Un incontro virtuale per fare il punto sulla situazione normativa del settore del mondo esportivo, per fare una fotografia delle prospettive e dei limiti del mercato, ma anche il punto
Un incontro virtuale per fare il punto sulla situazione normativa del settore del mondo esportivo, per fare una fotografia delle prospettive e dei limiti del mercato, ma anche il punto sulle nuove tecnologie coinvolte nei processi come NFT e criptovalute.
E’ quello che si è tenuto questo pomeriggio e al quale hanno partecipato i membri degli studi legali associati a OIES assieme a Michele Barbone, presidente del Comitato Promotore del CONI che si sta occupando del riconoscimento istituzionale degli Esports e che ha discusso la questione ‘Da Esports a Virtual Sports’.
Ad aprire la parte legale dell’evento la dr.ssa Manuela Magistro, di Lexant che ha analizzato l’aspetto relativo alle sponsorizzazioni. “Le sponsorizzazioni come sappiamo sono la principale fonte di finanziamento, con una percentuale che pesa fino al 55%. Il ruolo degli sponsor è molto rilevante e di sicuro la pandemia ha favorito la crescita degli sponsor più interessati alla vetrina virtuale.
Molte aziende di vari settori e grandi brand che investono sugli esport, ma anche l’ingresso di brand più o meno famosi che quest’anno hanno scelto i team virtuali. Come detto quest’anno la tendenza è stata favorita dal dominio che ha avuto il modo digitale. Un grande ruolo viene svolto anche dal successo degli streamer. Oggi si assiste a molti marchi e utilizzano i giocatori per farsi promuovere. Ma cosa può accadere in Italia con gli esport? Abbiamo uno scenario sicuramente variopinto di associazioni presenti nel panorama che però nella maggioranza dei casi non hanno un riconoscimento sportivo perché non individuate fino ad oggi dal Coni nel registro ad hoc”.
In seguito è intervenuto anche Carlo Rombolà, socio fondatore dello Studio Legale Rombolà & Associati, che ha spiegato: “Come noto a tutti, gli sportivi dilettanti sono trattati da dilettanti, mentre i gamers vengono trattati da dilettanti anche se in realtà sono professionisti. Molto spesso sentiamo parlare di “pro player” e il termine “pro” è giusto solamente dal punto di vista giornalistico, che gli attribuisce il significato di giocatore dilettante più forte degli altri, ma nel linguaggio giuridico sono sempre dilettanti. Visto il silenzio del legislatore riguardo tale situazione, la ”scena” ha iniziato ad autoregolamentarsi, stabilendo con gli atleti le clausole contrattuali, le regole di trasferimento verso un altro team e tutto ciò potrebbe portare agli stessi cyber atleti alcuni rischi riguardo, per esempio, il potere contrattuale. Un altro problema che deve essere affrontato è, vista la continua crescita del settore, l’affluenza dei giocatori minorenni, che per la loro stessa natura hanno bisogno di una legislature”.
“Infine, la tipologia di contratto che consiglierei è quella di tempo parziale – continua Rombolà – poiché non possiamo immaginare un impegno full-time di un cyber atleta, perchè poi dovrebbe essere giustificato da una retribuzione continuativa, che possa dare la possibilità di mantenersi. Tali argomenti lasciano poco spazio alla fantasia e soprattutto c’è bisogno di una precisa legislazione, perchè non serve andare in Cina o in Corea del Sud, ma basta notare il lavoro svolto dalla vicina Francia, dove i prestatori in questo settore sono assolutamente regolamentati”.
La normativa relativa agli esport è lagata alle norme relative ai Concorsi a premio. Ma per l’avv. Stefano Sbordoni si tratta di una “normativa da definire come un piede d’argilla rispetto al volume generabile dagli esports. Quella dei concorsi a premio è una normativa paragonabile ad un piedistallo di argilla per svolgere e sviluppare un modo così importante nell’epoca virtuale che stiamo registrando come quello degli esports. La normativa che regola le manifestazioni a premi e i concorsi, l’articolo 6 del dpr elenca le esclusioni e quelle forme di manifestazioni a premio che sono vietate, al punto f) troviamo le manifestazioni sportive in genere. In poche parole, il momento del riconoscimento di questo comparto porrà fine della regolamentazione del modo esport con lo strumento del concorso a premio.
E’ un terreno scivoloso perché dovendo remunerare il modo degli esports non vorrei che si immaginasse la remunerazione come premio in denaro e venisse inquadrato nell’ambito dei giochi online con vincita in denaro. Lo specificare la normativa delle manifestazioni a premio, si tratta di strumenti di promozione commerciali nati e vissuti per muovere beni e servizi ma non per far vivere un’attività che vogliamo riconosciuta come attività sportiva. Vorrei evitare che si ricadesse nell’ambito del gioco d’azzardo regolato da ADM che è distante da quelli che sono i giochi virtuali. Ma questo rischio è concreto”.
