23 Novembre 2024 - 17:24

Gioco online e PVR: quale futuro?

di Chiara Sambaldi e Andrea Strata, Avvocati, dirigono l’Osservatorio Permanente Giochi legalità e patologie dell’Eurispes

02 Giugno 2022

Il tema è caldo in vista della pubblicazione del prossimo Bando di Gara per il gioco online e alla luce del tasso di crescita registrato da questo segmento del mercato che ha compiuto un ulteriore balzo in avanti durante il periodo di chiusura della rete terrestre a causa della crisi pandemica. I Punti di Vendita e Ricarica (P.V.R.) sono la proiezione territoriale del gioco online autorizzato, lo strumento attraverso il quale i concessionari dello Stato possono promuovere la propria attività sui territori in una cornice globale che è di stringente divieto sul fronte pubblicitario e promozionale.


A scriverlo sono gli avvocati Chiara Sambaldi e Andrea Strata, in un approfondimento pubblicato nell’uscita del novembre 2021 di PressGiochi Magazine. Vogliamo riproporla oggi per evidenziare l’attualità delle loro considerazioni, anche alla luce della recente circolare diramata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli ai concessionari sulla questione.


 

Ricordiamo, infatti, che i P.V.R. sono esercizi che svolgono già un’attività al pubblico e che vengono incaricati dai concessionari per promuovere presso l’utenza l’apertura dei conti di gioco e la ricarica degli stessi. Offrono, quindi, un servizio che è strumentale alla raccolta autorizzata di giochi e scommesse tramite canale “a distanza”.

La storia e l’evoluzione della normativa riguardante questa tipologia di punti vendita è lunga e complessa e lo spunto per focalizzare oggi l’attenzione su questo tema è offerto dall’interesse registrato dal mondo dell’industria in un momento in cui prendono avvio i lavori della nuova Commissione Parlamentare che andrà a scandagliare il comparto nel suo complesso e si torna a parlare di riordino.

 

In ottica giuridica, la cornice nella quale si collocano i P.V.R. è stata recentemente ricordata dalla giurisprudenza del giudice amministrativo che si è espressa in senso rigoroso e severo alla luce della convenzione di concessione che attiene appunto esclusivamente alla posizione del concessionario e al perimetro della sua responsabilità verso l’Amministrazione.

 

In realtà, le pronunce intervenute nei primi mesi del 2021 riguardano contestazioni risalenti a quasi un decennio fa, ma i principi affermati, partendo dalla ricostruzione della disciplina applicabile (rimasta sostanzialmente immutata), non possono che rappresentare una guida per tracciare la strada futura di questi esercizi. I P.V.R. vengono considerati a tutti gli effetti una “rete fisica” che fa atterrare sui territori l’offerta legale di giochi pubblici che possono essere raccolti solo in modalità “a distanza”, tramite le piattaforme online autorizzate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

 

Entrando nel merito, i casi esaminati dal giudice amministrativo scaturiscono dall’impugnazione di penali applicate ai concessionari per violazione di norme convenzionali.

 

In particolare, veniva contestata la violazione dell’art. 5, comma 2, lettera g) dell’atto integrativo della convenzione di concessione per l’esercizio a distanza dei giochi pubblici ai sensi dell’art. 24, comma 22, della Legge n. 88/2009 (e la disposizione è rimasta invariata nella convenzione di concessione di cui all’art. 1, comma 935 della L. 28/12/2015 n. 208 relativa al bando di gara del 2018) che, tra gli obblighi generali del concessionario stabilisce quello di “osservare e/o far rispettare, nell’eventuale attività di promozione e diffusione dei giochi oggetto di convenzione, dei relativi contratti di conto di gioco e di rivendita della carta di ricarica, il divieto di intermediazione per la raccolta del gioco a distanza nonché il divieto di raccolta presso luoghi fisici, anche per il tramite di soggetti terzi incaricati, anche con apparecchiature che ne permettano la partecipazione telematica”.

 

Quindi, il concessionario era ritenuto responsabile e pertanto condannato a pagare le relative penali, in seguito all’accertamento di un’attività di intermediazione non consentita svolta all’interno di un P.V.R. al medesimo legato contrattualmente.

 

Il giudice amministrativo ha individuato la normativa applicabile nella Legge 7 luglio 2009 n. 88 – legge comunitaria per il 2008 – la cui disciplina è stata completata con il Decreto Legge n. 40 del 2010 – convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73 – il cui art. 2, comma 2 bis, stabilisce che la raccolta del gioco a distanza con vincita in denaro è riservata ai soggetti titolari di valida concessione e deve avvenire esclusivamente nelle sedi e con le modalità previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalità o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica.

