23 Novembre 2024 - 22:41

La tutela del gestore in caso di accertata incompatibilità comunitaria della Legge di Stabilita’ 2015. Quali gli scenari futuri?

In attesa della pronuncia della C.G.U.E. in merito all’eccepita incompatibilità comunitaria della Legge di Stabilità 2015, la domanda ricorrente da parte dei tanti gestori interessati sul punto è COSA POTREBBE

16 Giugno 2022

In attesa della pronuncia della C.G.U.E. in merito all’eccepita incompatibilità comunitaria della Legge di Stabilità 2015, la domanda ricorrente da parte dei tanti gestori interessati sul punto è COSA POTREBBE ACCADERE laddove l’Organo Giurisdizionale Europeo dovesse decidere per la contrarietà al paradigma comunitario della predetta norma interna.

La sentenza comunitaria avrà il precipuo scopo di chiarire i dubbi del Giudice di rinvio – scrive l’avvocato Massimiliano Ariano – fornendo gli elementi utili per una corretta interpretazione delle regole europee precisando l’ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative delle stesse. A scanso di equivoci non compete alla Corte Europea ma al Consiglio di Stato e più in generale ai Giudici civili a cui i Gestori si sono rivolti avverso i decreti ingiuntivi notificati dai Concessionari pronunciarsi sul caso concreto seguendo pedissequamente le indicazioni generali di interpretazione della norma comunitaria dettate dal Giudice sovranazionale.

Nei processi ancora in corso il Giudice adito sarà tenuto, in caso di accertata incompatibilità comunitaria della Legge di Stabilità 2015, a garantire la piena efficacia delle norme comunitarie, eventualmente ritenute dalla Corte Europea ostative al riconoscimento in capo all’A.D.M. del contestato diritto di credito dei 500 M€, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, la legislazione nazionale senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale così rigettando la richiesta di pagamento avanzatadal Concessionario al Gestore Diverso è il caso in cui il giudizio si sia concluso con sentenza passata in giudicato o in forza di decreto ingiuntivo non opposto nei termini di Legge e come tale inoppugnabile con conseguente condanna del Gestore al pagamento dell’intimata QUOTA LDS, e tutto ciò prima della pronuncia favorevole della Corte di Giustizia.

In tale ipotesi sorge la problematica dell’incidenza del diritto comunitario sul giudicato nazionale e in particolare del potere del Giudice di disapplicare, in caso di favorevole pronuncia comunitaria sopravvenuta, l’art 2909 c.c. secondo cui la sentenza definitiva fa stato sul DEDOTTO e DEDUCILE sancendo così la regola dell’intangibilità delle statuizioni non impugnate. Detto altrimenti occorre stabilire se il giudice nazionale sia tenuto a “disapplicare” (o, semplicemente, a considerare “non efficace”) una sentenza passata in giudicato pronunciata dal giudice italiano, allorché la stessa enuncia un principio di diritto confliggente con il diritto comunitario. Dell’argomento si è occupata, in particolare, la Corte di Giustizia in svariate sentenze sancendo la regola della RESISTENZA del giudicato interno in contrasto con il diritto comunitario (sentenza 18.7.2008 Lucchini caso C-119/2005; Sentenza 3.9.2009 Olimpiclub caso C-2/2008; Sentenza 6.10.2009 Asturcom caso C-40/2008; Sentenza 10.7.2014 Pizzarotti caso C-213/2013Sentenza 13.1.2004 Kuhne & Heitz caso C-453/2000).

La CGUE in tutte le predette pronunce sottolineava l’importanza del principio di intangibilità del giudicato anche in caso di contrasto con le prescrizioni comunitarie, a garanzia della certezza del diritto e dei rapporti giuridici, nonché della buona amministrazione della giustizia, fatto salvo l’unico caso in cui il diritto nazionale lo consenta tramite specifiche ed espresse modalità procedurali. Ultimo caso è quello in cui il Gestore ha provveduto spontaneamente al pagamento in tutto o in parte della QUOTA LDS. Il Giudice nazionale è tenuto ad assicurare la tutela giuridica del diritto del Gestore alla ripetizione di indebito delle somme versate a fronte dell’accertata e dichiarata incompatibilità comunitaria della sopravvenuta L.D.S integrata nel contratto di rete per espressa previsione delle parti.

Ai sensi dell’art.267 TFUE, la sentenza della Corte di Giustizia rileva automaticamente a livello endoprocessuale, con riferimento cioè al medesimo giudizio nel quale è stata sollevata la questione ed ai suoi eventuali gradi successivi e a livello extraprocessuale, vale a dire nei confronti di tutti gli altri processi nazionali in cui trovi applicazione la normativa dell’Unione esaminata dalla Corte. Non sembra potersi dubitare dell’efficacia erga omnes delle pronunzie rese dalla Corte di Giustizia, né della loro portata (dichiarativa e, dunque) retroattiva anche ai rapporti giuridici sorti prima della sentenza interpretativa.

Oltre al rimborso delle somme indebitamente versate il Gestore potrà pretendere dallo Stato il risarcimento dei danni subiti, ai sensi dell’art 1224 c.c. dimostrando che a causa della privazione degli importi indebitamente corrisposti , lo stesso è stato costretto a fare ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero a non impiegare, per colpa di una legge anticomunitaria il denaro versato a titolo di quote LDS in forme di investimento che gli avrebbero garantito un rendimento superiore al saggio legale.

Ai posteri l’ardua sentenza!

 

Avv. Massimiliano Ariano

 

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