di Chiara Sambaldi e Andrea Strata, Avvocati e Direttori dell’Osservatorio Permanente ‘Giochi, Legalità e Patologie’ dell’Eurispes – approfondimento pubblicato su PressGiochi MAG settembre/ottobre.
Il dibattito sul ruolo del gioco pubblico nel contrasto alla diffusione di quello illegale dovrebbe, a nostro avviso, condurre ad una compiuta analisi degli strumenti già previsti nel nostro ordinamento.
Nell’articolo pubblicato sul numero 31 di PressGiochi MAG (marzo/aprile 2022), intitolato Scommesse retail: cooperazione internazionale per contrastare le infiltrazioni mafiose, è stata evidenziata l’importanza dei controlli indirizzati alla rete legale di raccolta delle scommesse, anche alla luce delle evidenze di Polizia giudiziaria che hanno fatto emergere talora attività illegali parallele all’interno di punti ‘fisici’ di raccolta legali.
Torniamo quindi a parlare dello strumento, spesso sottovalutato, della licenza di pubblica sicurezza rilasciata dalla Questura territorialmente competente al titolare esercente che gestisce il punto fisico di raccolta delle scommesse.
La Questura svolge una valutazione complessiva della personalità del soggetto richiedente e nel rilasciare o negare il titolo abilitativo esercita un potere caratterizzato da un’ampia discrezionalità. Si tratta di licenza con una originaria natura intuitu personae (Cons. Stato, sez. III, 12 marzo 2020 n.1140).
La giurisprudenza amministrativa si è espressa nel tempo con numerose pronunce in materia e in un caso recentemente trattato, afferente una richiesta di rappresentanza del titolare, il Questore aveva respinto l’istanza sul presupposto della inaffidabilità morale del rappresentante preposto, in quanto in due episodi specifici il predetto era stato controllato a bordo di un’autovettura con persona segnalata per truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e risultata vicina ad ambienti della ’Ndrangheta e, in altra occasione, con persona segnalata per illecito amministrativo.
Il Tar Calabria aveva annullato il provvedimento del Questore sulla base della seguente motivazione: «(…) a carico del ricorrente, incensurato e privo di precedenti di polizia, ci sono due soli ed episodici controlli, in orari diurni, insieme a soggetti controindicati, ai quali però non è rimproverata la commissione di reati sintomatici dell’appartenenza ad un contesto di criminalità organizzata; tali soggetti, peraltro, nemmeno risultano, sulla base dei dati forniti a questo tribunale, appartenere ad ambienti criminosi, né direttamente vicini a tali ambienti (…). In sostanza, gli episodi valorizzati dall’amministrazione risultano essere eccessivamente flebili per ritenere un possibile condizionamento del ricorrente da parte delle cosche di ’Ndrangheta».
A seguito del ricorso del Ministero dell’Interno, il Consiglio di Stato ha riformato la decisione e confermato la legittimità del provvedimento questorile, rilevando come lo stesso fosse sufficientemente motivato in quanto, non soltanto ha declinato le accertate frequentazioni poco raccomandabili del soggetto in questione, ma ha anche contestualizzato le stesse nell’ambito di un ambiente socio-economico, quale quello della zona sibarite della Calabria, caratterizzato dalla forte presenza della ’Ndrangheta, interessata, tra l’altro, al settore del gioco d’azzardo, che richiede la massima attenzione da parte delle Istituzioni dello Stato e coerenza di comportamenti (Cons. Stato, sez. III, 30 maggio 2022, n. 4293).
L’Amministrazione, nel caso di specie, ha specificato dettagliatamente due fattori di criticità: il particolare interesse della cosca criminale in questione per il settore dei giochi e delle scommesse; le evidenze della Relazione annuale del gennaio 2015 sulle attività svolte Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
Ne consegue, a giudizio del Collegio, che l’interessato «difficilmente riuscirebbe a resistere ad indebite pretese provenienti dalle persone da lui frequentate, con ogni probabilità vicine alle consorterie criminali, con indubbio pregiudizio per l’ordine e la sicurezza pubblica. La disponibilità di un esercizio di scommesse consentirebbe di agevolare o portare a conseguenze ulteriori i reati commessi dalle consorterie criminali, ad esempio, attraverso il riciclaggio di danaro o ancora potrebbe consentire l’indiretta gestione ad esponenti di cosche criminali operanti nel territorio cittadino».
