti, in primo luogo sussistono grossi dubbi circa l’idoneità della misura adottata a far conseguire l’obiettivo avuto di mira (lotta al fenomeno della crescente dipendenza delle persone dal gioco): ciò, soprattutto alla luce di quanto giustamente evidenziato dai ricorrenti circa l’agevole possibilità, per i soggetti affetti da “ludopatia”, di spostarsi in Comuni limitrofi, dove non siano stabilite le contestate limitazioni di orario. Sotto tale aspetto, appare di utilità assai dubbia un approccio, nei confronti del problema della crescente dipendenza delle persone dal gioco, svolto in modo atomistico dal singolo Comune, senza nessuna forma di raccordo della sua azione con gli altri Enti locali, ed in particolare con i Comuni confinanti.
Peraltro, la difesa comunale non ha neanche specificamente contestato l’affermazione contenuta nel ricorso, secondo cui l’esercizio della Gi & Em S.r.l. dista meno di mt. 700 da una sala VLT sita nel territorio di un Comune diverso, in cui non vi è alcuna limitazione di orario. In base a tale elemento – utilizzabile nella presente sede processuale ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a. – appare evidente l’inidoneità della misura assunta, essendo sufficiente, per i soggetti affetti da cd. ludopatia, spostarsi nell’esercizio ubicato a breve distanza nel Comune vicino, onde soddisfare la propria passione per il gioco.
Per quanto ora visto, non sembrano rispettati neppure i parametri della necessarietà ed adeguatezza della misura assunta.
Ed infatti, da un lato la compressione dell’iniziativa economica della società ricorrente è accresciuta dalla scelta della P.A. di interdire la fascia serale che va dalle ore 20.00 alle 24.00, e cioè una fascia oraria posta al di fuori del normale orario di lavoro (in cui, perciò, vi sarebbe maggiore potenzialità di clientela): né, per tal profilo, ha alcuna rilevanza il fatto che detta interdizione fosse stata indicata già dall’atto consiliare di indirizzo.
D’altro lato, il riferito difetto di istruttoria non consente di affermare che la misura scelta sia l’unica in grado di conseguire l’obiettivo della riduzione della cd. ludopatia, determinando, nel contempo, il minor sacrificio dell’interesse del privato.
Se ne evince, in ultima analisi, la fondatezza della suesposta doglianza di violazione del principio di proporzionalità.
In aggiunta a quanto già indicato in sede cautelare, deve, poi, rimarcarsi la fondatezza della censura di contraddittorietà dell’azione amministrativa, dedotta con il primo motivo di ricorso, nei termini e con le precisazioni che di seguito si espongono.
Al riguardo, si rammenta che sussiste il vizio di contraddittorietà dell’azione amministrativa, quale figura sintomatica dell’eccesso di potere suscettibile di inficiare un determinato provvedimento, ove tale provvedimento si ponga in palese contrasto con altro atto in precedenza emesso dalla medesima potestà e sia a questo strettamente collegato dal punto di vista cronologico, in assenza di mutamenti di fatto o di diritto che impongano alla P.A. una diversa valutazione (cfr., ex multis, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 20 marzo 2014, n. 808).
Orbene, nella fattispecie all’esame è lo stesso Comune di Formia ad aver posto l’accento, con la già citata relazione del 25 novembre 2014, sul dato delle n. 12 autorizzazioni per sale da gioco rilasciate dal medesimo Comune su un totale, a quanto si legge nella relazione, di n. 15 autorizzazioni. Con il ché, risulta dimostrata la contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione comunale, la quale, da un lato, ha proceduto al rilascio di un certo numero di autorizzazioni per sale da gioco; dall’altro, e contraddittoriamente, pretende con le misure contestate di intervenire ex post su attività economiche regolarmente autorizzate.
Ne discende la fondatezza della doglianza appena analizzata.
Sono, invece, destituite di fondamento le ulteriori doglianze formulate dai ricorrenti.
Anzitutto, è infondata la censura, dedotta con il primo motivo, per cui il Sindaco di Formia avrebbe limitato l’orario di apertura degli esercizi di gioco lecito dalle ore 10.00 alle 20.00, andando al di là di quanto previsto dalla deliberazione consiliare di indirizzo 29 settembre 2014, n. 69 (che avrebbe, invece, fissato un orario di apertura dalle ore 10.00 alle 24.00), senza fornire alcuna motivazione in ordine a tale ulteriore restrizione dell’orario di attivazione.
La difesa comunale, infatti, ha eccepito che l’ora visto atto consiliare di indirizzo – per effetto di un emendamento approvato all’unanimità – già recava la limitazione dell’apertura dalle ore 10.00 alle ore 20.00, ed ha comprovato detta eccezione, depositando copia della citata deliberazione consiliare comprensiva dell’emendamento e della sua approvazione.
