Il distanziometro non produce nessun effetto espulsivo, anche se la sala da gioco che ha intentato ricorso ha depositato una perizia per dimostrare che le uniche aree non coperte dalle
Il distanziometro non produce nessun effetto espulsivo, anche se la sala da gioco che ha intentato ricorso ha depositato una perizia per dimostrare che le uniche aree non coperte dalle restrizioni sono “non fattibili perché poco o per nulla abitate (rurali /produttive), esclusivamente residenziali (ove gli immobili commerciali sono assenti o estremamente scarsi) o fisicamente incompatibili con l’attività oggetto di studio”.
Lo scrive il Tar Emilia Romagna respingendo il ricorso intentato da una sala da gioco di Castelfranco Emilia contro il regolamento sul gioco varato dal Comune e dall’Unione Comuni del Sorbara.
Il Collegio specifica anche che la Corte Costituzionale ha già ritenuto legittime le misure adottate dagli enti locali per ricollocare le attività di gioco, anche se queste restrizioni hanno come “effetto quello di spingere verso i margini dette attività. Ebbene, la dimostrazione della descritta marginalizzazione, non prova invece l’effetto espulsivo delle attività di gioco lecito, posto che risultano comunque disponibili delle aree, seppur esigue e/o marginali rispetto al centro, idonee a ospitarle”.
Il giudice amministrativo ha oltretutto respinto tutti i dubbi di legittimità costituzionale sollevati nel ricorso. Tra gli altri, la sala aveva sostenuto che il distanziometro si traducesse di fatto in un esproprio, il Comune tuttavia – al contrario di quanto prevede l’art. 42 della Costituzione – non aveva previsto alcuna forma di indennizzo. Per il Tar, però, i provvedimenti comunali “non inferiscono con la materia espropriativa, né le attività economiche diverrebbero proprietà di terzi o dello stato”.
PressGiochi
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