“All’aumentare dell’offerta, sono aumentati i “consumatori” di giochi d’azzardo e conseguentemente se più persone giocano, più persone svilupperanno problemi. Se sempre nuove persone vengono arruolate, sempre più persone corrono il
“All’aumentare dell’offerta, sono aumentati i “consumatori” di giochi d’azzardo e conseguentemente se più persone giocano, più persone svilupperanno problemi. Se sempre nuove persone vengono arruolate, sempre più persone corrono il pericolo di restare “avvinghiate”. Anche perché l’offerta indiscriminata mette a contatto chiunque con questa attività rischiosa per la salute, senza filtri protettivi”.
Lo afferma la psicologa Daniela Capitanucci, presidente di AND – azzardo e nuove dipendenze, in una intervista rilasciata ad Agensir.
“Un tasso del 7% (tra i giovani dipendenti da gioco, ndr)- afferma – non è trascurabile in questo stadio evolutivo, considerando l’incidenza negativa del disturbo da gioco d’azzardo sulla progettualità personale di chi ne è colpito.
Di certo, non aiuta consentire pubblicità che amplifichino queste percezioni illusorie, né aiutano notizie di vincite mirabolanti diffuse a mezzo stampa. Già evitarle sarebbe un primo piccolo passo per non alimentare queste trappole cognitive.
Rispetto alla spesa in azzardo, quasi 100.000 persone hanno chiesto denaro in prestito illegale, poco più di 100.000 hanno procurato danni economici ad altre persone e quasi 30.000 hanno subito danni economici in prima persona. Sono ancor di più i giocatori patologici che hanno chiesto prestiti totalmente legali (e non per questo meno catastrofici) e la ricerca internazionale ha dimostrato che i danni (a sé, agli altri e alla collettività) vengono prodotti da tutte le fasce di giocatori d’azzardo e non solo da quelli patologici. Stiamo parlando di danni a più livelli (finanziari, relazionali, emotivi, in salute, culturali, lavorativi, legali) che si declinano nel tempo (nella fase di gioco costante e non più occasionale, nella fase di crisi, ma anche duraturi anche dopo la cessazione del comportamento di gioco d’azzardo).
Certamente il decremento della qualità della vita dei giocatori patologici è il più rilevante in valore assoluto; ma stiamo parlando di una fascia di popolazione limitata: la loro situazione incide per un 18% sull’indice complessivo di benessere. Ma anche tra i giocatori costanti non ancora problematici si riscontra, sebbene in misura meno intensa, il peggioramento del loro benessere e di quello di chi gli è prossimo: quindi, dal momento che in questa fascia ricadono molte più persone, la loro situazione incide per il 34%. Persino i giocatori d’azzardo cosiddetti “sociali”, essendo ancora di più in valore assoluto, contribuiscono con un 48% a questo complessivo peggioramento della qualità della vita della comunità. A questi costi vanno aggiunti anche le spese per trattare le conseguenze della dipendenza da gioco d’azzardo e i costi indiretti, quali, ad esempio, la perdita di produttività a causa dell’abitudine di giocare d’azzardo.
“Gli adulti – conclude la psicologa – devono rimanere punti di riferimento e modelli educativi. Senza questo passaggio, e quindi senza che gli adulti stessi mutino i loro comportamenti verso l’azzardo, continueremo a rilevare che è proprio in famiglia che i ragazzi cominciano a giocare”.
PressGiochi
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