Parimenti infondata è, poi, la censura, dedotta anch’essa con il primo motivo, di violazione dell’art. 15 del regolamento comunale sulla disciplina delle sale da gioco e dei giochi leciti (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Formia n. 70 del 29 settembre 2014: cfr. docc. 3 e 4 della difesa comunale).
Si sostiene nel ricorso che tale norma regolamentare consentirebbe, di fatto, l’esercizio dell’attività di gioco lecito anche in orario notturno.
A ben vedere, però, l’art. 15 cit., al comma 2, si limita a rinviare ad apposita ordinanza sindacale la fissazione dell’orario di esercizio degli apparecchi e congegni automatici da gioco ex art. 110, sesto comma, T.U.L.P.S., attribuendo nel contempo a tale ordinanza il potere di introdurre, “ove possibile e compatibilmente con le norme vigenti”, restrizioni all’esercizio dell’attività negli orari notturni. È, pertanto, evidente che l’impugnata ordinanza sindacale n. 72 dell’8 ottobre 2014 – in disparte la sua illegittimità sotto gli altri aspetti più sopra riferiti – è stata emessa in attuazione dell’art. 15, comma 2, cit.: donde l’infondatezza della censura.
Ancora, è infondata la doglianza – dedotta con il secondo motivo di gravame e rubricata nella parte in fatto sotto il n. 3) – per cui i provvedimenti comunali impugnati avrebbero ignorato l’esistenza di una prassi dei SER.T. delle Aziende Sanitarie volta a sovrastimare il numero dei soggetti affetti da ludopatia, per ottenere maggiori risorse. Trattasi, infatti, di mera illazione, priva del benché minimo riscontro probatorio, il cui contenuto va, perciò, necessariamente respinto.
Privi di fondamento sono, da ultimo, gli altri motivi di ricorso (terzo, quarto, quinto e sesto).
Ed invero, iniziando dal terzo motivo – nella parte in cui non si rivela meramente riproduttivo delle doglianze di difetto di istruttoria già formulate con il secondo – deve osservarsi come, all’opposto di quanto sostenuto nel ricorso, i provvedimenti impugnati muovano non da un aprioristico giudizio di disvalore per l’attività di gioco lecito, bensì dall’esigenza di tutela della salute della collettività: ciò che, del resto, è reso esplicito dalle premesse dell’ordinanza sindacale gravata, dove si legge che “il Comune può adottare provvedimenti a tutela della salute pubblica e, più in generale, del benessere individuale e collettivo della popolazione locale”; né può seriamente contestarsi che la cd. ludopatia costituisca un disturbo patologico, alla luce del dettato normativo di riferimento (v. art. 5, comma 2, del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, conv. con l. 8 novembre 2012, n. 189), secondo cui la ludopatia è la patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
Venendo al quarto motivo, lo stesso si articola in due censure, la prima delle quali avente ad oggetto l’omissione, ad opera dell’ordinanza sindacale gravata, nel predeterminare il limite temporale della sua efficacia, nonché nel considerare i flussi turistici estivi e la conseguente diversità di clientela tra i periodi estivo ed invernale.
Sul primo punto, si osserva che l’ordinanza sindacale è stata adottata ai sensi dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000, a tenor del quale il Sindaco coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal Consiglio Comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici. Come già ricordato, la stessa dà inoltre attuazione all’art. 15 del regolamento comunale sulla disciplina delle sale da gioco e dei giochi leciti, il cui comma 2 demanda ad apposita ordinanza sindacale la disciplina dell’orario di esercizio degli apparecchi e congegni automatici da gioco ex art. 110, sesto comma, T.U.L.P.S.: è quindi evidente che si tratta di provvedimento destinato a dettare una disciplina non già provvisoria, ma stabile, dell’assetto dei rapporti cui si riferisce, con conseguente infondatezza della doglianza in discorso.
Venendo alla seconda censura dedotta con il quarto motivo, la stessa va analizzata congiuntamente alla censura formulata con il quinto motivo di ricorso ed elencata sub 1) nella parte in fatto, avendo entrambi ad oggetto l’asserita competenza esclusiva dello Stato sulla materia in esame, che sarebbe stata illegittimamente invasa dal Comune di Formia con gli atti gravati (deliberazione consiliare di indirizzo ed ordinanza sindacale di limitazione dell’orario).