Anche Luca Giacobbe dello Studio Legale Giacobbe, Tariciotti e Associati ha spiegato il modo in cui dovrebbe essere studiato il fenomeno degli streamer, affermando: “Noi abbiamo un compito, ovvero quello di tradurre in categorie giuridiche fenomeni molto complessi. Tramite uno studio, abbiamo provato a trovare i punti salienti, scrivendo le tematiche e i rischi che lo streamer deve affrontare. Dobbiamo essere in mezzo all’ecosistema e non studiarlo da di fuori, ma voglio lasciare la parola a Matteo Buffetti che illustrerà il documento che abbiamo sviluppato”
Lo stesso Matteo Buffetti, dello Studio Legale Giacobbe, Tariciotti e Associati ha presentato il documento, spiegando: “Come possiamo vedere dalla presentazione, lo streamer ha diverse definizioni, ma precisamente è colui che condivide un contenuto tramite uno stream o eseguendo un contenuto on demand. Riguardo la crescita del settore, nel lockdown c’è stato un aumento degli streamer e degli stream, ma la crescita esponenziale è attribuibile a Twitch, poiché al giorno d’oggi chi vuole fare lo streamer, il caster, deve passare da Twitch. Tuttavia, Flexible ha preso una ricerca molto importante su circa 800 canali di stremaer e di questi, solo l’1% supera i 30 streamer. Non è una professione facile come si può pensare, infatti soltanto 400 canali superano i 300 spettatori. Con Luca poi ci siamo interrogasti sul tema della categoria in cui collocare lo streamer e secondo noi può rientrare rientra nella macrocategoria degli influencer. Le fonti degli streamer sono le donazioni degli utenti, che eseguono tali azioni per unirsi simbolicamente allo streamer; ancora più importante il bit o il cir, che si comprano a stock e 100 bit equivalgono 1,54 euro; le subscription, ovvero le sottoscrizioni che permettono allo streamer di guadagnare una percentuale dall’applicazione usata. Sotto il profilo fiscale, infine, agli esordi non serve aprire una Partita IVA, ma solo in seguito, quando le prestazioni sono continuate nel tempo e interessano un bacino più ampio”.
L’avv. Vincenzo Giuffrè, di DLA Piper ha affermato: “Abbiamo condotto una ricerca per comprendere lo scenario degli Esports nel mondo e analizzare come gli altri Paesi stanno superando le difficoltà normative che frenano l’Italia. Ci siamo accorti che possiamo individuare tre linee guida nei vari stati: la distinzione del prezzo pagato per l’ingresso e il premio corrisposto; il ruolo che esiste rispetto all’abilità e alla sorte nel videogioco e che rientra nella normativa dei giochi con vincita a distanza o meno; le sanzioni applicate dai vari stati.
Ci siamo soffermati sugli esempi positivi. La Francia, ad esempio, ha fatto una legge semplice andando nel cuore del problema regolamentando tornei fisici diversamente da quello online, i primi possono prevedere un pagamento all’entrata limitato mentre pone un limite ai premi erogabili. Nell’online non sono ammessi pagamenti all’ingresso.
Valutando l’elemento abilità, in stati come in India, i tribunali hanno ammesso tornei di esports nei casi in cui nel gioco prevale l’abilità dei giocatori rispetto alla sorte. Le stesse caratteristiche sono presenti nei vari stati degli USA. La Sud Corea ha, invece, istituito un’autorità che ha il controllo sull’organizzazione di tornei di esport con relative sanzioni. L’esempio positivo della Corea che sicuramente sconta un backgroud diverso rispetto all’Occidente ma che ha affrontato il settore e lo ha regolamentato prima che in Francia o in Italia spingendo anche gli investimenti.
In Italia si auspica di andare a rafforzare la normativa e identificare criteri distintivi tra questo ed altri campi evitando una normativa che come detto non è adatta”.
Licia Garotti, Head of IP and Technology Law e Co-Head Esports practice del Gattai, Minoli, Agostinelli, Partners, è intervenuta per fare il punto sulla situazione che riguarda le pubblicità nel mondo degli Esports, affermando : “Io vorrei soffermarmi sul tema della pubblicità nativa, quella che nasce all’interno del videogame, ovvero l’in game advertising, che permette di introdurre elementi pubblicitari all’interno dei videogiochi. Mi piacerebbe approfondire due pratiche: uno è il trattamento dei dati personali e l’altro è la normativa principale degli annunci pubblicitari.