Passando dal Sud al Nord del nostro Paese, più recentemente il Supremo Giudice Amministrativo si è espresso anche nel senso della legittimità del provvedimento del Questore di Belluno che aveva negato la licenza ex art. 88 TULPS per la raccolta delle scommesse in rete fisica, in quanto da una valutazione complessiva della personalità del soggetto richiedente, si poteva trarre un «giudizio prognostico negativo in ordine all’affidabilità e/o probabilità di abuso nell’uso della licenza» (Cons. Stato sez. III, 17 agosto 2022, n. 7206).
Il Collegio, in questo caso, ha ricordato che i provvedimenti di Polizia sono preordinati alla prioritaria finalità di garantire la sicurezza e l’ordine pubblico mediante strumenti di prevenzione della commissione di reati e costituiscono la massima anticipazione della difesa sociale attraverso l’impedimento e la rimozione ab initio delle stesse condizioni che potrebbero ragionevolmente costituire causa o anche solo occasione per il verificarsi di fatti, non solo e non necessariamente di rilievo penale, idonei a turbare l’ordinata convivenza civile mediante esposizione anche solo al pericolo della sicurezza e dell’ordine pubblico.
In questo quadro, possono assumere rilievo anche fatti e circostanze privi in sé di significato penale e non riconducibili direttamente alla responsabilità del soggetto, ma significativi dal punto di vista della ‘buona condotta’ (Cons. Stato, sez IV, 5 luglio 2000 n. 3709). Si aggiunge, inoltre, che il giudizio prognostico a fondamento del diniego delle autorizzazioni di polizia è considerato più stringente del giudizio di pericolosità sociale o di responsabilità penale (Cons. Stato, sez III, 6 dicembre 2019, n. 8368).
Analizzando la casistica passata al vaglio della giurisprudenza amministrativa si può, quindi, trarre la conclusione dell’importanza di conoscere le dinamiche territoriali, anche nell’ottica di prefigurare un sistema di distribuzione dell’offerta di gioco che tenga conto delle specificità socio-economiche e l’andamento dei fenomeni criminali.
In quest’ottica, le ricerche condotte dall’Osservatorio Permanente ‘Giochi Legalità e Patologie’ dell’Eurispes hanno valorizzato l’importanza strategica di questo approccio.
In particolare, nello studio Gioco pubblico e dipendenze in Piemonte, presentato a Torino il 7 maggio 2019, sono stati richiamati alcuni passaggi della relazione conclusiva del X Comitato della Commissione Antimafia sulle infiltrazioni nel gioco lecito ed illecito, pubblicata nel 2016. Si trascrive il seguente passaggio della ricerca: «Il Comitato segnalava l’urgenza che la Conferenza Unificata Stato Regioni ed Enti locali, pervenisse al raggiungimento dell’Intesa prevista dalla Legge di Stabilità del 2016, proprio per giungere ad una risoluzione di quella che, fin da allora, era identificata come la “questione territoriale”. Non si può, quindi, negare che vi fosse già allora diffusa consapevolezza che una riproposizione della contrapposizione Stato-Autonomie locali sarebbe stata foriera solo di problemi, anche sul piano della crescita dell’illegalità. Tra i criteri di massima, che secondo il Comitato avrebbero dovuto ispirare l’Intesa – e che in effetti sono stati poi, almeno formalmente, recepiti –, vi era la necessità che, nella fase di predisposizione dei criteri per la distribuzione sul territorio degli esercizi che offrono gioco, al fine di “garantire i migliori livelli di sicurezza (…) per la tutela dell’ordine pubblico”, venisse attribuita la necessaria rilevanza a significativi indicatori di rischio, quali l’Indice di presenza mafiosa, sulla scorta dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, dell’Indice di organizzazione criminale (IOC) elaborato dall’Eurispes, e di altri Indici pertinenti quali quelli utilizzati dall’Istat nel Rapporto BES 2014».
In conclusione, nell’ambito del contrasto ad ogni forma di degenerazione criminale, la licenza di pubblica sicurezza rappresenta un fondamentale presidio di legalità sui territori che può essere potenziato in prospettiva di interventi normativi futuri che si pongano nel solco di una concreta e non astratta lotta ai tentativi di infiltrazione criminale all’interno di una filiera legale e regolamentata.
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