In contrario, tuttavia, è agevole richiamare la recente sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 18 luglio 2014. Con questa è stata dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale del già ricordato art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000, sollevata in riferimento agli artt. 32 e 118 Cost., nella parte in cui, disciplinando i poteri normativi e provvedimentali attribuiti al Sindaco in materia di gioco e scommesse, non avrebbe previsto che siffatti poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico; la Corte, infatti, è pervenuta alla declaratoria di inammissibilità della questione non per escludere la sussistenza di tali poteri in capo al Sindaco, secondo il tenore letterale dell’art. 50, comma 7, cit., ma lamentando il mancato uso, da parte del giudice rimettente, dei poteri interpretativi che la legge gli riconosce e, quindi, la mancata esplorazione di soluzioni ermeneutiche diverse.
Al riguardo – ed è il profilo che interessa in questa sede – i giudici costituzionali hanno richiamato l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa, di merito e di legittimità, per cui la disposizione censurata può fornire un fondamento legislativo al potere del Sindaco di disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi dove sono installate le apparecchiature per il gioco.
Ed invero – osserva la Consulta –, pur non mancando pronunce di segno diverso, i giudici di primo grado ed il Consiglio di Stato hanno più volte riconosciuto che, in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000, il Sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi in cui siano installate apparecchiature per il gioco, e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, o della circolazione stradale.
L’assunto della competenza esclusiva dello Stato nella materia in esame è, perciò, destituito di ogni fondamento, giacché la competenza del Questore, ex art. 88 T.U.L.P.S. (nonché ex art. 2, comma 2-quater, della l. n. 73/2010), investe gli aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco ha ad oggetto in senso lato gli interessi della comunità locale: quindi, le rispettive competenze operano su piani diversi, senza che si configuri una violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. h), Cost., in base al quale lo Stato ha competenza esclusiva nelle materie dell’ordine pubblico e della sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale (cfr., altresì, la sentenza della Corte costituzionale n. 300 del 9 novembre 2011).
Detto indirizzo è stato confermato anche dalla giurisprudenza posteriore alla pronuncia della Corte, la quale ha sancito la legittimità della regolamentazione, operata dal Comune, limitativa degli orari di apertura e di esercizio delle sale giochi, nonché di utilizzo degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincite in denaro, rientrando appieno la finalità di contrasto alla ludopatia, perseguita dal provvedimento limitativo, nella causa del potere esercitato ai sensi dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 cit. (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 13 febbraio 2015, n. 158). Con il ché, risultano all’evidenza confutate anche le ulteriori censure contenute nel quinto motivo di ricorso, non essendo rinvenibile nei provvedimenti gravati alcun sviamento di potere e ben potendo l’Ente locale dettare, ex art. 50, comma 7, cit., limitazioni all’orario di attivazione dei giochi leciti.
C’è da aggiungere, anzi, che quanto appena esposto conferma l’assunto contenuto nel rapporto sui fatti di causa della Questura di Latina circa la sostanziale estraneità al contenzione della medesima Questura (nonché, a fortiori, del Ministero dell’Interno).
Da ultimo, è infondato il sesto motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata previa consultazione dei rappresentanti di categoria: invero gli atti impugnati, per la loro natura, devono ritenersi sottratti all’applicazione della disciplina sulla partecipazione, ai sensi dell’art. 13 della l. n. 241/1990 (che esclude l’applicazione della predetta disciplina nel caso di attività della P.A. diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione: v. C.d.S., Sez. VI, 12 ottobre 2011, n. 5518; T.A.R. Basilicata, Sez. I, 23 giugno 2014, n. 413).
In definitiva, perciò, il ricorso è fondato e da accogliere, attesa la fondatezza delle suesposte censure dedotte con il primo ed il secondo motivo di gravame, mentre risultano prive di fondamento tutte le ulteriori censure, secondo quanto si è prima illustrato. Per l’effetto, i provvedimenti impugnati sono illegittimi e debbono essere annullati.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore dei ricorrenti e dell’interveniente ad adiuvandum ed a carico del Comune di Formia, mentre sono compensate nei confronti del Ministero dell’Interno e della Questura di Latina, sostanzialmente estranei al giudizio, e sono dichiarate irripetibili nei confronti dell’A.S.L. Latina, non costituita in giudizio ed a cui deve ascriversi una mera attività endoprocedimentale, non vincolante per l’Ente locale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti con esso impugnati.
Condanna il Comune di Formia al pagamento delle spese ed onorari di causa in favore dei ricorrenti e dell’interveniente ad adiuvandum, liquidandole in via forfettaria – rispettivamente – in € 2.000,00 (duemila/00) in favore dei ricorrenti (in solido tra di loro) ed in € 1.000,00 (mille/00) in favore della predetta interveniente, per complessivi € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.
Compensa le spese nei confronti del Ministero dell’Interno e della Questura di Latina, dichiarandole irripetibili nei confronti dell’A.S.L. Latina, non costituitasi in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del giorno 7 maggio 2015, con l’intervento dei magistrati:
Carlo Taglienti, Presidente
Davide Soricelli, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
L | M | M | G | V | S | D |
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