In data 25 agosto 2015 è stata pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato (sez. IV) con la quale i Giudici di Palazzo Spada hanno ribadito la legittimità del sistema
In data 25 agosto 2015 è stata pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato (sez. IV) con la quale i Giudici di Palazzo Spada hanno ribadito la legittimità del sistema concessorio. Con il ricorso di primo grado davanti il Tar Lazio era stato chiesto da alcuni operatori di gioco – che si avvalgono ancora oggi di una rete parallala di raccolta delle scommesse – l’annullamento del bando di gara 2012/S 145-242654 pubblicato sulla GURI 5^ Serie Speciale – Contratti pubblici – n. 88 del 30 luglio 2012, per l’affidamento in concessione di 2.000 diritti per l’esercizio congiunto dei giochi pubblici ai sensi dell’art. 10, comma 9-octies, del decreto legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44, attraverso l’attivazione della rete fisica di negozi di gioco e la relativa conduzione e di tutti gli atti a questo connessi, propedeutici e consequenziali. Ecco in sintesi le censure proposte davanti al Giudice di prime cure:
la durata esigua delle concessioni messe a bando. Di soli 40 mesi, quando le precedenti concessioni avevano avuto durata di 12 e 9 anni;
il carattere esclusivo dell’attività di commercializzazione dei prodotti di gioco pubblico- non previsto nel precedente bando c.d. Bersani;
il divieto di cessione della titolarità della concessione e dei diritti sui negozi;
la mancanza di trasparenza delle ipotesi di decadenza e di revoca delle concessioni;
l’escussione della garanzia e la cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituivano la rete di gestione raccolta del gioco.
Il primo giudice, in conclusione, disattendendo con la sentenza n. 1884/13 tutte le richieste delle ricorrenti, affermava la legittimità comunitaria del sistema concessorio fondato sul titolo concessorio e su quello autorizzatorio. Detta pronuncia veniva poi appellata davanti il Consiglio di Stato che con sentenza interlocutoria rinviava la questione alla Corte di Giustizia, sottoponendo alla stessa i seguenti quesiti: “A) se gli artt. 49 e segg. e 56 e segg. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza 16.02.2012 n. 72, vadano interpretati nel senso che essi ostano a che vengano poste in gara concessioni di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, laddove la detta gara sia stata bandita al fine di rimediare alle conseguenze derivanti dall’illegittimità dell’esclusione di un certo numero di operatori dalle gare; B) se gli artt. 49 e segg. e 56 e segg. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella medesima sentenza 16.02.2012 n. 72, vadano interpretati nel senso che essi ostano a che l’esigenza di riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni costituisca giustificazione causale adeguata di una ridotta durata delle concessioni poste in gara rispetto alla durata dei rapporti concessori in passato attribuiti”.
Come è noto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 22 gennaio 2015 resa nella causa C 463/13, ribadiva la legittimità del sistema concessorio. La causa veniva quindi riassunta davanti il Consiglio di Stato da parte di ADM. Parte appellante, comunque, nel corso del giudizio riassunto lamentava che la Corte di Giustizia non avesse risposto al primo quesito (riportato integralmente in precedenza) e che quindi la pronuncia del 22 gennaio u.s. avesse un profilo oggettivamente interlocutorio. Il Consiglio di Stato con la pronuncia pubblicata lo scorso 25 agosto ha respinto in toto le censure e le richieste degli operatori/appellanti. Ed infatti osserva il Collegio, con spirito critico che “le affermazioni in punto di diseconomicità della gara (in quanto contenente la detta prescrizione sulla ridotta durata delle concessioni, unitamente alle altre prescrizioni sulle quali ci si è già soffermati) risultano oggettivamente smentite dalla numerosa partecipazione alla gara da parte di numerosi gruppi, anche stranieri” ed ancora “l’esigenza di razionalizzare e riordinare il sistema, prevedendo, sì, una durata ridotta, ma con lo scopo di raccordarla alla scadenza delle concessioni in essere, così da conseguire un primo allineamento temporale (…) per solo apparente paradosso, essa appare proprio finalizzata a ridurre od azzerare gli inconvenienti lamentati dall’appellante poggianti su un differente regime di concessioni contemporaneamente operative, connesso ad uno stratificato ed in parte risalente meccanismo attributivo”.
Questo, peraltro, sebbene gli operatori appellanti siano di diverso avviso, è stato ben ribadito dalla pronuncia dello scorso gennaio della Corte di Giustizia che ha comunque fornito una risposta su entrambi i quesiti: l’obiettivo del riallineamento temporale è legittimo e non sproporzionato, si lega ad esigenze di ordine pubblico ed a finalità ed obiettivi degli Stati membri ritenuti meritevoli di tutela ed autonomamente perseguibili. Detto principio è stato ritenuto valido ed integralmente sposato da parte del Consiglio di Stato. Ed ancora, la Corte di Giustizia avrebbe con chiarezza spiegato che la contemporanea scadenza di tutte le concessione costituirebbe una misura agevolatoria, laddove lo Stato Italiano si risolva ad esercitare un controllo più rigoroso sulle attività nel settore dei giochi d’azzardo. Le parti appellanti nei propri scritti difensivi avrebbero escluso che ciò fosse possibile, in quanto la legislazione italiana sarebbe stata volta invece ad incrementare le occasioni di gioco.
Il Consiglio di Stato però con estrema lucidità intellettuale esprime il proprio dissenso sul punto rilevando a tal proposito che l’espansione controllata del settore del gioco pubblico può essere del tutto coerente con l’obiettivo mirante ad attirare giocatori che esercitano attività di giochi e di scommesse clandestini vietati in quanto tali, verso attività autorizzate e regolamentate. Nel condividere in pieno quanto enucleato dai Giudici di Palazzo Spada e senza voler preconizzare sul prossimo bando di gara, si spera che sia la rete terrestre a voler partecipare senza più alcuna distinzione tra discriminati e favoriti ma ci siano le basi per la costruzione di un modello unico, magari più “leggero”, del sistema concessorio, che come osservato dal Consiglio di Stato sposti la domanda di mercato verso canali leciti. Se si continuano ad alimentare contenziosi puramente strumentali si rischia soltanto di rendere ancora più macchinoso il procedimento di ristrutturazione del nostro sistema gioco, che a causa della mancata conversione delle delega, sta rischiando di impantanarsi.
PressGiochi
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