Il primo elemento riguarda il data protection: il 2021 è un anno intenso per il settore tecnologico che è sostenuto dalla pubblicità e il primo cambiamento è l’abbandono dei cookies annunciato dai colossi del web, che porterà alla ricerca di nuovi mezzi di pubblicità mirata e comportamentale, che dovranno essere ovviamente vagliati legislamente sia attualmente che durante lo sviluppo. La seconda ragione è la nota sentenza della Corte di Giustizia che ha annullato la precedente decisione di permettere gli scambi di dati personali tra Unione Europea e Stati Uniti e ha sottoposto questi scambi a delle prescrizioni particolarmente severe, così da limitare i Governi nella sorveglianza dei cittadini europei. La normativa giuridica ha un assetto frammentato: da una parte c’è il codice del consumo, dall’altra la normativa relativa ai professionisti. Recentemente, lo IAP ha realizzato una digital chart delle linee guida volte ad individuare le forme di commercializzazione digitale e vanno a calarsi proprio sulle pubblicità native nei siti di condivisione di contenuti.
Un ultimo punto che vale la pena evidenziare è il tema dell’Ambush Marketing che sta nell’associare un marchio ad un evento per sfruttare la risonanza. Si tratta di una pratica che limita la leale concorrenza e che viene contrastata grazie alla Carta di Nairobi, creata per ridurre questo fenomeno. Recentemente, infine, è stato converitto in legge un decreto che ”consiglia” agli eventi come Olimpiadi e Paraolimpiadi di utilizzare l’Ambush Marketing. Sarà interessante vedere come questa pratica verrà traslata per il mondo degli Esports”.
Di diritto d’autore e l’accessibilità dei giochi e di come integrare i publisher in un modello Esports aperto ne ha parlato Luca Pardo di Ontier Italia. “Gli esports – ha detto – non sono sovrapponibili agli esport. Nessuno detiene diritti sul calcio ma i publisher detengono i diritti sui videogiochi. Il publisher può influenzare il mercato e regolarne il meccanismo di funzionamento.
La Corea ha proposta un disegno di legge che prevede il divieto per il pablisher di ritirare o interdire un evento senza avvertire con un preavviso di diversi mesi. Ci si interroga su quali possano essere di limiti al potere dei publishers, un potere che nasce dalla legge in Italia sul diritto d’autore. Nella nostra legge il titolare dei videogiochi può limitare in maniera importante chi usa un videogioco e gli consente titolarità esclusiva su tutti gli usi del gioco. Il publishers possono organizzare i tornei. I Publishers possono rilasciare le licenze ma non sono equivalenti agli eventi direttamente organizzati. Negli Stati Uniti si sta riflettendo sul fronte dell’Antitrust ma finora le varie tesi degli organizzatori indipendenti sono sempre state rigettate.
Siamo alla vigilia di un cambio di sistema che avviene sicuramente prima nell’industria e poi nel diritto. Ma sarebbe interessante mutuare best practices proveniente ad esempio dal mondo della musica”.
Infine, Niccolò Travia, Managing Partner dello Studio Legale Lorenzoni ha affrontato la questione relativa all’uso di criptovalute e token digitali all’interno dei videogiochi, spiegando : “Vorrei parlare delle discipline applicabili alle scommesse sugli Esports. Sul discorso delle skin, che sono oggetti contenuti nel gioco che hanno il fine di valorizzare il personaggio utilizzato dal gamer e che in alcuni casi hanno un valore monetario e su questo è intervenuta la Gambling Commission, la quale ha spiegato che nel caso in cui questi contenuti in game abbiano valore monetario deve essere prevista una licenza come per le fiche in un casinò. Un altro esempio sono le loot boxes, che sono scrigni contenute all’interno del videogioco e che sono state spesso accostate e definite simili al gioco d’azzardo. Gli argomenti affrontati dalla Gambling Commission hanno il fine di tutelare i minori e mantenere l’integrità del gioco. Molti operatori stanno pensando di introdurre criptovalute all’interno del gioco, così da remunerare i giocatori e queste possono essere create appositamente per il gioco o anche quelle più diffuse, come bitcoin o ethereum. Ricordiamoci che nel nostro ordinamento la criptovaluta è disciplinata come mezzo di scambio. Infine, ci sono gli NFT, che sono una particolare tipologia di token digitali che hanno caratteristiche simile alle criptovalute e che verranno disciplinati attraverso un regolamento europeo che entrerà in vigore nel 2024.
PressGiochi
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