 

A mente del giudice detta previsione di legge trova puntuale corrispondenza nella convenzione accessoria alla concessione la quale, all’art. 5, comma 2, lettera f) impone espressamente al concessionario di “svolgere l’attività di commercializzazione esclusivamente mediante il canale prescelto”.

 

Per completare il quadro della condotta cui è tenuto il concessionario in tale ambito, è richiamato anche il tenore della previsione che l’art. 2, comma 2-bis del citato decreto legge n. 40 ha inteso abrogare, ovvero l’articolo 11-quinquiesdecies, comma 11, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, la quale contemplava “la possibilità di attivazione, da parte dei concessionari per l’esercizio delle scommesse a quota fissa, di apparecchiature che consentono al giocatore, in luoghi diversi dai locali della sede autorizzata, l’effettuazione telematica delle giocate verso tutti i concessionari autorizzati all’esercizio di tali scommesse, nel rispetto del divieto di intermediazione nella raccolta delle scommesse e tenendo conto delle specifiche discipline relative alla raccolta a distanza delle scommesse previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, nonché dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174”.

 

L’abrogazione di tale norma, unitamente alla lettura delle disposizioni sopra richiamate, convergono “nel senso di un assoluto divieto, previsto sia a livello di fonte primaria che a livello convenzionale, dell’attività di intermediazione nel gioco, nonché dell’installazione presso sedi fisiche di apparecchiature che permettono la partecipazione telematica, le quali danno luogo a una modalità di raccolta del gioco non autorizzata” (in tal senso Tar Lazio, sent. n. 2196 del 23/02/2021).

 

Ed ancora, il tenore letterale delle richiamate disposizioni “(…) non può avere altro significato, se non quello di vietare, oltre alla vera e propria attività di intermediazione nel gioco, anche l’installazione presso sedi fisiche delle predette apparecchiature, le quali danno luogo a una modalità di raccolta del gioco non autorizzata (in tal senso Tar Lazio, sent. n. 7436 del 22/06/2021, in senso conforme ex plurimis, Tar Lazio n. 12640/2019).

 

Per rafforzare questa conclusione, cui il giudice amministrativo giunge in modo netto, si fa riferimento anche all’art. 9 della Convenzione di Concessione, ai sensi del quale il concessionario è responsabile degli obblighi posti a suo carico ed “assume in proprio ogni responsabilità organizzativa, tecnica ed economica e di ogni altra natura, inerente l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione”.

 

Tale norma, in sostanza, secondo la lettura data, impone al concessionario di adottare misure organizzative, tecniche ed economiche per l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione e vi affianca la previsione della relativa responsabilità, così traducendosi nell’imposizione di un’obbligazione di garanzia e di controllo sull’andamento della concessione e sul suo svolgimento in conformità alle relative previsioni.

 

Si tratta, quindi, conclude il giudice amministrativo, di una responsabilità parametrata alla violazione degli obblighi di vigilanza e controllo che il concessionario deve porre in essere al fine di assicurare l’osservanza dei divieti che presidiano l’attività di raccolta del gioco a distanza, i quali si estendono anche ai soggetti riconducibili alla filiera del concessionario e quindi ai P.V.R.

 

Il passaggio motivazionale chiave, che chiarisce la ratio della disciplina in materia, è quello in cui si legge: “La stringente disciplina dettata in materia di concessioni di gioco, giustificata in ragione degli interessi implicati e dei rischi connessi, cui si affianca, quale presidio di efficacia, un rigoroso regime sanzionatorio, impone un elevato onere di diligenza in capo ai concessionari volto a rendere effettiva l’osservanza delle relative prescrizioni, attraverso l’adozione di comportamenti e misure idonee ad evitare la commissione di violazioni” (cfr. Tar Lazio sent. n. 2196/2021 cit.).

 

Concludendo con una considerazione di più ampio respiro, si può osservare che un’analisi di questo tema a 360° – presupposto di partenza di un intervento regolativo – dovrebbe guardare anche all’ambito del diritto penale ove la responsabilità, nella generalità dei casi, si configura solo in capo al gestore del P.V.R. che, non limitandosi a mettere a disposizione pc in rete, svolge un’attività di intermediazione non consentita ex art. 4 comma 4 bis L. 401/89.

 

Le ultime Relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e le analisi effettuate dall’Osservatorio Giochi Legalità e Patologie dell’Eurispes hanno evidenziato criticità che possono essere affrontate con appositi correttivi e strumenti mirati a garantire il necessario livello di tutela della legalità anche rispetto a questo segmento della filiera.

 

PressGiochi

 

 

 

 

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